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Diabete No Grazie

La sindrome metabolica: un “album” composto da molti elementi

Da bambini quando si giocava alle figurine capitava di dire ‘celo’ (contrazione di ce l’ho) quando un amico mostrava una figurina che già si possedeva o ‘manca’ in caso contrario. Se parliamo di sindrome metabolica, l’obiettivo non è completare l’album ma l’esatto contrario: meno ‘figurine’ ci sono, meglio è. Lo dice Riccardo Bonadonna

Riccardo Bonadonna
Servizio di Diabetologia dell’Ospedale Universitario di Verona – Borgo Trento.

La sindrome metabolica è un ‘album’ composto da molti elementi: condizioni e situazioni ciascuna delle quali aumenta – lo provano le statistiche – il rischio di un evento cardiovascolare. Sindrome significa ‘che corre insieme’. Questi fattori infatti ‘concorrono’ ad aumentare il rischio, ma ‘concorrono’ anche nel presentarsi insieme nello stesso individuo: averne 1 o 2 aumenta il rischio che compaiano anche gli altri.

Non tutto è ancora chiaro intorno al concetto di sindrome metabolica, che è stato proposto decenni fa e che non è ancora pienamente accettato. «Sotto il profilo epidemiologico, per così dire statistico, i dati sono chiari e incontrovertibili», esordisce Riccardo Bonadonna, del Servizio di Diabetologia dell’Ospedale Universitario di Verona – Borgo Trento.

Sovrappeso, insulino-resistenza, iperglicemia (a digiuno o postprandiale) ipertensione, eccesso di trigliceridi, colesterolo HDL basso, sono il ‘nucleo duro’ dei fattori di rischio. Altri studiosi vorrebbero far ricadere nella sindrome metabolica anche altri elementi quali, per esempio, una alterata coagulabilità del sangue, un eccesso di grasso nel fegato (steatosi epatica o epatite non alcolica). «C’è anche un consenso sul fatto che quattro elementi: l’attività delle cellule grasse poste dentro la pancia, l’insulinoresistenza (cioè la ‘sordità’ dei tessuti all’insulina), lo stress ossidativo e uno strato di latente infiammazione danno vita a un circuito, una sorta di circolo vizioso che si esprime in una grande varietà di modi», spiega Bonadonna, Professore Associato di Endocrinologia e Malattie Metaboliche dell’Università di Verona. «Fra le conseguenze più note c’è la forma più comune di diabete, il tipo 2 (che a sua volta è un fattore di rischio indipendente per malattie vascolari e potenzia tutti gli altri fattori di rischio) e soprattutto la progressiva chiusura delle arterie.

A dire il vero il sovrappeso in sé non è una causa indispensabile della sindrome metabolica. Esistono casi rari di persone con tutte le caratteristiche della sindrome metabolica ma senza un filo di ‘pancetta’. Un problema che appassiona gli studiosi, ma con poche ricadute pratiche, visto che «il sovrappeso è così frequente da poter essere considerato de facto, anche se non logicamente, il primum movens della sindrome metabolica». Il sovrappeso ha anche il merito di poter essere misurato e confrontato, mentre le altre due variabili: insulino-resistenza e microinfiammazione sono determinabili con esami di laboratorio non semplici e comunque ancora non sufficientemente standardizzati.

Riccardo Bonadonna, appartenente alla grande scuola metabolica di Verona, potrebbe parlare per ore di ogni aspetto della ricerca sulle complesse interrelazioni fra ciascun elemento della sindrome metabolica. Ma alla persona che vuole sapere cosa fare interessano altre informazioni.

Cosa fare? Intanto non pensare che ‘basti’ prevenire il diabete di tipo 2. Tutti gli elementi della sindrome metabolica vanno tenuti sotto controllo e riportati nella norma: l’obesità viscerale, la glicemia e la pressione in primo luogo ma anche trigliceridi e colesterolo. «Tenendo presente che un dato di poco inferiore alla soglia non va ignorato. Se sono sovrappeso e/o fumo, una pressione arteriosa di 130/85 va sorvegliata anche se il limite ufficiale dell’ipertensione è 140/90», spiega Bonadonna, «come il prediabete ha un effetto diretto sul rischio cardiovascolare anche se non evolve in diabete di tipo 2, anche la preipertensione ha degli effetti negativi sul quadro metabolico e sulle pareti interne delle arterie».

Insomma la guardia va tenuta alta. E in una fase iniziale non è difficile. «Non sempre è il caso di iniziare con dei farmaci, almeno non in una fase di prevenzione. Attività fisica e un’alimentazione, equilibrata, con pochi grassi saturi, pochi grassi trans-insaturi, e basso contenuto di sale incidono immediatamente, contemporaneamente e in maniera significativa sulle componenti della sindrome metabolica», sottolinea il diabetologo laureato a Genova, che ha lavorato alle Università di Yale e di San Antonio con il team di De Fronzo e «un altro favore che ci si può fare è quello di esporsi meno allo stress ‘sociale’. Lo stress sociale (difficoltà di relazione eccessive e/o frustrazione/fatica nel raggiungere gli obiettivi) ha un provato effetto sulla pressione, è correlato all’aumento di peso e, chissà, potrebbe essere il legame talvolta citato dai pazienti fra stress e comparsa di diabete».