Deprescrizione di farmaci preventivi nei pazienti in cure palliative affetti da plurime patologie croniche negli ultimi 12 mesi di vita: studio retrospettivo di coorte Clinical Practice Research Datalink
Punti chiave
Domanda: Qual è l’attuale tendenza alla deprescrizione farmacologica dei trattamenti preventivi negli ultimi 12 mesi di vita dei pazienti in cure palliative?
Risultati: Uno studio di coorte retrospettivo, condotto nel Regno Unito, ha analizzato 1322 pazienti reclutati mediante il Clinical Practice Research Datalink Gold e il registro decessi dell’ufficio nazionale di statistica. Sono stati inclusi pazienti di età ≥50 anni, in cure palliative, con una diagnosi di patologia cardiometabolica e una prescrizione farmacologica effettuata almeno 12 mesi prima del decesso. I farmaci prescritti a fini preventivi potevano includere: antiperglicemizzanti orali, antiaggreganti piastrinici, ipolipemizzanti, anticoagulanti, antipertensivi e farmaci volti al controllo della frequenza cardiaca. La deprescrizione è stata definita come la completa sospensione della prescrizione farmacologica, seguita da una rivalutazione periodica con cadenza trimestrale. Dall’analisi è emerso che soltanto il 4,46% dei pazienti ha sperimentato un intervento di deprescrizione e la categoria farmacologica maggiormente coinvolta è stata quella degli antipertensivi.
Significato: La deprescrizione farmacologica, auspicata nei pazienti in fase terminale al fine di ridurre gli effetti avversi e il distress derivanti dall’assunzione di un elevato numero quotidiano di farmaci, è ancora molto poco praticata. Si rende necessaria la stesura di linee-guida univoche relativamente a tale aspetto per poter aumentare la sicurezza percepita nella semplificazione terapeutica da parte degli operatori sanitari. È altresì necessaria un’adeguata comunicazione medico-paziente, al fine di motivare le scelte farmacologiche intraprese senza destare una sensazione di abbandono nell’assisito e nei suoi familiari.
29 maggio 2025 (una collaborazione tra il gruppo Diabete e cure palliative e il gruppo ComunicAzione) – A cura di Felicia Visconti e Marina Valenzano
Che cosa si sa già? Nel setting delle cure palliative è necessario trovare il giusto equilibrio tra l’inerzia terapeutica e l’overtreatment. Nel fine vita la deprescrizione, intesa come l’interruzione dell’assunzione di un farmaco, ha l’obiettivo di minimizzare gli effetti negativi derivanti dalla politerapia, con l’intento di migliorare la qualità della vita del paziente.
Il modello biomedico per l’assistenza sanitaria incoraggia tuttavia i medici a prescrivere in conformità con le linee-guida per singole patologie, spesso senza considerare le comorbilità del paziente, senza condividere sempre il processo decisionale con l’assistito e i suoi caregiver e con una certa resistenza all’interruzione di un farmaco già iniziato da un altro medico. Ridurre o interrompere in modo sicuro i farmaci offre vantaggi significativi sia per il paziente sia per il sistema sanitario. Esistono, tuttavia, numerosi ostacoli, tra cui la mancanza di linee-guida basate sull’evidenza scientifica e la scarsa consapevolezza della sicurezza degli interventi di sospensione della prescrizione, che ostacolano il processo della semplificazione terapeutica. Gli studi, infatti, hanno dimostrato che i medici affrontano con difficoltà la fase terminale della vita a causa dell’incertezza clinica, della mancanza di linee-guida e delle complessità dei regimi di trattamento e degli obiettivi di cura.
Quali sono le nuove evidenze? Lo studio condotto nel Regno Unito da Elizabeth Hickman (Leicester Diabetes Centre, University of Leicester, Leicester General Hospital, Leicester, UK) e colleghi, e pubblicato su Primary Care Diabetes, esamina le modalità di deprescrizione relativamente a sei classi di farmaci preventivi (antiperglicemizzanti orali, antiaggreganti piastrinici, ipolipemizzanti, anticoagulanti, antipertensivi e farmaci volti al controllo della frequenza cardiaca). Sono stati arruolati 1322 pazienti, con età ≥50 anni, affetti da patologia cardiometabolica e in cure palliative, valutando le prescrizioni effettuate negli ultimi 12 mesi di vita. Dai risultati emerge come la deprescrizione sia stata effettuata soltanto in una piccola coorte di pazienti (4,46%). I farmaci più frequentemente sospesi sono stati gli antipertensivi (8,8%). Gli ipolipemizzanti sono stati sospesi soltanto nel 5,34% dei pazienti, il warfarin nel 7,14%, gli antiaggreganti nel 5,42% e la digossina nel 3,86%. Per quanto riguarda la terapia diabetologica, la metformina è stata sospesa nella quasi totalità dei pazienti che ne faceva uso, mentre sono state confermate le sulfoniluree, gli SGLT2i e i GLP-1 RA.
Commenti e spunti per la pratica clinica. Nonostante la deprescrizione farmacologica sia fortemente consigliata nel paziente in fase terminale, a oggi vi è ancora la tendenza al mantenimento di terapie finalizzate alla prevenzione cardiometabolica nel setting delle cure palliative. I principali ostacoli alla semplificazione terapeutica sono rappresentati, da un lato, dalla preoccupazione in merito alla responsabilità medica, con il timore di contenziosi che rendono eccessivamente cauti gli operatori sanitari e, dall’altro, dalla resistenza e della diffidenza da parte dei pazienti o dei loro caregiver che talvolta percepiscono la riduzione della quantità di farmaci somministrati come un mancato interesse nei confronti delle patologie croniche antecedenti l’ingresso nella fase terminale. Si rendono quindi necessarie, sia delle linee-guida chiare in merito alla deprescrizione terapeutica nel contesto delle cure palliative, sia un’adeguata comunicazione tra i pazienti e gli operatori sanitari. Questi ultimi, infatti, devono motivare le scelte farmacologiche intraprese, al fine di creare l’indispensabile alleanza terapeutica con gli assistiti e i loro caregiver.
LEGGI E SCARICA L’ARTICOLO ORIGINALE: Prim Care Diabetes 2025 Jun;19(3):288-95
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