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Effetto di empagliflozin sul grasso epatico in pazienti con diabete di tipo 2 e Non-Alcoholic Fatty Liver Disease: il trial randomizzato, controllato E-LIFT

A cura di Enrico Pergolizzi

10 settembre 2018 (Gruppo ComunicAzione) – La steatosi epatica non alcolica (non-alcoholic fatty liver disease, NAFLD) spesso coesiste con il diabete tipo 2 (DMT2). La presenza di DMT2 nei pazienti con NAFLD è un fattore di rischio di progressione verso la steatoepatite non alcolica (non-alcoholic steato-hepatitis, NASH), una forma grave di NAFLD che può progredire ulteriormente verso la fibrosi epatica, la cirrosi e la neoplasia del fegato. La NAFLD può essere causa anche di varie complicanze extraepatiche; infatti, è un fattore di rischio indipendente per malattie cardiovascolari, DMT2 e malattie renali croniche. La patogenesi della NAFLD è complessa e comprende insulino-resistenza, stress ossidativo, perossidazione lipidica e disfunzione mitocondriale. L’insulino-resistenza è il fattore più importante per lo sviluppo del DMT2 e della NAFLD. Diverse terapie per la cura del DMT2 sono state studiate nel trattamento della NAFLD con risultati diversi, tra queste la modifica dello stile di vita, la metformina, il pioglitazone e la liraglutide.

Empagliflozin è un inibitore del cotrasportatore 2 sodio-glucosio (SGLT2i), favorisce l’escrezione urinaria di glucosio, che, a sua volta, riduce i livelli plasmatici di glucosio e migliora la resistenza all’insulina. Il miglioramento della resistenza all’insulina si traduce in un blocco della lipogenesi epatica de novo. Pertanto, gli SGLT2i dovrebbero migliorare NAFLD e/o NASH.

In studi preclinici su modelli di roditori, gli SGLT2i hanno migliorato NAFLD e NASH, ma i dati sull’uomo sono scarsi; per questo motivo, Mohammad Shafi Kuchay (Division of Endocrinology and Diabetes, Medanta-The Medicity Hospital, Gurugram, Haryana, India) e coll. hanno condotto uno studio per esaminare l’effetto dell’empagliflozin sul grasso epatico in pazienti con DMT2 e NAFLD. I risultati sono stati pubblicati recentemente sulla rivista Diabetes Care.

Il grasso del fegato è stato misurato valutando la densità protonica della frazione grassa attraverso la risonanza magnetica (RM-DPFG). Sono stati arruolati 50 pazienti con DMT2 e NAFLD, assegnati casualmente al gruppo empagliflozin (trattamento standard per il DMT2 più empagliflozin 10 mg al giorno) o al gruppo di controllo (trattamento standard senza empagliflozin) per 20 settimane. Outcome primario era la variazione del grasso epatico, gli outocome secondari erano le variazioni dei livelli degli enzimi epatici, alanina transaminasi (ALT), aspartato transaminasi (AST) e γ-glutammiltransferasi (GGT).

È stato mantenuto un sovrapponibile compenso glicemico tra i due gruppi, adeguando anche gli altri farmaci ipoglicemizzanti in modo da ottenere gli stessi risultati su glicemia plasmatica a digiuno e HbA1c, così che tali parametri non avessero effetto sul grasso epatico.

Il gruppo che assumeva empagliflozin ha avuto una significativa riduzione del grasso epatico (differenza media RM-DPFG con il gruppi di controllo -4,0%; p <0,0001). Rispetto al basale, è stata evidenziata una riduzione significativa nel gruppo con empagliflozin (dal 16,2 all’11,3%; p <0,0001), non significativa nel gruppo di controllo (dal 16,4 al 15,5%; p = 0,057).

Un terzo dei soggetti del gruppo empagliflozin non ha avuto un significativo calo ponderale (<2,0 kg), ma tutti hanno comunque avuto una riduzione significativa del grasso epatico, dimostrando che la sua riduzione era indipendente dal calo ponderale.

Entrambi i gruppi mostravano una variazione significativa del livello di ALT (p = 0,005) ma differenze non significative per AST (p = 0,212) e GGT (p = 0,057).

I ricercatori hanno riconosciuto i punti di forza ma anche i limiti del loro studio. Un punto di forza è stato il disegno randomizzato, controllato e lo scenario real-worldin cui i pazienti seguivano un trattamento standard per il DMT2 e altre comorbilità. Altro punto di forza è stato l’uso della RM-DPFG, un preciso e accurato biomarcatore di immagini, per la quantificazione del grasso epatico.

Per quanto riguarda i limiti, in primo luogo, non è stato usato il placebo nel gruppo di controllo perché lo studio era real-worlde quindi tutti i soggetti seguivano già un trattamento standard per il DMT2 e le comorbilità. In secondo luogo, la RM-DPFG fornisce solo informazioni sui cambiamenti del grasso epatico e non sullo stato infiammatorio, sulla degenerazione degli epatociti e sulla fibrosi. Infine, la popolazione dello studio utilizzava altri farmaci sia ipoglicemizzanti sia per terapie collaterali, per i quali non può essere esclusa un’interazione, anche se minore, sul grasso epatico.

In definitiva, i ricercatori concludono ribadendo che il loro studio ha dimostrato che l’empagliflozin riduce significativamente il grasso epatico, migliora i livelli sierici di ALT e, di conseguenza, migliora la NAFLD, che spesso coesiste con il DMT2. Sono però necessari ulteriori studi istopatologici per capire se la riduzione del grasso epatico porti ad un reale miglioramento della steatoepatite e/o steatofibrosi.


Diabetes Care 2018;41(8):1801-8

PubMed


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