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Biomarcatori per la sindrome cardionefrometabolica: utilità clinica nella diagnosi, screening e terapia

Punto chiave

Domanda: Alla luce del profondo intreccio fra diabete, malattie metaboliche, malattia renale cronica e cardiovascolari, quale ruolo potrebbero avere alcuni marcatori già utilizzati nella pratica clinica [come albuminuria, NT-proBNP, Lp(a), hs-cTn] nell’implementare la diagnosi di sindrome cardionefrometabolica, stratificare il rischio cardiorenale e orientare le strategie terapeutiche?

Risultati: Un recente lavoro pubblicato da un gruppo di ricerca canadese si è occupato di aggiornare le prove scientifiche note su tali biomarcatori, sul loro attuale impiego e sulle prospettive future. Diversi studi clinici dimostrano come l’albuminuria correli con eventi avversi renali e cardiovascolari. La sua riduzione, anche attraverso la combinazione di farmaci innovativi, si traduce in benefici renali e rallentamento della malattia renale cronica. Il dosaggio di Nt-proBNP è utile nella diagnosi dello scompenso cardiaco in acuto e aumentati livelli si associano con maggior rischio di ospedalizzazione e morte, anche nel contesto della cronicità. Anche la hs-cTn è ampiamente validata per la diagnosi di sindrome coronarica acuta e utilizzata per la stratificazione del rischio cardiovascolare, ma entrambi i biomarcatori cardiaci necessitano di ulteriori ricerche per definire meglio l’uso al fine di stabilire terapie personalizzate. La Lp(a) è un marcatore emergente per le sue proprietà aterogeniche, seppur il suo dosaggio non sia raccomandato come screening nella popolazione generale ma solo in soggetti ad alto rischio.

Significato: Ulteriori studi clinici prospettici sono necessari per esplorare la reale validità clinica dei biomarcatori di rischio cardionefrometabolico, anche in relazione alle difficoltà attuali di standardizzazione di alcuni dosaggi e dei loro costi. Sebbene di interesse per la pratica clinica, il loro impiego come screening in popolazioni più ampie e per la personalizzazione dei trattamenti deve essere ancora validato.


30 settembre 2025 (Gruppo ComunicAzione) – A cura di Sara Colarusso

CHE COSA SI SA GIÀ? La sindrome cardionefrometabolica è un nuovo termine coniato per definire l’intreccio di diabete, malattie metaboliche, insufficienza renale e patologie cardiovascolari (CV), fra di loro connesse e concausa di multiple comorbilità.

In tale ambito, alcuni biomarcatori potrebbero svolgere un ruolo importante per supportare la diagnosi, delineare una stratificazione del rischio e stabilire algoritmi terapeutici sempre più personalizzati.

Un gruppo di ricerca canadese ha pubblicato di recente su Diabetes Metabolism & Obesity una revisione aggiornata su 4 marcatori noti e già in uso nella pratica clinica: l’albuminuria, il propeptide natriuretico cerebrale di tipo B- porzione N-terminale (NT- proBNP), la troponina ad alta sensibilità (hs-cTn) e la lipoproteina A piccola [Lp(a)].

QUALI SONO LE NUOVE EVIDENZE?
ALBUMINURIA. Nella pratica clinica la valutazione più accreditata dell’albuminuria avviene solitamente mediante dosaggio del rapporto albumina/creatinina (UACR) su un campione di urine del primo mattino. La variabilità dell’UACR richiede misurazioni ripetute (per escludere un dato di albuminuria transitoria e/o riferibile a cause diverse dalla patologia diabetica).

Attualmente lo screening dell’albuminuria è raccomandato per soggetti a rischio: persone con diabete, ipertensione arteriosa e malattie CV. Le linee-guida KDIGO 2024 ritengono che lo screening vada esteso ai soggetti anziani, con una storia familiare di malattia renale o predisposizione genetica e con malattie sistemiche autoimmuni.

Gli studi clinici su inibitori degli SGLT2, antagonisti non steroidei dei recettori mineralcorticoidi e agonisti recettoriali del GLP1 hanno dimostrato che riduzioni dell’albuminuria sono predittive di benefici a lungo termine della funzione renale, consentendo anche di prevenire la progressione della malattia renale cronica (MRC). Il recentissimo studio CONFIDENCE ha dimostrato altresì che l’associazione di finerenone ed empagliflozin comporta riduzioni maggiori dell’UACR, rispetto ai singoli trattamenti, con evidente beneficio sul rischio cardiorenale.

NT-pro BNP. L’American Diabetes Association raccomanda il dosaggio del NT-proBNP come marcatore per l’individuazione precoce dello scompenso cardiaco asintomatico. Aumentati livelli di NT-proBNP si associano con un maggior rischio di esiti clinici avversi quali ospedalizzazione e morte. È da sottolineare, però, che i livelli di NT-proBNP risultano aumentati nell’età avanzata, nella MRC e nella fibrillazione atriale. Anche il sesso e l’etnia possono influenzare tali livelli, mentre nell’obesità essi risultano ridotti per una maggiore clearance da parte del tessuto adiposo. Pertanto, diversi parametri di riferimento vanno impiegati nei quadri clinici acuti rispetto a quelli ambulatoriali.

Nelle persone con diabete, MRC e patologia CV tale dosaggio può avere un ruolo prognostico individuando il rischio di scompenso cardiaco e morte come rilevato dallo studio clinico PONTIAC: 300 soggetti con diabete tipo 2, senza malattia CV nota, ma con elevato NT-proBNP, sono stati avviati a terapia farmacologica, con blocco del sistema RAAS e beta-bloccanti, e hanno riportato un minor rischio di ospedalizzazione e morte rispetto ai controlli trattati solo con la terapia standard per il diabete.

Ulteriori ricerche sono necessarie altresì per definire se i livelli di NT-proBNP, oltre che appropriati per la diagnosi di scompenso cardiaco, possano fornire informazioni utili per ottimizzare i trattamenti farmacologici in cronico, in relazione agli outcome cardiorenali da raggiungere.

TROPONINA. Il dosaggio della hs-cTn è oggi usato di routine nella diagnosi di sindrome coronarica acuta (SCA): un singolo dosaggio può essere sufficiente per escludere una SCA, seppure dosaggi ripetuti siano necessari quando l’insorgenza dei sintomi è inferiore a 3 ore.

Al di fuori dei quadri clinici acuti, alti valori di hs-cTn in soggetti con malattia cardiometabolica stabile si associano a un aumentato rischio di eventi CV a lungo termine, e potrebbero pertanto migliorare la stratificazione del rischio, in particolare quello di incorrere in scompenso cardiaco. Studi osservazionali prospettici ad hoc sono però necessari per chiarire come la valutazione ambulatoriale di hs-cTn possa supportare la selezione e la scelta di terapie preventive.

Lp(a). È uno dei marcatori entrati più di recente nella pratica clinica, ove svolge un ruolo predittivo di aumentato rischio CV, indipendente dagli altri fattori di rischio tradizionali.

La Lp(a) è una lipoproteina con marcato potere aterogenico, risulta aumentata nel 20% della popolazione e correla con un aumentato rischio di malattia aterosclerotica, morte e patologia aortica in popolazioni di varie etnie. La peculiarità della Lp(a) è che i suoi livelli sono principalmente predeterminati geneticamente, pertanto sono stabili nel corso della vita e, dunque, un solo dosaggio della stessa è considerato sufficiente come screening.

Data l’eterogeneità riscontrata con i dosaggi immunometrici della Lp(a) e i limiti legati ai costi delle metodologie di dosaggio, lo screening per ora è raccomandato solo in soggetti selezionati ad alto rischio.

Le statine determinano un minimo aumento della Lp(a), ma rimangono fondamentali nel ridurre il rischio di malattia aterosclerotica. Gli inibitori della PCSK9 hanno dimostrato di ridurre la Lp(a) del 25-30% e la malattia aterosclerotica nei soggetti con livelli di Lp(a) più elevati.

Diversi studi clinici su esiti CV sono in corso (HORIZON, OCEAN , ACCLAIM) per valutare gli effetti di terapie mirate alla riduzione dei valori di Lp(a), per capire se possa essere considerato un fattore di rischio cardiaco modificabile.

CONCLUSIONI E SPUNTI PER LA PRATICA CLINICA. I biomarcatori di sindrome cardionefrometabolica possono rappresentare uno strumento rilevante per la stratificazione del rischio, la diagnosi e la scelta di diverse strategie terapeutiche. Tuttavia, è ancora necessario migliorare la standardizzazione di alcune metodiche di dosaggio, prima di procedere con l’impiego ambulatoriale routinario e in più ampie popolazioni. Ulteriori ricerche dovranno approfondire la validità clinica dei biomarcatori ai fini di personalizzare le scelte terapeutiche, in un’ottica di medicina di precisione.


LEGGI E SCARICA L’ARTICOLO ORIGINALE: Diabetes Obes Metab 2025 Sep;27 Suppl 8(Suppl 8):3-6

PubMed


 

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