Diabete mellito, livelli di colesterolo LDL e rischio di frattura: studio retrospettivo danese caso-controllo
A cura di Maurizio Patrone per il Gruppo AMD: Diabete e Inpatient
2 maggio 2016 (Gruppo ComunicAzione) – E’ noto che il diabete mellito si associa a un aumentato rischio di frattura. L’odds ratio di fratture d’anca è stato dimostrato essere pari a 6,9 (IC 95% 3,3-14,8) nei diabetici tipo 1 e 1,4 (IC 95% 1,3-1,5) nei diabetici tipo 2. Vista l’alta prevalenza di diabete tipo 2 nella popolazione generale, tali pazienti costituiscono la maggior parte del numero totale di fratture fra i diabetici. Il FRAX score, un indice che determina il rischio predittivo a 10 anni di frattura prendendo in considerazione i valori di BMD e dei comuni fattori di rischio, risulta meno significativo nei pazienti diabetici. Uno studio osservazionale (Tromso Study) condotto nel 2006 aveva dimostrato che il colesterolo HDL aveva un valore protettivo contro le fratture, mentre nello stesso studio non era stato valutato l’impatto che poteva avere il colesterolo LDL: ciò poteva aver influenzato l’interpretazione dei risultati. Un successivo studio (GLOW Study) non aveva dimostrato alcuna correlazione fra ipercolesterolemia e fratture nei diabetici.
Recentemente, sulla rivista British Medical Journal è stato pubblicato uno studio del Dott. Jakob Starup-Linde (Aalbotg, Danimarca) e coll. che ha avuto lo scopo di valutare se i farmaci ipoglicemizzanti o i comuni parametri biochimici di routine (con particolare riguardo al colesterolo LDL) fossero associati a un rischio aumentato di frattura nei pazienti diabetici.
In questo studio retrospettivo gli autori, utilizzando il Registro Nazionale Danese delle dimissioni ospedaliere, hanno conteggiato le dimissioni ospedaliere di pazienti diabetici tipo 1 e tipo 2 in cui la diagnosi principale era una frattura ossea relativamente al periodo compreso fra l’1 gennaio 1977 e il 31 dicembre 2011. Sono stati quindi raccolti i dati di 156.698 diabetici, e di essi sono stati valutati i valori di colesterolo LDL di 2627 pazienti. Nell’analisi, i valori di colesterolo totale erano associati a un aumentato rischio di frattura (2,50; IC 95% 1,20-5,21), mentre i valori di colesterolo LDL si associavano a un rischio di frattura significativamente ridotto (0,34; IC 95% 0,16-0,74). I dati non si modificavano anche dopo aggiustamento per pazienti che facevano uso prolungato di statine rispetto a pazienti da poco in terapia ipolipemizzante. Tali dati erano più marcati per i diabetici tipo 2 rispetto ai tipo 1.
In conclusione, lo studio individua un’associazione fra rischio di frattura ridotto e livelli di colesterolo LDL nei pazienti diabetici, soprattutto i tipo 2. Valori di colesterolo LDL più elevati, pari a 3,04-5,95 mmol/l (118-230 mg/dl) sono risultati associati ad un ridotto rischio di frattura rispetto a valori più bassi (0-1,5 mmol/l; 58 mg/dl), che risultano essere associati a un più alto rischio di frattura. Quindi, valori elevati di colesterolo LDL entrano in conflitto con quelli di LDL raccomandati per i diabetici per ridurre il rischio cardiovascolare.
Lo studio sembrerebbe indicare che i valori target di colesterolo LDL per ridurre il rischio cardiovascolare aumenterebbero il rischio di frattura nei pazienti diabetici, soprattutto i tipo 2. Questo potenziale effetto collaterale dovrebbero essere meglio valutato in trial disegnati ad hoc al fine di determinare il target ottimale dei valori di colesterolo LDL nei pazienti diabetici.
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