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Prevenire e curare la nefropatia diabetica

La speranza di vita si allunga, il diabete esordisce - o viene diagnosticato - più precocemente. Complicanze che richiedono mediamente decenni per svilupparsi hanno quindi il tempo di arrecare danni agli organi. Nel caso della nefropatia diabetica l’estrema conseguenza è l’insufficienza renale terminale (ESRD), che richiede periodiche dialisi o un trapianto. Lunghi periodi di scompenso glicemico soprattutto se aggravati dall’ipertensione possono esserne la causa. Per fortuna la nefropatia si annuncia con larghissimo anticipo con la comparsa di piccole quantità di albumina nelle urine (microalbuminuria). Analizzando secondo i criteri della Evidence Based Medicine gli studi effettuati, è possibile identificare strategie per prevenire e contrastare l’evoluzione della nefropatia diabetica.

a cura di
Salvatore De Cosmo

La speranza di vita si allunga, il diabete esordisce – o viene diagnosticato – più precocemente. Complicanze che richiedono mediamente decenni per svilupparsi hanno quindi il tempo di arrecare danni agli organi. Nel caso della nefropatia diabetica l’estrema conseguenza è l’insufficienza renale terminale che richiede periodiche dialisi o un trapianto. Per fortuna la nefropatia si annuncia con larghissimo anticipo con la comparsa di piccole quantità di albumina nelle urine (microalbuminuria), e può essere fermata o rallentata.

Nei soggetti con microalbuminuria è possibile evitare o ritardare l’aggravamento della sofferenza renale?

La presenza di piccole quantità di albumina nelle urine (microalbuminuria) è molto comune nelle persone con diabete e occorrono molti e molti anni perché la disfunzione renale diventi più seria come mostrato dalla presenza di proteine nelle urine (proteinuria). La prevenzione secondaria consiste nell’evitare che la microalbuminuria crei le premesse per un serio danno renale.

L’ottimizzazione del controllo glicemico determina anche una riduzione di comparsa della proteinuria (prevenzione secondaria), come documentato sempre dal DCCT (riduzione dell’incidenza di proteinuria pari al 28% per ogni calo di emoglobina glicata dell’1%) e dall’UKPDS.

Un buon controllo glicemico aiuta nei casi di nefropatia diabetica molto avanzata?

Forse

Il grado d’influenza del controllo metabolico intensivo sulla progressione della nefropatia nei suoi stadi più avanzati (prevenzione terziaria) non è documentato da ampi studi prospettici controllati nel diabete di tipo 1. Nel diabete di tipo 2, i risultati degli studi sono contrastanti. È stato però dimostrato che dieci anni di buon controllo glicemico, ottenuto dopo trapianto di pancreas, fanno regredire le lesioni glomerulari diabetiche anche avanzate e quindi, un controllo glicemico attento è raccomandabile anche nei pazienti proteinurici.

Tenere la pressione più bassa possibile aiuta a prevenire l’aggravarsi della nefropatia?

L’ipertensione arteriosa rappresenta un fattore importante per l’insorgenza e soprattutto per la progressione della nefropatia diabetica. La pressione – che in tutte le persone con diabete deve essere controllata e mantenuta sotto i 130/80 mmHg – deve scendere ancora di più, almeno a 125/75 nelle persone con proteinuria superiore a 1 g/die.

I farmaci anti ipertensivi aiutano nella prevenzione o nella gestione della nefropatia diabetica?

Nei pazienti ipertesi senza albumina nelle urine gli ACE-inibitori sarebbero in grado di ridurre, meglio di quanto non facciano i calcio-antagonisti, il rischio di sviluppare la microalbuminuria in pazienti con diabete di tipo 2 ipertesi (prevenzione primaria). Lo afferma uno studio pubblicato recentemente: il Benedict.

Nelle persone ipertese con albumina nelle urine i farmaci ‘ARB’ che bloccano il recettore dell’angiotensina II, contribuiscono – a parità di valori pressori – a ridurre il rischio di evolvere verso la proteinuria. Lo affermano due studi Irbesartan in Patients with Type 2 Diabetes and Microalbuminuria (IRMA2) ed il Microalbuminuria Reduction with Valsartan (MARVAL).

Alcuni farmaci anti-ipertensivi aiutano il paziente con seria nefropatia diabetica?

Anche nei pazienti con nefropatia conclamata una terapia antipertensiva riduce la progressione del danno renale (prevenzione terziaria). Già diversi anni fa Lewis et al. dimostravano l’efficacia degli ACE-inibitori nel ridurre il rischio di evoluzione verso la dialisi – anche indipendentemente dal controllo dei valori pressori. Più recentemente nello studio Irbesartan Diabetic Nephropathy Trial (IDNT), condotto in 1700 pazienti con diabete di tipo 2, ipertensione arteriosa e proteinuria conclamata, 300 mg di Irbesartan hanno ritardato l’insorgenza di insufficienza renale terminale.

Nel Reduction of Endpoints in NIDDM with Angiotensin II Antagonist Losartan (RENAAL) si è, dimostrata l’utilità del Losartan in confronto alla terapia anti-ipertensiva convenzionale. In entrambi gli studi i benefici andavano oltre a quelli attribuibili alla riduzione dei valori pressori.

A questo proposito è importante ricordare che i pazienti in cura con ACE-inibitori e ARB devono:
• monitorare potassiemia e creatininemia a breve distanza dall’inizio della terapia e periodicamente;
• sospendere la terapia se la creatinina aumenta oltre il 30%;
• iniziare il trattamento con molta attenzione se la creatinina supera i 3 mg/dl;
• utilizzare il massimo dosaggio tollerato dal paziente.

Una terapia farmacologica che riduce i grassi nel sangue aiuta a mantenere la funzionalità dei reni?

Forse

Ad oggi non sono molte le evidenze circa l’efficacia della riduzione dei livelli dei lipidi plasmatici, ottenuta con farmaci ipolipemizzanti, sulla protezione della funzionalità renale e sulla riduzione della proteinuria nei pazienti diabetici. Nell’Heart Protection Study è stato dimostrato che la terapia con statine, oltre a diminuire la morbidità e la mortalità cardiovascolare nei diabetici ed in altri pazienti ad alto rischio di aterosclerosi, era in grado anche di ridurre il calo del GFR (un indicatore di funzionalità del rene) e l’aumento della creatinina sierica.

È da sottolineare che l’utilizzo di statine in pazienti con ridotta funzione renale è a elevato rischio di rabdomiolisi (lesione della membrana dei muscoli che determina l’entrata nella circolazione di sostanze capaci di danneggiare acutamente i reni), per cui tale classe di farmaci dovrebbe essere utilizzata all’inizio della terapia al dosaggio minore, da aumentare eventualmente con cautela. La combinazione di statine e fibrati aumenta ulteriormente il rischio di rabdomiolisi in corso di insufficienza renale.

Ci sono modifiche nello stile di vita che aiutano a prevenire la progressione della nefropatia?

Sicuramente sono importantissime tutte le modifiche che portano la glicemia entro valori normali o comunque più bassi possibili nonché tutti i comportamenti che abbassano la pressione: alimentazione moderata, con poco sale niente grassi e non troppi zuccheri semplici e una attività fisica continua.

In pazienti con nefropatia conclamata una restrizione che porti a 0,8 grammi al giorno per chilo di peso la quantità di proteine assunta può essere utile nel rallentare il declino della funzionalità renale. Tale provvedimento dovrebbe essere valutato da una dietista, con buon livello di esperienza, in modo da evitare uno stato di malnutrizione.

Un buon modo per prevenire la nefropatia (fra le altre cose) è smettere definitivamente di fumare.

È stato ampiamente dimostrato che il fumo di sigaretta rappresenta un fattore di rischio indipendente per la comparsa di microalbuminuria, per la progressione della stessa a proteinuria e, di conseguenza, per l’insufficienza renale, sia in pazienti con diabete di tipo 1 che di tipo 2.

Nello studio Steno 2, due gruppi di pazienti con diabete di tipo 2 e microalbuminuria hanno ricevuto un gruppo una terapia del diabete standard, l’altro un programma di terapia intensiva. La terapia intensiva consisteva in suggerimenti dietetici e di svolgimento d’attività fisica appropriati, un programma per la cessazione del fumo, un trattamento intensivo della glicemia, dell’iperlipemia e dell’ipertensione arteriosa, utilizzo di ACE-inibitori, di antiossidanti e di aspirina. Dopo circa 8 anni di follow-up è stata documentata un’impressionante riduzione dei diversi eventi cardiovascolari nonché della progressione verso la nefropatia conclamata.

Bibliografia

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