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Diabete No Grazie

“Svapare” fa bene o no?

Sicuri che l’e-cig sia innocua? O meno pericolosa delle classiche “bionde”? La risposta è: no. Almeno per quanto riguarda la glicemia. Lo dice un ampio studio statunitense condotto su oltre 600.000 persone…

A cura di Stefano Parini

“Io svapo, tu svapi, egli svapa…”. Voce del verbo “svapare”.

Linguaggio gergale? No! L’Accademia della Crusca definisce così “l’atto di emettere dalla bocca vapore acqueo aromatizzato utilizzando uno strumento (costituito da batteria ricaricabile, un circuito elettrico, un filtro e un vaporizzatore) detto svapo”. “Svapatore” è quindi chi ne fa uso, mentre svapata è l’emissione di vapore aromatizzato. Ed è quello che fa chi “fuma” con la cosiddetta sigaretta elettronica. Il neologismo – derivato dal to vape inglese, cioè vaporizzare – vuole sottolineare come la sigaretta elettronica generi solo vapore, a differenza di quella tradizionale che con la combustione produce fumo.

È noto che il fumo di sigaretta – fra i tanti danni che determina alla salute – aumenta il rischio di insorgenza di diabete. In particolare, secondo dati del Center for Disease Control and Prevention (CDC) degli Stati Uniti, i fumatori tradizionali di sigarette hanno dal 30 al 40% in più di probabilità rispetto ai non fumatori di sviluppare il diabete tipo 2. E questo con effetto dose-dipendente: chi accende almeno 20 sigarette al giorno ha un rischio di diabete superiore del 61%, mentre per i fumatori “leggeri” la percentuale di rischio è più elevata del 29% rispetto ai non fumatori.

E allora perché non “svapare”, utilizzando la e-cig?

Chi ne promuove l’uso, ne decanta la completa innocuità e la grande efficacia per superare la dipendenza dal fumo. Il grande pubblico percepisce le sigarette elettroniche come sicure, certamente meno dannose delle sigarette tradizionali.

Molto più prudente sinora è l’ambiente scientifico, perché ad oggi non disponiamo di dati che dimostrino che la sigaretta elettronica riduca il rischio di tumore, di malattie cardiovascolari, di malattie respiratorie e di dipendenza. A tal proposito è significativo che la Food and Drug Administration (l’ente americano che regola la commercializzazione di farmaci e prodotti con impatto sulla salute) ne ha approvato la vendita con le stesse restrizioni delle sigarette comuni, e non ha autorizzato la richiesta di pubblicizzarle come meno pericolose delle classiche “bionde”.

Alla luce di tutto ciò, appare molto interessante un recente studio che mostra come l’e-cig possa determinare alterazioni della glicemia definite come “prediabete”, cioè un livello di glucosio nel sangue a digiuno di 100-125 mg/dl, oppure di una glicemia compresa fra 140-199 mg/dl dopo 2 ore dall’assunzione di 75 g di glucosio. E il “prediabete” è un grande problema di salute: secondo dati del CDC tale condizione interessa il 38% degli adulti statunitensi, cioè più di 1 adulto su 3, e – oltre a poter evolvere in diabete propriamente detto – aumenta di per sé il rischio di malattie cardiovascolari.

I dati raccolti intervistando 600.046 statunitensi di età superiore a 18 anni utilizzatori di sigarette elettroniche hanno mostrato che il 9% riferiva la diagnosi di prediabete. Scomponendo tale dato, emergeva che quanti utilizzavano contemporaneamente la sigaretta tradizionale a combustione e quella elettronica a vaporizzazione avevano un prediabete nel 10,2% dei casi, mentre la percentuale scendeva al 5,9% per quanti utilizzavano solo la e-cig.

Pertanto, se è vero che l’e-cig quasi dimezza il rischio di prediabete rispetto al fumo tradizionale, deve essere tuttavia ben chiaro che non è affatto innocua, almeno per quanto riguarda la glicemia.

Quindi, dato che per far regredire il prediabete dobbiamo migliorare lo stile di vita per alimentazione, controllo del peso, regolare attività fisica e abolizione del fumo di sigaretta, è anche bene evitare di svapare, consuetudine che nel 2016 interessava il 4,5% della popolazione statunitense, cioè più di 10 milioni di persone adulte.


The Association Between E-Cigarette Use and Prediabetes: Results From the Behavioral Risk Factor Surveillance System, 2016-2018
AJPM, marzo 2022