Quartieri per camminare
La sedentarietà aumenta il rischio di sviluppare un gran numero di malattie e condizioni, il diabete fra queste, con conseguenze anche mortali. Ciò è noto, ma sarebbe sbagliato attribuire la propensione a un esercizio fisico ‘diffuso’, come ad esempio camminare invece di usare l’auto per gli spostamenti quotidiani, semplicemente a una questione di buona volontà o di adeguata informazione.
Le caratteristiche dello spazio urbano in cui abitiamo spiegano almeno la metà della differenza fra una attività fisica sufficiente e una insufficiente. Lo ha chiarito uno studio svolto in 14 città di 10 nazioni in tutti e 5 i continenti.
In ciascuna di queste città è stato chiesto in media a 500 persone fra i 18 e i 66 anni, di portare per 4-7 giorni un accelerometro (una sorta di contapassi evoluto). È stato quindi possibile misurare il tempo e la distanza percorsa a piedi nell’arco della giornata media da ciascuno di loro. Si sono poi valutate le caratteristiche dei contesti urbani in cui queste persone vivevano. È emerso che questi aspetti urbanistici erano fortemente correlati con la propensione a camminare. In particolare la densità del contesto urbano, la densità degli incroci e delle linee di mezzi pubblici e la presenza di parchi. Non sono apparsi correlati invece l’uso del territorio e la distanza della fermata più vicina.
La differenza fra il tempo passato a camminare dalle persone che vivevano in quartieri che facilitano l’attività fisica e persone che vivono in aree che invece non la facilitano, è assai rilevante: a seconda delle città studiate si va da 68 a 89 minuti a settimana in media: una buona metà dei 150 minuti a settimana consigliati dalle Linee Guida.
Physical activity in relation to urban environments in 14 cities worldwide: a cross-sectional study. The Lancet Volume 387, No. 10034, p2207–2217, 28 May 2016