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L’importanza del controllo del colesterolo e degli altri lipidi in chi è affetto da diabete mellito

Le alterazioni del profilo lipidico sono sicuramente uno dei più importanti fattori di rischio cardiovascolare nella persona affetta da diabete mellito; nonostante le alterazioni lipidiche più caratteristiche del diabete riguardino il metabolismo dei trigliceridi, l’ipercolesterolemia rimane anche nel diabetico il principale fattore di rischio cardiovascolare.

a cura di
Giampaolo Magro

Nel 1993 lo studio MRFIT, durato 12 anni, dimostrava chiaramente che la mortalità cardiovascolare era molto più elevata nei diabetici rispetto ai non diabetici, dimostrava inoltre che il rischio di mortalità aumentava all’aumentare dei livelli plasmatici di colesterolo e che, per ogni livello di colesterolemia, il rischio cardiovascolare per la popolazione diabetica è due/tre volte maggiore rispetto alla non diabetica. Tutto ciò proponeva che l’intervento mirato a ridurre i livelli di colesterolo nel sangue avrebbero potuto portare a una inversione della tendenza.

Esistono dati consolidati che anche l’ipertrigliceridemia è coinvolta nel determinare il rischio cardiovascolare ciò è soprattutto vero nei pazienti diabetici, nei quali questa rappresenta l’anormalità lipidica più frequente.

Il trattamento dell’ipercolesterolemia oggi non è più fine a se stessa: l’obiettivo terapeutico, infatti è la riduzione del rischio cardiovascolare globale; infatti, come sottolineano le linee guida più recenti, i fattori di rischio agiscono in sinergia amplificando la probabilità di comparsa di un evento cardiovascolare; ciò è tanto più vero nei diabetici.

Una evidenza clinico-scientifica a supporto di questo concetto viene dallo studio STENO.

In questo studio sono stati confrontati due approcci terapeutici diversi, uno meno aggressivo e l’altro più aggressivo su vari fattori di rischio in pazienti diabetici. La terapia più aggressiva è stata in grado di migliorare tutte le complicanze vascolari sia a carico delle piccole che delle grosse arterie, suggerendo che la strategia più efficace è sicuramente rivolta al controllo simultaneo di tutti i vari fattori di rischio tra i quali la dislipidemia è sicuramente uno dei principali.

Il controllo attento dei livelli di colesterolemia specie nei soggetti a rischio come i diabetici riduce il rischio cardiovascolare? Abbiamo a disposizione farmaci efficaci, sicuri e ben tollerati per raggiungere livelli normali di colesterolemia?

In alcuni importanti studi d’intervento quali il CARE e il 4S e più recentemente L’HPS l’analisi di sottogruppi di diabetici hanno dimostrato che questi pazienti beneficiavano particolarmente della terapia con statine; anche il recente studio CARDS effettuato esclusivamente su pazienti diabetici ad alto rischio trattati con una statina ha documentato una riduzione significativa degli eventi cardiovascolari rispetto al gruppo di controllo.

Le statine sono una classe di farmaci che con un meccanismo d’azione comune diretto verso lo stesso enzima e sono in grado di ridurre il colesterolo totale, il colesterolo LDL ed i trigliceridi, inoltre di aumentare l’ HDL colesterolo.

L’interesse verso questi farmaci è particolarmente elevato in quanto hanno dimostrato il loro effetto favorevole anche per livelli di colesterolemia praticamente nella norma.
Recenti linee guida (ATP III) del Comitato Coordinatore del National Cholesterol Education Program hanno evidenziato che è importante non solo ridurre il colesterolo “cattivo” (C-LDL), ma anche favorire l’aumento del colesterolo ‘buono’ e cioè dell’HDL colesterolo, il cui incremento di 1 punto percentuale corrisponde ad una riduzione del 3% del rischio di coronaropatia.

È noto che l’infiammazione ha un ruolo importante nell’insorgenza delle sindromi coronariche acute e, in quest’ambito, un quesito di estremo interesse riguarda il valore prognostico della proteina C-reattiva (PCR), in qualità di markers di flogosi.
Sulla base di queste premesse, tra le altre proprietà, suscita particolare interesse tra gli studiosi il ruolo delle statine quali farmaci in grado non solo di ridurre il colesterolo, ma anche di esplicare un’azione antinfiammatoria.

Tanto più bassi sono i livelli ematici di LDL colesterolo tanto meglio è?

I livelli di colesterolo ottimali sono un parametro che va personalizzato ed è diverso in funzione della tipologia del paziente anche il base al proprio profilo di rischio.
Le raccomandazioni dell’ATP III consigliano valori < a 100 mg/dl di C-LDL nei soggetti ad elevato rischio cardiovascolare come sono i diabetici, inferiori a 130 nei soggetti a rischio moderato ed inferiore a 160 nelle persone a basso rischio, tuttavia la maggior parte dei medici pensano che “tanto più basso è tanto meglio è” anche nelle persone a rischio cardiovascolare non elevato.

Purtroppo gli studi epidemiologici attualmente a disposizione hanno rilevato che in Europa ed in Italia solo il 60% dei pazienti dislipemici viene trattato e di questi solo un paziente su 3 riceve una terapia adeguata e raggiunge il proprio target terapeutico.
Per quanto riguarda i diabetici lo studio DAI ha rilevato che solo il 23% sono trattati in modo adeguato.

La causa principale di questa situazione deludente è una generale ridotta sensibilizzazione al problema ed all’utilizzo carente o sottodosato dei farmaci; tale problema non riguarda solo il colesterolo ma, anche gli altri fattori di rischio quali l’obesità, l’ipertensione il fumo e l’iperglicemia stessa.

In conclusione: il trattamento orientato alla riduzione di Col-LDL e Trigliceridi e all’aumento di Col-HDL si è dimostrato efficace nel ridurre la malattia macrovascolare soprattutto nei soggetti con precedenti eventi cardiovascolari.

L’intervento sullo stile di vita (dieta, incremento attività fisica, sospensione fumo) ed il raggiungimento di un buon controllo glicemico rappresentano il primo approccio terapeutico, ma se l’obiettivo terapeutico non viene raggiunto in 4-12 settimane si deve intraprendere un trattamento farmacologico (statine).

L’assetto lipidico deve essere controllato ogni anno; più frequentemente in caso di mancato raggiungimento degli obiettivi o in soggetti ad alto rischio (6 mesi). In situazioni a basso rischio e ad obiettivo raggiunto controlli ogni 2 anni.

Considerazione finale: l’alta percentuale di pazienti ipertesi non trattati o non adeguatamente trattati, l’alta prevalenza di obesità, la diffusione di inattività fisica, l’alta frequenza di individui con livelli ”non desiderabili” di colesterolo, la diffusione del diabete, e l’elevata prevalenza di fumatori, sono problemi rilevanti per la salute; in particolare nei diabetici, soprattutto tipo 2, una aumentata prevalenza di alterazioni dell’assetto lipidico contribuisce ad una maggiore frequenza di malattie cardiovascolari.
Si rendono pertanto necessarie lo sviluppo e l’implementazione di strategie valide di prevenzione primaria.

Bibliografia

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