“Molto cibo e mal digesto, non fa il corpo sano e lesto”
Lo diceva, Pellegrino Artusi (1820-1911), scrittore e gastronomo italiano e autore del celeberrimo La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. E oggi, sappiamo bene, l’alimentazione è un elemento di fondamentale importanza per le malattie croniche: infatti le abitudini alimentari sono correlate a molti fattori di rischio metabolici che a loro volta conducono a molte patologie come ad esempio il diabete, l’ictus e l’infarto del cuore. Negli ultimi vent’anni la disponibilità e il consumo di alimenti per lo più già pronti e confezionati e sempre più elaborati, definiti in lingua inglese ultra-processed e che qui definiamo “alimenti trasformati”, si è globalmente diffuso passando dall’11 al 32% del cibo quotidianamente consumato nel mondo.
Questi prodotti, caratterizzati da una bassa qualità nutrizionale e da un elevato apporto calorico sono convenienti perché si conservano a lungo, sono già pronti per essere consumati o devono solo essere riscaldati, sono estremamente appetitosi, estremamente convenienti dal punto di vista economico e hanno spesso confezioni attraenti e invitanti per il consumatore.
Gli aspetti nutrizionali negativi di questi cibi, quali l’eccessivo contenuto di grassi di scadente qualità, l’eccessivo contenuto di zuccheri e sale, lo scarso apporto di vitamine e fibre, sono noti da tempo. Ma mentre sono ben noti gli effetti positivi sulla salute dell’uomo e sulla mortalità di una alimentazione fatta di alimenti freschi, caratterizzati da materie prime di buona qualità, cucinate in modo semplice, pochi studi hanno sino a ora descritto gli effetti dannosi di un elevato consumo quotidiano di cibi industriali già pronti.
L’obiettivo di uno studio spagnolo è stato dunque di valutare se vi sia una relazione tra consumo di alimenti trasformati industriali e maggiore rischio di morte. Per 14 anni, dal 2000 al 2014, sono stati osservati e classificati in base alle loro abitudini alimentari circa 20.000 soggetti dai 30 ai 90 anni, suddivisi in quattro categorie in base al loro consumo giornaliero di alimenti industriali trasformati.
L’analisi dei dati dello studio ha evidenziato che i soggetti che risultavano essere degli elevati consumatori di cibo industriale avevano un rischio di mortalità nettamente più elevato rispetto ai bassi consumatori.
Le conclusioni a cui sono giunti gli autori dello studio sono che un consumo di più di 4 porzioni di alimenti industriali trasformati al giorno sembrerebbe associarsi a un aumento del rischio relativo di mortalità del 62%, e per ogni porzione di cibo aggiunta la mortalità risulta aumentare del 18%.
Meditiamo quindi e insegniamo ai nostri figli a mangiare in modo sano e consapevole!
Alcuni degli alimenti definiti ultra-processed
Petit suisse; custard; flan; pudding; gelati, prosciutti e altri salumi processati industrialmente (tipo: chorizo, salami, mortadella, salsiccie, hamburger, morcilla); paté; foie-gras; patatine e popcorn; cerali da colazione; pizza e torte; margarina; biscotti, muffin, doughnut, croissant o altra pasticceria industriale; bibite gassate e succhi di frutta; bevande a base di latte e creme; minestre e creme istantanee, maionese e salse…
Association between consumption of ultra-processed foods and all cause mortality: SUN prospective cohort study
BMJ 2019;365:l1949