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Associazione di finerenone ed empagliflozin nel diabete tipo 2 e malattia renale cronica

Punti chiave

Domanda: L’associazione di empagliflozin e finerenone, in persone con DT2 e nefropatia diabetica, è in grado di ridurre l’ACR (rapporto albumina/creatinina urinarie) rispetto alla monoterapia?

Risultati: In uno studio clinico randomizzato, in doppio cieco, recentemente pubblicato sul NEJM, 800 pazienti, con DT2 e nefropatia diabetica (ACR tra 100 e 5000 mg/g ed eGFR tra 30 e 90 ml/min), già in trattamento con ACE-inibitori, sono stati randomizzati 1:1:1 al trattamento con finerenone 10/20 mg, empagliflozin 10 mg o l’associazione dei due farmaci. Dopo 180 giorni, la combinazione di empagliflozin/finerenone ha condotto a una riduzione dell’ACR maggiore del 29% rispetto a quella determinata dal finerenone (p <0,01 [IC] 0,61-0.,2) e superiore al 32% in confronto all’effetto del solo empagliflozin (p <0,01 [IC] 0,59-0,79). Lo studio ha documentato la sicurezza di tali farmaci con un’incidenza di effetti avversi gravi, determinanti la sospensione del trattamento, inferiore al 2%. Inoltre, la frequenza di iperkaliemia, peraltro lieve, si aggirava tra il 15 e il 20%.

Significato: È ormai ben noto che le persone con DT2 e malattia renale cronica presentino un elevato rischio cardiovascolare e di progressione dell’insufficienza renale, di cui l’ACR rappresenta un valido biomarker. La combinazione di empagliflozin e finerenone, avendo dimostrato di ridurre l’ACR del 52% in 6 mesi, potrebbe rappresentare un valido strumento in questo contesto clinico.


 9 settembre 2025 (Gruppo ComunicAzione) – A cura di Roberta Poli

CHE COSA SI SA GIÀ? Le persone con diabete tipo 2 (DT2) e malattia renale cronica (MRC) presentano un elevato rischio cardiovascolare e di progressione dell’insufficienza renale.

È inoltre riconosciuto che il rapporto albuminuria-creatinuria (ACR) rappresenti un biomarcatore di rischio cardio-renale. Alcune metanalisi hanno poi documentato che un decremento del 30% dell’ACR sia associato alla riduzione del 27% degli endpoint compositi renali, tra cui l’evoluzione verso la malattia renale end-stage.

Le attuali linee-guida raccomandano l’impiego di antagonisti del sistema renina-angiotensina, degli SGLT2-i, del finerenone (antagonista non steroideo dei recettori dei mineralcorticoidi, MRA) e/o dei GLP-1 RA, tutti farmaci che godono di indiscusse proprietà cardio- e nefroprotettive.

In particolare, alcune analisi post-hoc di studi clinici hanno documentato come il finerenone abbia un potenziale effetto benefico sul cosiddetto rischio residuo, presente in persone con DT2 e MRC, già in terapia potenziata con le gliflozine. Tuttavia, limitate sono le evidenze a supporto della associazione degli SGLT2-i e del finerenone in tale popolazione di pazienti.

QUALI SONO LE NUOVE EVIDENZE? Recentemente, sul New England Journal of Medicine, Rajiv Agarwal (Div. of Nephrology, Richard L. Roudebush VA Medical Center, and Indiana University School of Medicine, Indianapolis, IL, USA) e colleghi hanno recentemente pubblicato un paèer relativo allo studio CONFIDENCE (COmbination effect of FInerenone anD EmpaglifloziN in participants with chronic kidney disease and type 2 diabetes using a urinary albumin-to-creatinine ratio endpoint), un trial in doppio cieco che ha studiato l’effetto e la sicurezza della associazione di finerenone ed empagliflozin in persone con DT2 e nefropatia diabetica.

Tra il giugno 2022 e l’agosto 2024, sono stati sottoposti a screening 1664 pazienti, di cui 818 randomizzati 1:1:1 a ricevere il trattamento con finerenone 10/20 mg, empagliflozin 20 mg o l’associazione dei due farmaci.

I partecipanti dovevano presentare un ACR tra 100 e 5000 mg/g, un filtrato glomerulare compreso tra 30 e 90 ml/min ed essere già in trattamento nefroattivo con ACE-inibitore/ARB in assenza di glicosurico nelle 8 settimane precedenti.

L’endpoint primario era rappresentato dalla variazione dell’ACR tra il basale e il termine dello studio, a 6 mesi, periodo considerato un valido surrogato per valutare la progressione della malattia renale.

Nei soggetti trattati con la combinazione di finerenone/empagliflozin è stata osservata una riduzione significativa dell’ACR, maggiore del 30%, già dopo 14 giorni di trattamento sino a più del 40%, rispetto al basale, a 90 giorni. Dopo 180 giorni, l’ACR si riduceva ulteriormente, di più del 50%, nel braccio del trattamento di associazione e tendeva a risalire nel mese successivo al termine del trial.

COMMENTO E SPUNTI PER LA PRATICA CLINICA. Pur con i limiti dovuti all’impiego di endpoint surrogati, tale studio documenta la sicurezza e il vantaggio, in termini di rischio cardiovascolare e di peggioramento della MRC, dell’impiego di finerenone/empagliflozin in associazione in persone con DT2 e MRC. Tale strategia potrebbe ovviare al rischio, insito in un trattamento stepwise, di incorrere nell’inerzia terapeutica con possibile ritardo nel conseguimento di un effettivo beneficio clinico.


LEGGI L’ABSTRACT ORIGINALE: N Engl J Med 2025 Aug 7;393(6):533-43

PubMed

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