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Diabete.it

Studiare con Assal

Giovanni Careddu ha realizzato il sogno nel cassetto di molti diabetologi interessati all’Educazione Terapeutica. È l’unico medico italiano che ha ottenuto il Diploma di Formazione continua in Educazione Terapeutica presso l'omonima divisione dell’ospedale universitario di Ginevra, fondata da Jean-Philippe Assal. Come dire... laurearsi in teologia con il Papa in Vaticano.

Intervista a Giovanni Careddu

Romano, 46 anni, laureato e specializzato alla Cattolica di Roma, Giovanni Careddu si è recentemente diplomato alla Divisione di Educazione terapeutica (Centro collaboratore OMS) fondata a Ginevra da Jean Philippe Assal. Careddu è responsabile della Struttura di diabetologia del Presidio ospedaliero di Camogli della ASL3

Ho iniziato a occuparmi di educazione del paziente diabetico grazie ad Aldo Maldonato, fondatore del Gised, con cui ho avuto la fortuna di lavorare subito dopo la laurea. Ho subito sentito grande interesse per questo approccio che completava per non dire rivoluzionava la mia classica formazione scientifica. È da Aldo che ho sentito parlare di Jean Philippe Assal, fondatore del concetto e della filosofia dell’Educazione terapeutica, e da anni quindi coltivavo il sogno di conoscerlo e di frequentare la sua Divisione a Ginevra. In Italia, anche grazie al Gised, ho vissuto tantissime esperienze di grande interesse, penso per esempio ai Seminari di Villa Erba. Assal è di frequente relatore a convegni internazionali, molti di noi diabetologi hanno partecipato ai seminari tenuti nel paesino di Grimentz sulle alpi svizzere. Ma poter seguire un corso triennale sull’argomento è un altra cosa.

Questa esperienza mi è stata molto cara. Più facile dirlo che farlo, perché si tratta di recarsi a Ginevra dieci intere settimane. Viaggio a parte, Ginevra è la città più cara del mondo dopo Tokio e Hong Kong, le conversazioni si tengono tutte in francese, lingua che – potete immaginare – avevo studiato alla scuola media. Completamente a mie spese, aiutato dai pazienti e dai colleghi che hanno un po’ sopportato un po’ supplito le mie assenze sono riuscito a frequentare il corso, che ho terminato da poco.

Banchi? Quali banchi? Mi hanno chiesto che effetto fa tornare sui banchi a 44 anni. I banchi non c’erano, il Corso di diploma utilizza ovviamente le metodiche didattiche più avanzate: giochi di ruolo, lavori di gruppo, tecniche di valutazione, soprattutto esperienze concrete. Il tutto sempre mirato all’applicazione pratica nella nostra attività professionale, che è quella di curare i pazienti. Mettere in pratica: questa è stata la prima differenza con altri approcci all’Educazione Terapeutica. La seconda sorpresa è stata confrontarsi con esperienze molto diverse.

Non solo diabete… In realtà da diversi anni la struttura fondata da Assal a Ginevra è diventata una Divisione di insegnamento per le malattie croniche in generale. Già perché la diabetologia è semplicemente il campo in cui l’educazione terapeutica è più palesemente indispensabile. Al di fuori dell’Italia, dove è quasi sinonimo di diabetologia, l’educazione terapeutica è stata applicata con successo in molti settori, pensiamo all’asma per esempio. Inoltre, tra i 13 allievi del corso, ho incontrato un solo altro medico (che si occupa di pazienti alcolisti) e, invece, molte altre figure di operatori sanitari: infermiere specializzate nella riabilitazione cardiologica o nella medicina comunitaria, una dietista proveniente dal prestigioso Steno Hospital di Copenhagen. Prima ancora delle sessioni didattiche, quindi, era interessantissimo lo scambio di esperienze fra persone che operavano in contesti socio sanitari e clinici diversi, con ruoli differenti.

L’internazionale dell’Educazione Terapeutica: il corso ha visto la partecipazione come docenti dei maggiori epigoni francofoni della specialità: D’Ivernois e Gagnayre, dell’Università di Parigi, il belga Deccache dell’Università di Lovanio, tutti responsabili di Centri collaboratori dell’OMS per l’Educazione. Senza parlare di tutti gli altri esperti in psicologia, pedagogia, medicina sociale che ci hanno aperto gli occhi da una parte sull’importanza dell’aspetto pedagogico, dall’altra sulla grande flessibilità e creatività che richiede l’Educazione terapeutica. Insomma è stata una esperienza unica.

Cosa torna in tasca ai miei pazienti? Non rimpiango quindi ne il tempo che ho sacrificato né (pur essendo ormai ligure da 12 anni) i soldi spesi. È lecito chiedersi però se e in che modo tutto questo torni a vantaggio dei pazienti che hanno avuto qualche inconveniente dalle mie assenze. Un primo risultato esiste. Il mio lavoro di diploma è consistito infatti nel progettare e discutere un intervento di educazione terapeutica nel campo dell’alimentazione nel diabete. Nel piccolo (ma nemmeno tanti piccolo: 1500 pazienti) servizio di Diabetologia dell’ospedale di Camogli i corsi di educazione alimentare sono ormai strutturati e fanno parte integrante dell’attività che porto avanti insieme alla mia équipe. Secondo le direttive dell’OMS a livello europeo, l’Educazione terapeutica dovrà essere garantita da una formazione specifica degli operatori, certificata da un Diploma come quello di Ginevra. Recentemente lo stesso Jean-Philippe Assal ci ha gratificato della sua visita, e con la sua supervisione ha dato una attestazione di qualità al nostro lavoro.

Forte dell’esperienza fatta, con la mia équipe stiamo già programmando altri argomenti per i prossimi corsi di educazione sul diabete. Prospettive per il futuro? Mi piacerebbe estendere l’approccio educativo, per esempio stabilire una collaborazione a lungo termine con i Medici di Medicina generale, o con altre strutture impegnate nell’Educazione terapeutica. Un altro sogno da realizzare.