Aggiunta degli inibitori della dipeptidil peptidasi-4 alle sulfoniluree e rischio di ipoglicemia: risultati di una review sistematica e metanalisi
A cura di Enrico Pergolizzi
11 luglio 2016 (Gruppo ComunicAzione) – L’ipoglicemia è un evento potenzialmente pericoloso per i pazienti affetti da diabete mellito e porta a un aumentato rischio di ricoveri ospedalieri, di malattie cardiovascolari e mortalità. Lo studio ACCORD (Action to Control Cardiovascular Disease in Diabetes), che ha valutato il raggiungimento di un obiettivo glicemico stringente con un trattamento intensivo nelle persone affette da diabete tipo 2 (DM2), ha rilevato un aumento di 2,5 volte degli eventi ipoglicemici; tale studio è stato interrotto prematuramente a causa dell’aumentata mortalità verosimilmente correlata alle ipoglicemie nei soggetti più fragili e particolarmente recettivi, come quelli con coronaropatie già preesistenti.
L’ipoglicemia ormai può essere considerata come una delle principali complicanze nei soggetti adulti più anzi (>60 anni di età) e con una storia più lunga di malattia. E’ la seconda causa di ricovero ospedaliero nelle persone con DM2, rappresenta il 20-25% dei ricoveri ospedalieri per reazioni avverse al farmaco e potrebbe essere evento precipitante di un’insufficienza cardiaca nei pazienti a rischio più elevato. Più in generale, l’ipoglicemia può causare cadute e fratture nelle persone più anziane, incidere negativamente sulla qualità di vita dei pazienti e – a lungo termine – può compromettere il mantenimento e il raggiungimento di un adeguato compenso glicemico. Inoltre, non deve essere trascurata neanche la presenza di ipoglicemie lievi o moderate perché, comunque, possono portare a una inconsapevolezza dell’evento ipoglicemico stesso (a causa dell’alterata risposta adrenergica), con compromissione delle difese comportamentali e aumentato rischio di episodi ricorrenti e gravi.
Gli inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (DPP4-I) sono una recente classe di farmaci per il trattamento del DM2, indicati come terapia di seconda linea nei pazienti non adeguatamente controllati dalla metformina e nei quali altri farmaci (come sulfoniluree o tiazolidinedioni) non raggiungono il compenso desiderato. I meccanismi d’azione di tali farmaci sono diversi; infatti, i tiazolidinedioni aumentano la sensibilità insulinica a livello degli organi bersaglio, la metformina sopprime la gluconeogenesi epatica mentre i DPP4-I e le sulfoniluree aumentano la secrezione insulinica in modo indiretto e diretto, rispettivamente.
Diversi studi clinici randomizzati hanno studiato i DPP4-I, sia in monoterapia che in aggiunta ad altri ipoglicemizzanti. Quando sono stati utilizzati in monoterapia, l’incidenza di ipoglicemia da DPP4-I è risultata paragonabile a quella del placebo o della metformina (circa il 5%), e quando utilizzati in aggiunta a farmaci come la metformina o i tiazolidinedioni il rischio ipoglicemico non è aumentato, confermando quindi un profilo di sicurezza accettabile. Al contrario, quando i DPP4-I sono stati utilizzati con sulfoniluree è stata rilevata una maggiore incidenza di ipoglicemia. Ciò potrebbe essere correlato alla maggiore incidenza di ipoglicemia tra i pazienti trattati con sulfoniluree (circa il 20%, che aumenta con la durata del trattamento), che è ulteriormente aumentata quando questi pazienti sono trattati con un secondo farmaco che agisce sulla secrezione insulinica. Anche se il rischio ipoglicemico correlato all’utilizzo contemporaneo dei due farmaci è riconosciuto e indicato anche nella scheda tecnica dei DPP4-I, purtroppo tale rischio rimane ancora non sufficientemente valutato.
Per questo motivo Francesco Salvo e coll (Francia, Italia) hanno effettuato una metanalisi per quantificare il rischio di ipoglicemia associato all’uso combinato di DPP4-I e sulfoniluree nelle persone con DM2 e pubblicato i risultati sul British Medical Journal.
I dati sono stati ricavati da Medline, ISI Web of Science, Scopus, Cochrane Central Register of Controlled Trials e clinicaltrials.gov. Sono stadi presi in considerazione gli studi randomizzati controllati con placebo che valutavano almeno 50 soggetti con DM2 trattati con DPP4-I e sulfoniluree.
E’ stato calcolato il risk-ratio (RR) per ipoglicemia con intervalli di confidenza (IC) al 95% per ogni studio, poi sommati utilizzando modelli a effetti fissi (metodo Mantel Haenszel) o casuali. Sono state eseguite anche analisi dei sottogruppi (ad esempio, dose di DPP4-I). Il numero necessario da trattare per ottenere un evento avverso (NNH) è stato stimato in base alla durata del trattamento. In complesso, sono stati inclusi 10 studi, per un totale di 6546 partecipanti (4020 con DPP4-I e sulfoniluree, 2526 con placebo e sulfoniluree). L’RR per ipoglicemia è stato 1,52 (IC 95% 1,29-1,80). L’NNH era 17 (IC 95% 11-30) per una durata di trattamento di 6 mesi o meno, 15 (9-26) da 6,1 a 12 mesi e 8 (5-15) per più di un anno. Nel sottogruppo non è stata rilevata alcuna differenza tra il dosaggio massimo o ridotto di DPP4-I.
In conclusione, la terapia combinata con DPP4-I e sulfoniluree per il trattamento del DM2 è associata a un aumento del 50% del rischio di ipoglicemia con un caso di ipoglicemia ogni 17 pazienti nei primi 6 mesi di trattamento. Questo mette in evidenza la necessità di rispettare le raccomandazioni descritte in scheda tecnica, che indicano che deve essere ridotta la dose di sulfonilurea quando si inizia l’associazione con DPP4-I e ciò deve essere fatto tempestivamente per minimizzare il rischio di ipoglicemia.
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