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C-peptide: quale ruolo nella gestione clinica del diabete tipo 2?

Punti chiave

Domanda: Quali sono i possibili ruoli del dosaggio del C-peptide nella gestione clinica del diabete tipo 2?

Risultati: Il dosaggio del C-peptide, esame strettamente correlato alla patogenesi di malattia e di facile esecuzione, riveste un particolare interesse nella gestione clinica del diabete tipo 2. Tuttavia, in tale contesto la sua interpretazione è complicata oltre che dalla mancanza di un dosaggio standardizzato, anche dalla presenza di diversi possibili interferenti, insulino-resistenza e terapie diabetologiche in primis. I possibili ruoli sono molteplici: alcuni supportati da maggiori evidenze, altri con dati solo preliminari. Dal punto di vista diagnostico è fondamentale nell’identificare situazioni di carenza insulinica severa e potrebbe avere un ruolo nel sottotipizzare i pazienti con diabete tipo 2 in base alle caratteristiche di malattia. Dal punto di vista terapeutico, in diversi studi predice la riposta alla terapia con GLP-1 RA e la necessità di terapia insulinica, ma potrebbe avere un ruolo anche nel predire la risposta ad altre terapie.

Significato: L’interpretazione dei valori di C-peptide, nell’ambito del diabete tipo 2, è spesso complicata. La standardizzazione del suo dosaggio e ulteriori studi sugli interferenti sono elementi necessari a chiarire il ruolo di questo pratico esame nelle situazioni ancora dubbie, nonché ad aprire nuove possibili applicazioni.


11 febbraio 2025 (Gruppo ComunicAzione) – A cura di Gisella Boselli

Che cosa si sa già? Il C-peptide, polipeptide derivante dal clivaggio della proinsulina a insulina, rappresenta un importante marcatore di funzione beta-cellulare: grazie alla sua lunga emivita ha concentrazioni plasmatiche più stabili dell’insulina e il suo dosaggio non risente dell’interferenza data dall’insulina esogena. Se il gold standard è rappresentato dal dosaggio del C-peptide sierico dopo stimolo con pasto misto, nella pratica clinica ci si può avvalere di alternative comunque valide e più facilmente attuabili, quali il dosaggio dopo pasto principale, a digiuno e random (in associazione con il glucosio). A oggi il C-peptide è comunemente utilizzato nella diagnosi e nel follow-up sia dei pazienti con diabete tipo 1 (DT1) classico sia dei pazienti con LADA, mentre rimane più dibattuta la sua utilità nel diabete tipo 2 (DT2).

Quali sono le nuove evidenze? YeunYi Lin (School of Medicine, University of Dundee, Ninewells Hospital & Medical School, Dundee, Scozia) e colleghi hanno condotto – e pubblicato su Diabetic Medicine – una revisione non sistematica dei dati di letteratura a oggi disponibili sull’utilizzo del C-peptide nella gestione clinica del DT2 [1]. Dal lavoro emerge innanzitutto come l’interpretazione dei valori non francamente deficitari che spesso si riscontrano nei pazienti con DT2 sia critica, sia per l’assenza di una standardizzazione del dosaggio, sia per la presenza di molteplici possibili interferenti: tra i fattori che determinano un aumento dei livelli di C-peptide viene sottolineato il ruolo dell’insulino-resistenza (che aumenta soprattutto i livelli di C-peptide a digiuno), dell’insufficienza renale (per riduzione della clearance) e della terapia con sulfaniluree; la terapia insulinica si può invece associare a una riduzione dei livelli di C-peptide che passa attraverso il miglioramento dei valori glicemici; rimane dubbio l’effetto determinato dalle altre terapie diabetologiche e le modifiche date dai diversi interferenti sono comunque difficilmente quantificabili. Sicuramente il C-peptide rappresenta un esame valido nell’identificare condizioni di carenza insulinica: valori random <200 pmol/l (a digiuno <80 pmol/l) sono indice di una carenza insulinica praticamente completa che deve porre il sospetto di un DT1 misconosciuto; valori random 200-600 pmol/l (a digiuno 80-250 pmol/mol) restano sospetti per un DT1 misconosciuto ma potrebbero anche riscontrarsi nel Maturity Onset Diabetes of the Young  (MODY) o in forme di DT2 caratterizzate da un’importante compromissione della funzione beta-cellulare, che come tali difficilmente potranno fare a meno della terapia insulinica. A questo proposito, l’utilizzo del dato di C-peptide insieme ad altri parametri clinici facilmente ottenibili, è stato proposto per sottotipizzare i pazienti con DT2 sulla base di quanto descritto nel 2018 Ahlqvis [2]: lo scopo è di proporre terapie personalizzate e di disporre sin dalla diagnosi di informazioni sul futuro decorso e sul rischio di sviluppare complicanze; i dati, tuttavia, sono ancora preliminari. Infine, vengono presentate le principali evidenze relative all’utilizzo del C-peptide quale predittore di risposta alle diverse terapie farmacologiche:

  • nei pazienti insulinizzati, livelli di C-peptide più bassi (<600 pmol/l dopo stimolo, <80 pmol/l a digiuno) sono predittivi di scarsa risposta glicemica all’introduzione di GLP1-RA, mentre nei pazienti non insulinizzati la predittività è minore, ma tendono comunque a rispondere meglio i pazienti con livelli di C-peptide stimolato più alti;
  • pazienti non insulinizzati con livelli di C-peptide a digiuno più elevati indicativi di un’elevata insulino-resistenza, sembrano rispondere peggio ai DPP4i e meglio ai tiazolinedioni;
  • non ci sono invece evidenze riguardo all’utilizzo del C-peptide nell’identificazione dei pazienti più a rischio di sviluppare chetoacidosi euglicemica prima dell’avvio di SGLT2i, né dati univoci che permettano di prevedere la risposta alla metformina.

Sintesi dei risultati e commento. Nell’ambito del DT2 l’interpretazione dei valori di C-peptide è spesso complicata. La review ripercorre in modo chiaro situazioni in cui il significato del dosaggio è meno dubbio e più d’aiuto al clinico (es. identificare forme di DT1 misconosciuto, prevedere la riposta a diverse tipologie di farmaci) e situazioni ancora da esplorare (es. sottotipizzare varie forme di DT2). La standardizzazione del dosaggio e ulteriori studi sugli interferenti sono elementi necessari a chiarire il ruolo di questo pratico esame nelle situazioni ancora dubbie, nonché ad aprire nuove possibili applicazioni.


1. LEGGI E SCARICA L’ARTICOLO ORIGINALE: Diabet Med 2025 Jan 11:e15469. Online ahead of print

PubMed

2. Lancet Diabetes Endocrinol 2018 May;6(5):361-369. Epub 2018 Mar 5

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AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.