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Diabete tipo 2: l’empagliflozin riduce il rischio di calcoli renali

Punti chiave

Domanda: I farmaci glicosurici (SGLT2i) usati per la terapia del diabete possono dare un beneficio anche sulla riduzione della formazione di calcoli renali?

Risultati: Nelle persone affette da diabete tipo 2, l’uso di empagliflozin è stato associato a una riduzione di quasi il 40% del rischio di calcoli renali rispetto al placebo, secondo i risultati di un’analisi di recenti studi clinici randomizzati.

Significato: L’acidosi metabolica legata al diabete può causare un aumento dell’escrezione di sali di acido urico e la formazione di calcoli renali. Ciò spiegherebbe l’aumentato rischio di calcoli renali riscontrato nelle persone diabetiche. Gli SGLT2i, grazie al loro effetto glicosurico, sembrano ridurre il rischio di calcolosi renale nelle persone con diabete.


A cura di Gemma Frigato

18 luglio 2022 (Gruppo ComunicAzione) – La nefrolitiasi è un problema comune con una prevalenza globale stimata fino al 15%. L’aumento dell’incidenza osservato negli ultimi decenni è probabilmente il risultato dei cambiamenti nella dieta e nello stile di vita e, dopo un iniziale evento di calcolo, sono frequenti le possibilità di una recidiva con quasi il 50% dei pazienti che sperimenta almeno un secondo episodio. I calcoli delle vie urinarie possono avere un impatto negativo sulla funzione renale e sono stati associati a un aumentato rischio di malattia renale cronica.

Sulla base dei risultati di un recente studio osservazionale, che ha suggerito come l’uso di SGLT2i possa ridurre il rischio di nefrolitiasi nelle persone con diabete tipo 2 rispetto ai GLP-1RA, alcuni ricercatori hanno cercato di valutare la potenziale riduzione del rischio fornita da empagliflozin utilizzando i dati di studi clinici randomizzati. I risultati della ricerca sono stati pubblicati di recente sul JCEM da Priyadarshini Balasubramanian (Section of Endocrinology and Metabolism, Yale School of Medicine, New Haven, CT; USA) e coll.

Complessivamente, sono stati analizzati i dati di 15mila adulti che hanno partecipato a 20 studi randomizzati e controllati con placebo. Della coorte di studio, poco più di 10mila pazienti sono stati trattati con empagliflozin alle dosi di 10 o 25 mg e quasi 5000 hanno ricevuto il placebo. Il tempo mediano di esposizione è stato di 549 giorni per il gruppo empagliflozin e di 543 giorni per il placebo. Della coorte di studio, 183 soggetti hanno avuto un evento di calcolo del tratto urinario incidente, di cui 104 con empagliflozin e 79 con placebo. I rapporti del tasso di incidenza (IRR) annuali erano di 0,63 per 100 anni-paziente per il gruppo empagliflozin e 1,01 per 100 anni-paziente per il placebo. Gli adulti che assumevano empagliflozin avevano un IRR inferiore per la nefrolitiasi incidente rispetto al placebo (IRR = 0,64). I ricercatori hanno anche sottolineato che tutti gli eventi, tranne uno, si sono verificati in pazienti senza una precedente storia di calcoli del tratto urinario.

Secondo gli autori del paper sono diversi i possibili meccanismi che potrebbero spiegare perché l’uso del farmaco comporta un’incidenza inferiore di nefrolitiasi:

  • aumento del flusso urinario e diluizione delle sostanze litogeniche nelle urine
  • diminuzione della sovrasaturazione del fosfato di calcio
  • aumento dell’escrezione di bicarbonato
  • e tale aumento nelle urine potrebbe fornire un ambiente alcalino e quindi prevenire la formazione di calcoli anche nei pazienti con urato urinario elevato.

Gli autori ritengono siano comunque necessari ulteriori studi clinici prospettici randomizzati per confermare questi risultati. Dovrebbero essere condotte anche ricerche sul profilo litogenico dell’urina nei soggetti predisposti alla formazione di calcoli renali dopo l’uso di un SGLT2i per fornire dati sui meccanismi sottostanti.


J Clin Endocrinol Metab. 2022 Jun 16;107(7):e3003-7

PubMed


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