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Disuguaglianze in ambito professionale fra uomini e donne: un problema attuale, purtroppo, anche in diabetologia

Punti chiave

Domanda: Quanto sono rappresentate e dunque riconosciute le competenze femminili in ambito diabetologico?

Risultato: L’analisi dei dati ottenuti dalle principali società scientifiche e federazioni diabetologiche di rilevanza mondiale (ADA, EASD, JDRF) ha evidenziato una scarsa presenza di donne professioniste in diabetologia per quanto concerne i ruoli apicali societari, dei comitati editoriali e delle attività di ricerca, a fronte, invece, di un’alta rappresentanza nei ruoli assegnati al settore educativo.

Significato: Anche in ambito diabetologico si conferma, purtroppo, la tendenza a delegare alle donne ruoli inerenti all’assistenza ed all’educazione, riservando più spesso agli uomini i ruoli apicali, manageriali e nell’ambito della ricerca clinica.


A cura di Sara Balzano, Elisabetta Romeo e Marina Valenzano

13 maggio 2024 (Una collaborazione fra gruppo Medicina di Genere e gruppo ComunicAzione) — La popolazione femminile costituisce più della metà della popolazione mondiale e negli Stati Uniti d’America il sesso femminile è ampiamente rappresentato anche tra i laureati in medicina (47%). Tuttavia, le donne sono decisamente poco rappresentate nelle posizioni lavorative apicali, con una netta disparità, rispetto agli uomini, in termini di avanzamento di carriera e di retribuzione economica. Vi è anche una disparità di trattamento per quanto riguarda le opportunità di relazionare agli eventi culturali, di partecipare a comitati editoriali e di ricevere premi.

Un’indagine pubblicata su Diabetes Care in tempi abbastanza recenti ha esplorato quale sia la situazione all’interno della comunità scientifica diabetologica, con particolare riferimento alla collocazione del sesso femminile ed a come questa si sia evoluta nel tempo.

Sono stati analizzati i dati ricavati dai database dell’ADA, dai siti internet e dai registri EASD e JDRF, rilevando un coinvolgimento femminile fra il 40 e il 45% sul totale dei partecipanti alle sessioni scientifiche tra il 2016 e il 2020, in termini di presenza, moderazione e presentazione di relazioni. Nonostante ciò, in un periodo ben più ampio, compreso fra il 1970 e il 2020, soltanto l’11% delle presidenze della sezione scientifica dell’ADA è stato assegnato a donne; molto più rappresentate, invece, (83%) tra le presidenze della sezione volta all’educazione e all’attività assistenziale. Tale discrepanza si registra anche per quanto riguarda i comitati editoriali di riviste internazionali che si occupano di ricerca scientifica (dal 21 al 34% di editrici per Diabetes Care e Diabetes) e di quelli dedicati agli aspetti educativi correlabili alla malattia diabetica (dal 49 all’89% di editrici per Clinical Diabetes e Diabetes Spectrum). Ancora, una netta disuguaglianza ha riguardato l’assegnazione di onorificenze (circa un decimo), premi alla carriera (meno di un terzo), e fondi di ricerca (meno della metà) conferiti da ADA, JDRF, EASD alle donne.

La tendenza a delegare alle donne ruoli inerenti alla cura, all’educazione, all’assistenza per le persone con diabete e riservare agli uomini ruoli apicali di ricerca clinica e di governo, in ambito scientifico, è quindi confermata anche per quanto riguarda il mondo della diabetologia dove restano enfatizzati quelli che sono storicamente identificati come ruoli gender-related (correlati al sesso).

Fortunatamente, sono in atto più iniziative a livello globale, volte a sovvertire tale tendenza per supportare la carriera di professioniste in campo diabetologico. Gli autori stessi dell’indagine avanzano alcune ipotesi per trovare soluzioni al problema, come ad esempio:

  • applicare strumenti di monitoraggio per il riconoscimento e la correzione del bias di genere (a volte inconscio) a tutti i livelli (formazione, assunzione, promozione professionale ecc.);
  • istituire commissioni dedicate in ogni settore (dai tavoli societari ai comitati di valutazione ed editoriali) e progetti mirati a cui allocare risorse e premiazioni ad hoc;
  • monitorare i progressi ottenuti nel tempo e modificare di conseguenza politiche e procedure che possono generare disparità;
  • prediligere collaborazioni con enti e privati che rispettano i medesimi regolamenti e dimostrano attenzione per la causa.

In conclusione, sarebbe davvero di buon auspicio se la comunità diabetologica appoggiasse tali scelte, diventando persino un modello di equità per le altre discipline mediche.


Diabetes Care 2021;44(8):1734-43

PubMed


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