Skip to content

Diabete.it

Bisogni di cura al centro dei percorsi: il progetto NICE

Si chiama NICE (Need is core of effectiveness, il nuovo programma organico di formazione, educazione e comunicazione volto al miglioramento delle competenze dei professionisti, dell’organizzazione dell’assistenza, della gestione della malattia del diabete, in linea con i bisogni del paziente, messo a punto dall'Associazione Medici Diabetologi. Intervista con Nicoletta Musacchio

Intervista a Nicoletta Musacchio

Vice presidente dell’Associazione Medici Diabetologi, Dirigente UOS Territoriale di Diabetologia e Cronicità dell’Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano

Nelle malattie croniche come il diabete, la qualità e l’efficacia dell’assistenza non dipendono solo dal singolo atto di cura (la terapia appropriata, la diagnosi puntuale della complicanza…) ma dalla qualità del percorso che le lega.

Da ormai 20 anni l’Associazione Medici Diabetologi ha sviluppato il concetto di Chronic care model, modello di cura per la condizione cronica. Questi modelli. ormai riconosciuti come il miglior approccio alla cronicità, per realizzare l’assistenza “ideale”, sicura ed efficace, alla persona con diabete e per ridurre l’impatto economico della malattia, individuano come determinanti principali, la diagnosi precoce, interventi tempestivi e personalizzati, il supporto all’aderenza alla terapia nel lungo periodo, una visione di insieme dell’intero percorso di cura con precisi indicatori per ottenere una valutazione passo dopo passo dell’intero processo.

“Questo concetto è ormai entrato nel dna del sistema sanitario”, afferma Nicoletta Musacchio, vice presidente della Associazione Medici Diabetologi, tra le prime a parlare di Percorsi diagnostico terapeutici assistenziali, “ma con una dimensione ‘centrata sulla malattia’ che lo rende inadeguato, soprattutto oggi”. Nicoletta Musacchio, coordinatrice insieme al presidente Antonio Ceriello del progetto Nice, fa un esempio.

“E’ chiaro che esistono tanti approcci quante sono le ‘tipologie’ del persone con diabete. Idealmente ogni persona deve avere la ‘sua’ cura. Ma come associamo una persona al modello di cura più appropriato? Fino a oggi i modelli prevedono una suddivisione sulla base del tipo di malattia: diabete di tipo 1, di tipo 2 con e senza complicanze e così via. Noi vogliamo definire dei modelli articolati invece sulla base dei bisogni della persona con interventi vanno variati a seconda del grado di autonomia della persona o a seconda del suo stile di vita o delle altre patologie che potrebbe avere».

Per esempio il diabete di tipo 1 è considerata una condizione che richiede risorse assistenziali superiori a un diabete di tipo 2 trattato senza farmaci. In realtà una persona con diabete di tipo 1 che fin dalle prime fasi è stato oggetto di percorso di accompagnamento molto forte può avere ha tutte le conoscenze necessarie e la motivazione per applicarle e mantenere così un ottimo equilibrio glicemico anche in modo autonomo. La persona con diabete di tipo 2 in sola dieta – che sembrerebbe meno fragile potrebbe invece essere disorientata, avere difficoltà a cambiare lo stile di vita e potrebbe aver bisogno di un team multidisciplinare e di competenze specialistiche.

«L’esigenza di fare Medicina e quindi prendersi cura della persona a 360° si accompagna alla sfida della sostenibilità dei modelli. Infatti una criticità nell’approccio alla cronicità è rappresentata dal costo in netta espansione. Ogni professionista deve acquisire consapevolezza e farsi carico di una attenta verifica della spesa», spiega Nicoletta Musacchio. “l’obiettivo del progetto Nice è raggiungere una efficienza del sistema facendo dipendere i percorsi dai bisogni di cura della persona e non da quelli della malattia. In questo modo possiamo raggiungere quegli obiettivi di sostenibilità ed equità che la società pretende dal sistema sanitario”, continua Nicoletta Musacchio, che dirige la UOS Territoriale di Diabetologia e Cronicità dell’Azienda Ospedaliera Istituti Clinici di Perfezionamento di Milano.

L’AMD si è pronunciata più volte con durezza contro i tagli ‘lineari’, acritici e burocratici e le scelte obbligate imposti da funzionari regionali e nazionali. «Alcune scelte devono essere fatte e gli ‘esperti’: persone con diabete, medici e infermieri, possono e devono disegnare degli strumenti per operarle con equità”, nota Nicoletta Musacchio, «noi siamo pronti: AMD vuole raccogliere la domanda di sostenibilità, vuole proporre soluzioni eque e questo significa garantire che le risorse siano assegnate in base alle esigenze della persona».

Concretamente il progetto NICE vuole mobilitare tutte le risorse intellettuali di AMD, per esempio è stato chiesto a tutti i gruppi di lavoro di AMD di rileggere i risultati raggiunti anche all’insegna di una appropriatezza e di una equità guidata dai bisogni. In particolare ad alcuni gruppi si è chiesto di ridefinire i percorsi sia extraospedalieri (ambulatoriali/territoriali) sia intraospedalieri alla luce di una appropriatezza che produca efficienza. Inoltre, AMD ha aperto un dialogo con il movimento della Slow medicine, un movimento culturale anglosassone ma con forti basi in Italia che propone una medicina sobria, rispettosa e giusta.

«NICE verrà portato avanti insieme alle persone con diabete, agli infermieri ai direttori sanitari e alle altre categorie professionali, questo per superare la autoreferenzialità che è il rischio di ogni iniziativa di una Società scientifica, sia per evitare di produrre documenti difficili da applicare in modo da disegnare processi di cura condivisi e sostenibili, siamo ancora in tempo», conclude Nicoletta Musacchio, «a spostare il sistema».