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Diabete.it

Prevenzione e cura delle ulcere per ridurre le amputazioni causate dal diabete

Studi condotti per molti anni su grandi numeri di persone, con metodologie e risultati controllati e confermati, ci permettono di affermare oltre ogni ragionevole dubbio alcuni concetti chiave. Ecco quelli che riguardano la prevenzione e la cura delle ulcere diabetiche.

a cura di
Luca Monge

L’ulcera diabetica del piede è una lesione dei tessuti che, a seconda della gravità, può interessare solo la pelle oppure compromettere anche legamenti, muscoli e ossa sottostanti; in questi ultimi casi le ulcere sono spesso complicate da infezione dei tessuti molli (ascessi e flemmoni) e delle ossa (osteomielite).

Studi eseguiti in differenti aree geografiche dimostrano che ogni anno da 1 a 4 persone con diabete su 100 sviluppano un’ulcera ai piedi. Una percentuale che va dal 15 al 25% delle persone con diabete avrà durante la propria vita un’ulcera al piede.

Circa il 50% dei ricoveri ospedalieri strettamente legati alla malattia diabetica sono conseguenti a problemi di “piede diabetico”. Il 60% di tutte le amputazioni agli arti inferiori in Italia sono in soggetti diabetici, e l’85% delle amputazioni agli arti inferiori è preceduta da un’ulcera al piede.

Il rischio di sviluppare ulcere diabetiche cresce con la durata del diabete, con lo scarso controllo della glicemia, con la presenza delle complicanze del diabete (retinopatia, nefropatia e neuropatia), con lo svantaggio socio-economico. Tra i fattori di rischio vi sono la presenza arteriopatia agli arti inferiori, la condizione di dialisi, la presenza di malformazioni ai piedi e l’avere già avuto un’ulcera o una amputazione.

L’amputazione è necessaria solo nei casi di grave infezione che minacci la vita del paziente, o di necrosi estesa a tutto il piede, o dove la presenza di ulcera o di dolore cronico siano un disagio più grave di quello conseguente a un’amputazione.

Esaminare periodicamente tutte le persone con diabete (screening) e identificare le persone a rischio serve a ridurre le amputazioni?

Nel 1998 è stato pubblicato uno studio della durata di 2 anni che ha messo a confronto lo screening del piede con il modello di cura tradizionale.

Lo screening comprendeva la ricerca dei polsi arteriosi ai piedi e la valutazione della sensibilità tattile e di quella vibratoria.

I pazienti erano inviati a un centro specializzato per la cura del piede solo se:
• venivano riscontrate ulcerazioni,
• avevano già avuto un’ulcera,
• l’indice di Windsor era alterato (< 0,75) o vi erano deformità ai piedi.

Il centro specialistico metteva a disposizione la consulenza del podologo, calzature di prevenzione e un programma educativo sulla prevenzione delle ulcere. I pazienti sottoposti a screening hanno mostrato una significativa riduzione di amputazioni maggiori rispetto a quelli trattati in modo tradizionale. È stata evitata un’amputazione maggiore ogni 91 pazienti sottoposti a screening.

Nel 2005 è stata pubblicata da Valk una revisione (sistematica) degli articoli pubblicati che ha incluso 9 studi che avevano valutato l’utilità dell’educazione del paziente. I risultati mostrano che l’educazione del paziente è importante nell’evitare amputazioni o ulcere nei pazienti ad alto rischio. Un solo studio ha valutato l’efficacia di un programma di screening e prevenzione nel ridurre la frequenza delle amputazioni. I risultati mostrano che i programmi di screening sono utili a evitare le amputazioni nella popolazione diabetica.

La qualità delle prove è complessivamente “molto bassa”, ma la raccomandazione da parte delle Società Scientifiche e dell’Istututo Superiore di Sanità a effettuare interventi educativi e di screening è “forte”, in quanto interventi di questo tipo apportano benefici su patologie rilevanti, quali ulcere e amputazioni, senza alcun rischio. La frequenza minima consigliata dei controlli è annuale.

Calzature terapeutiche e plantari su misura sono efficaci nel ridurre ulcere e amputazioni?

Gli Standard italiani per la cura del diabete mellito 2014 (le linee guida dei diabetologi) raccomandano con forza che “Ai pazienti con piede a rischio di lesioni devono essere prescritte calzature di qualità e plantari per ridurre i picchi di pressione a livello della superficie plantare del piede” e che “Nei pazienti con pregressa ulcera è indicata la prescrizione di ortesi (calzature idonee e plantari su misura) per la prevenzione delle recidive”.

Le evidenze scientifiche sono comunque scarse. Nel 1995 è stato pubblicato uno studio su 69 soggetti con ulcere diabetiche trattati con calzature tradizionali o con calzature di prevenzione; le calzature di prevenzione erano realizzate secondo requisiti ben definiti (calzata ampia per poter accogliere plantari personalizzati, tomaia in materiale termoformabile, suola rigida a barca). Tutti i partecipanti hanno ricevuto informazioni sulla cura dei piedi e sull’uso delle calzature. Dopo un anno lo studio ha dimostrato che le calzature di protezione riducevano la recidiva di ulcere del 31% rispetto alle calzature tradizionali. Purtroppo i diversi tipi di trattamento non sono stati assegnati ai pazienti in modo casuale e questo riduce la rilevanza dello studio, almeno in termini di evidence based medicine.

Nel 2008 Bus ha pubblicato una revisione (sistematica) degli articoli pubblicati. Dalle prove disponibili si consiglia l’uso di calzature terapeutiche per la prevenzione delle recidive delle ulcere del piede diabetico. Tuttavia, in questi studi vi è un’ampia gamma (eccessiva!) di interventi e le condizioni di controllo e la mancanza di standardizzazione ci impediscono di esprimere chiare raccomandazioni per quanto riguarda la progettazione ottimale di calzature per prevenire il ripetersi dell’ulcera.

Lo ‘scarico’ delle ulcere diabetiche neuropatiche migliora la guarigione?

L’effetto dei sistemi di scarico nella guarigione delle ulcere è legato alla riduzione della pressione alla pianta del piede nelle zone ulcerate.

Nel caso di un’ulcerazione alla pianta del piede, dovuta a picchi di forte pressione nel piede diabetico neuropatico, non altrimenti scaricabili, è indicato l’uso dello scarico totale del piede mediante gambaletto gessato o in fibra di vetro, a diretto contatto con la pelle, non rimovibile. Questo tipo di scarico è più efficace di tutte le altre modalità di scarico delle lesioni (calzature a suola rigida, scarpa di Barouk, tutori rimovibili), ma è controindicato in presenza di ischemia critica (difetto di circolazione arteriosa) del piede/arto inferiore.

Nella pratica clinica, seppure se non sostenuto da solide prove scientifiche, per le riduzioni di picco di pressione plantare minori si consiglia più semplicemente l’uso transitorio di calzature di scarico le cui tipologie possono variare dai semplici tutori bassi o alti a suola rigida con solette di scarico (in talismo, a nido d’ape, o su misura, qualora necessario), a tutori per scarico di ulcere calcaneari, sino a tutori rigidi a gambaletto.

La rivascolarizzazione delle arterie degli arti inferiori nei pazienti diabetici riduce le amputazioni maggiori?

La rivascolarizzazione degli arti inferiori permette di far affluire il sangue, e quindi ossigeno, ai tessuti del piede riducendo nella persona con diabete, quanto in quella senza diabete, il danno dell’ischemia, favorendo la guarigione delle ulcere vascolari, e quindi riducendo anche le amputazioni, sia quelle maggiori (al di sopra del metatarso) che quelle minori (transmetatarsali o dita), permettendo, inoltre, in alcuni casi la conversione delle amputazioni maggiori in amputazioni minori.

Esistono due tecniche di rivascolarizzazione: quella chirurgica (by-pass) e quella percutanea (angioplastica). Lo studio BASIL, che ha coinvolto 452 pazienti con severa ischemia agli arti inferiori (42% dei quali affetti da diabete), ha dimostrato come sia l’intervento di by-pass sia l’angioplastica ottengano a 5,5 anni la stessa sopravvivenza senza amputazione, siano quindi equivalenti come risultati. Faglia, in uno studio su 993 pazienti, ha dimostrato inoltre che l’angioplastica periferica per l’elevata applicabilità, la minore invasività, la bassa incidenza di complicazioni e la ripetibilità, oltre che per la possibilità di raggiungere le arterie più lontane sino al piede, è la tecnica di prima scelta nel trattamento dell’arteriopatia nel diabete. L’angioplastica è proponibile anche in soggetti con presenza di altre patologie, ridotta aspettativa di vita, grave danno ai tessuti del piede. Un consenso di diabetologi, chirurghi vascolari e angio-radiologi nel 2012 afferma che, una volta diagnosticato un difetto del flusso arterioso all’arto inferiore, la rivascolarizzazione deve essere sempre presa in considerazione, utilizzando l’angioplastica come approccio di prima scelta.