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Orientamento sessuale, identità di genere e rischio cardiometabolico: una revisione narrativa

Punti chiave

Domanda: Nel mondo, circa il 9% degli adulti si identifica come minoranza sessuale o di genere e in tali gruppi di popolazione si osservano disuguaglianze significative dal punto di vista sanitario. L’appartenenza a minoranze sessuali e di genere comporta un rischio differente di sviluppare patologie cardiometaboliche, come diabete, malattie cardiovascolari e renali?

Risultati: Una recente revisione, basata su studi e metanalisi condotti nel Regno Unito e negli Stati Uniti (2017-2025), evidenzia una prevalenza variabile di fattori di rischio quali obesità, abitudini alimentari errate, inattività fisica, abuso di sostanze o alcol nella comunità LGBTQ+. Sembrerebbe inoltre essere presente un incremento di alcuni marker infiammatori. Anche per quanto riguarda la presenza di diabete, malattia cardiovascolare e malattia renale cronica, i risultati variano a seconda del sottogruppo analizzato e della base di dati impiegata. In particolare, le donne appartenenti a minoranze sessuali presentano un rischio maggiore di diabete rispetto alle eterosessuali, mentre i risultati per uomini e persone transgender sono contrastanti tra i due paesi.

Significato: Fattori psicosociali e strutturali – come stress da minoranza, discriminazione e disuguaglianze economiche – contribuiscono a un maggior rischio cardiometabolico in alcune popolazioni LGBTQ+.


11 novembre 2025 (Gruppo ComunicAzione) – A cura di Elisabetta Salutini

CHE COSA SI SA GIÀ? Circa il 9% della popolazione adulta mondiale si identifica come minoranza sessuale o di genere (MSG), una percentuale in crescita soprattutto tra le generazioni più giovani. Nonostante la crescente attenzione verso le disuguaglianze sanitarie che colpiscono tali comunità, la ricerca sui rischi e sugli outcome cardiometabolici, inclusi diabete, malattie cardiovascolari e renali, rimane limitata. Il lavoro di Meredith S. Duncan (Dept. of Biostatistics, University of Kentucky, Lexington, KY; USA) e colleghi recentemente pubblicato su Diabetologia esamina in modo approfondito la relazione tra orientamento sessuale, identità di genere e rischio cardiometabolico nelle popolazioni appartenenti a MSG.

QUALI SONO LE NUOVE EVIDENZE? Attraverso una revisione narrativa della letteratura pubblicata tra il 2017 e il 2025 nel Regno Unito e negli Stati Uniti, gli autori hanno analizzato dati provenienti da metanalisi e da grandi studi di coorte per descrivere la distribuzione dei principali fattori di rischio modificabili per il diabete (obesità, dieta, attività fisica, consumo di sostanze, sonno e stress) e per esplorare le disparità negli esiti clinici tra gruppi MSG e popolazioni eterosessuali e cisgender.

Le evidenze mostrano risultati complessi e talvolta discordanti. Nel Regno Unito, le donne lesbiche e bisessuali hanno maggiori probabilità di essere in sovrappeso o obese rispetto alle donne eterosessuali (+41 e + 21%, rispettivamente), mentre gli uomini gay mostrano un rischio inferiore rispetto agli uomini eterosessuali (-28%). Negli Stati Uniti i risultati variano in base a sesso, etnia e fonte dei dati. Alcuni studi evidenziano un aumento fino a 2 volte del rischio di disturbi alimentari e del 20-70% di insicurezza alimentare tra le persone LGBTQ+, spesso legati a discriminazione, stress da minoranza e difficoltà economiche. L’attività fisica è disomogenea: alcuni gruppi (ad esempio uomini gay) risultano più attivi, mentre altri (donne lesbiche o persone transgender) mostrano livelli più bassi, spesso a causa di ambienti sportivi percepiti come ostili. L’uso di alcol, tabacco e altre sostanze è mediamente più elevato (da 2 a 4 volte) nelle popolazioni SGM, soprattutto tra le donne bisessuali e le persone transgender. Anche la qualità del sonno risulta peggiore rispetto ai coetanei cisgender ed eterosessuali, in particolare negli adolescenti LGBTQ+.

In termini di esiti clinici, le donne appartenenti a minoranze sessuali mostrano una maggiore prevalenza di diabete rispetto alle eterosessuali nel Regno Unito (+1,2 volte), mentre i dati statunitensi risultano meno coerenti. Per le persone transgender, i dati del Regno Unito suggeriscono un rischio più alto di diabete (+ 1,2 volte) e malattia renale cronica (+1,4 volte), mentre negli USA tali differenze non sono confermate. Tuttavia, diversi studi indicano un rischio di malattie cardiovascolari aumentato fino a quasi 5 volte tra adulti transgender, in particolare infarto e ictus, probabilmente legati sia all’uso di terapie ormonali sia al carico di stress cronico.

Gli autori propongono un modello concettuale basato sull’intersezionalità, che considera come i diversi assi di oppressione (genere, orientamento, razza, status socioeconomico) interagiscano generando stress cronico, infiammazione e comportamenti a rischio. Tuttavia, la resilienza individuale e comunitaria può mitigare tali effetti.

COMMENTO E SPUNTI PER LA PRATICA CLINICA. La revisione conclude che sono necessari studi longitudinali inclusivi e interventi mirati per migliorare la prevenzione, la diagnosi e la gestione delle malattie cardiometaboliche nelle popolazioni MSG. Per i diabetologi, ciò implica la necessità di un approccio clinico più sensibile e personalizzato. In particolare, è utile promuovere la raccolta sistematica di informazioni su orientamento sessuale e identità di genere nei registri clinici, favorire una comunicazione rispettosa e inclusiva e tenere conto dell’impatto che stress cronico, stigma e barriere di accesso alle cure possono avere sul controllo metabolico e sull’aderenza terapeutica.


LEGGI E SCARICA L’ARTICOLO ORIGINALE: Diabetologia 2025 Dec;68(12):2652-69

PubMed


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