Vuoi perdere peso? Cammina
Giuseppe Fatati
Responsabile della SC di Diabetologia e nutrizione clinica dell’ospedale di Terni e Presidente della Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica (ADI)
Il modo migliore per prevenire il diabete di tipo 2 è perdere peso. Quasi tutte le persone con questa forma di diabete sono infatti sovrappeso o obese. E non è un caso. Il grasso, soprattutto quello addominale rende l’organismo progressivamente ‘sordo’ all’insulina. Il pancreas deve produrre sempre più insulina e a un certo punto non ce la fa più.
Ma come si fa a perdere peso? Chiedendolo a Giuseppe Fatati ci si attenderebbe come risposta una lunghissima serie di consigli nutrizionali. Fatati è infatti presidente della Associazione italiana di dietetica e nutrizione clinica, società scientifica dei medici che si occupano di nutrizione.
Sorprendentemente invece Fatati sposta il discorso. «Agendo sulla sola alimentazione è ben difficile perdere peso in modo stabile e continuativo», esordisce. Se fosse così semplice l’epidemia di diabete non si sarebbe verificata oggi. «Non è vero che oggi mangiamo più di 20 anni fa», spiega Fatati, responsabile dell’unità operativa di diabetologia e dietetica clinica dell’Azienda ospedaliera Santa Maria di Terni. Le raccomandazioni dei nutrizionisti, per quanto schematizzate e un po’ distorte hanno fatto breccia nella mentalità comune, «Guardiamo ai menù dei ristoranti, guardiamo alla dimensione dei piatti: hanno un diametro inferiore e le scodelle sono meno profonde di quelle che si usavano anche solo nel dopoguerra», fa notare.
Le anamnesi nutrizionali fatte dal team di Fatati lo confermano. «Oggi è ben difficile trovare l’obeso iperfagico, la persona che è grassa perché davvero mangia troppo», spiega. La media potrebbe essere di 1400 calorie tra pranzo e cena cui si aggiungono colazione, merende e fuori pasto per un totale di 2 mila calorie al giorno.
E allora? La risposta è semplice: basta chiedere a queste persone se fanno esercizio fisico, la risposta nel 60% dei casi è ‘mai’ oppure ‘molto di rado’. E non è solo questo: «Troviamo sempre nuovi modi per eludere la fatica, il dispendio energetico», continua il diabetologo e medico nutrizionista ternano. Chi lavora più in piedi? Chi cammina più di due-tre chilometri in una giornata media? Chi fa le scale? Sul sedile di un auto ci spostiamo dalla poltrona dell’ufficio al divano di casa. In queste condizioni il dispendio energetico è minimo.
Visto che si dimagrisce solo assumendo meno calorie di quelle che si spendono, «dimagrire in queste condizioni di totale sedentarietà significherebbe assumere poche centinaia di calorie al giorno, un obiettivo insostenibile se non forse per brevi periodi», spiega il presidente della ADI.
C’è di più, ma per spiegarlo occorre illustrare un concetto poco noto, la termogenesi. Il nostro corpo quando è esposto a temperature significativamente inferiori, si difende producendo calore attraverso un impercettibile movimento dei muscoli, una sorta di ‘tremito’ che produce calore (il tremito che percepiamo quando siamo esposti al gelo è la versione ‘amplificata’ della termogenesi). La termogenesi è una quota significativa del dispendio energetico. «E, aprendo una parentesi, vorrei dire che il peso è una ragione in più per tenere i termosifoni d’inverno a 18 e non a 24 gradi come si usa oggi», ricorda Fatati.
Sono i muscoli a bruciare le calorie che assumiamo attraverso la termogenesi e attraverso il lavoro fisico. «Se una persona dimagrisce in assenza di esercizio fisico, un terzo della massa che perde è composta da muscoli. Se perde muscoli perde possibilità di bruciare calorie, a parità di calorie quindi finirà con ingrassare più di prima».
Insomma perdere peso agendo solo sull’alimentazione non è possibile (se non per le persone obese) e non è nemmeno salutare. La dieta (che in greco vuol dire insieme di buone abitudini) ‘ideale’ prevede un mix di interventi sull’alimentazione ma soprattutto ridurre la sedentarietà e fare ogni giorno un esercizio fisico significativo, «non c’è bisogno di andare in palestra, basta camminare per mezz’ora a passo svelto», spiega Fatati.
Così facendo non è detto che si perda peso, «ma la bilancia non è l’unico indicatore. Quando si inizia a fare del movimento si perde grasso ma aumenta la massa muscolare, il peso può essere eguale ma la capacità del corpo di disperdere calorie è molto aumentata». Questo vale anche per chi lamenta di provare molto più appetito dopo l’esercizio fisico, «si prova appetito, ma non è detto che si mangi di più. Forse capiterà le prime volte E comunque, grazie a quell’ora di esercizio fisico che magari ha bruciato solo 150 calorie, il mio organismo brucerà per tutte le ore seguenti molte più calorie di prima. Inutile cercare scuse. L’esercizio fisico non ha controindicazioni e i risultati che si possono ottenere grazie a esso sono praticamente illimitati, mentre una restrizione alimentare incontra un limite naturale nella valorizzazione emotiva e sociale legata al cibo».
Ciò detto qualcosa si può fare anche sul fronte cibo, i consigli migliori sono ovviamente quelli che possono essere forniti caso per caso dal medico specialista, «ma alcuni messaggi si possono dare comunque, soprattutto sui tempi e sui ritmi del cibo». Un consiglio un po’ sorprendente è quello di alzarsi da tavola sazi. Detta da un medico che generalmente propone restrizioni alimentari sembra una presa in giro. Ma non è così. «Saziarsi non vuol dire mangiare tanto. La sensazione di sazietà dipende dal numero di atti masticatori, dal tempo che si impiega a mangiare e dalla quantità di fibre inserite nel pasto», spiega Fatati citando fatti noti e comprovati. «Oggi invece gli alimenti che si acquistano sono sempre più soffici e veloci da mangiare». L’ideale è quindi masticare molto e impiegare almeno mezz’ora per finire il pasto. La sensazione di sazietà infatti arriva dopo un certo tempo dall’inizio del pasto. Secondo Fatati, ma questa non è evidence based medicine, anche la ritualità legata al pasto: il preparare, cucinare, apparecchiare la tavola e attendere contribuisce a facilitare la sensazione di sazietà.
Essere sazi è importante perché scongiura i fuori pasto: «Mangiamo sempre meno a tavola e sempre di più fuori dai pasti e questo è doppiamente sbagliato», avverte Fatati, prima di tutto perché i fuori pasto sono generalmente più ricchi di zuccheri e grassi dei pasti, «in secondo luogo perché si finisce con lo sfasare il nostro orologio biologico».