Efficacia e sicurezza di una insulina basale orale vs. l’insulina sottocutanea glargine nel diabete tipo 2: un trial randomizzato, in doppio cieco, di fase 2
A cura di Eugenio Alessi
4 febbraio 2019 (Gruppo ComunicAzione) – Sin dalla scoperta dell’insulina, quasi un secolo fa, obiettivo della ricerca scientifica è stato quello di ottenerne una formulazione orale, per migliorare la qualità di vita dei pazienti, ma anche perché l’assorbimento intestinale, con il trasporto al fegato attraverso la vena porta, mima più fedelmente la fisiologica secrezione da parte del pancreas.
È stato appena pubblicato su The Lancet Diabetes & Endocrinology il primo trial randomizzato e controllato con una insulina orale in compresse, l’insulina 338 (I338). Si tratta di un analogo basale, a lunga durata d’azione, dell’insulina umana, da cui differisce per alcune sostituzioni aminoacidiche che lo rendono più resistente alla degradazione proteolitica nel tratto gastro-intestinale, coniugato con un acido grasso che ne aumenta l’emivita tramite un legame reversibile all’albumina e coformulato al caprato di sodio, sostanza approvata dalla Food and Drug Administration (FDA) come additivo alimentare, che funge da facilitatore dell’assorbimento intestinale.
Obiettivo di questo studio randomizzato e controllato, in doppio cieco, di fase 2, condotto da Inge B. Halberg, PhD (Novo Nordisk, Danimarca) e coll. presso due istituti di ricerca in Germania era quello di confrontare l’I338, in termini di efficacia e sicurezza, all’insulina sottocutanea basale glargine (IGlar), diffusamente utilizzata nella corrente pratica clinica. 50 soggetti adulti con diabete mellito di tipo 2, in sovrappeso o obesi, non trattati con insulina, non ben controllati con metformina (MET) o altri ipoglicemizzanti orali (HbA1c media 8,1%), sono stati randomizzati a ricevere I338 in compresse più placebo sottocute oppure IGlar sottocute più placebo in compresse, in doppio cieco doppiamente mascherato (double dummy), in associazione a MET o a MET e inibitore della DPP-4, per 8 settimane. L’assunzione della terapia insulinica avveniva al mattino a digiuno, almeno un’ora prima della colazione.
Fra i criteri di esclusione vi erano patologie gastrointestinali che potessero influenzare l’assorbimento di farmaci. La dose di insulina è stata titolata settimanalmente, in base ai livelli di glicemia a digiuno (FPG, fasting plasma glucose), con valori target fra 80 e 126 mg/dl; la dose iniziale raccomandata era 10 UI di IGlar e, sulla scorta degli studi di fase 1, di 2700 nmol di I338 (disponibile in compresse di 6 dosaggi diversi, in modo da avere 29 possibili combinazioni usando al massimo 3 compresse), fino a un massimo consentito di 60 UI di IGlar e 16.200 nmol di I338.
Endpoint primario di efficacia era la FPG dopo 8 settimane di trattamento, endpoint secondari erano i profili di glicemia a 10 punti, la variabilità della FPG e i livelli di HbA1c, fruttosamina, C-peptide e 1,5-anidroglucitolo alla fine dello studio. Fra i molteplici endpoint di sicurezza vi erano le ipoglicemie, le variazioni ponderali e lo sviluppo di anticorpi anti-insulina.
La riduzione media di FPG a 8 settimane è stata di 43,2 mg/dl (IC 95% 55,8-30,6) nel gruppo I338 e di 46,8 mg/dl (IC 95% 54-41,4) nel gruppo IGlar, senza differenza significativa fra i due gruppi, p = 0,46. Non vi è stata nessuna differenza significativa a 8 settimane fra i due gruppi nei livelli di HbA1c, fruttosamina e C-peptide, mentre i livelli di 1,5-anidroglucitolo, un marcatore che correla inversamente con la glicemia post-prandiale, erano maggiori nel gruppo IGlar (p = 0-0,44). I valori medi di glicemia nei profili a 10 punti non differivano significativamente fra i due gruppi, ma la variabilità totale della FPG alle settimane 6, 7 e 8 era significativamente maggiore nel gruppo I338 (p = 0,006), mentre la differenza nella variabilità individuale non raggiungeva la significatività (p = 0,075).
L’incidenza di eventi avversi era simile nei due gruppi e la gran parte di essi era di entità lieve/moderata e non attribuibile ai farmaci in studio. L’incidenza di ipoglicemia è stata bassa in entrambi i gruppi (7 eventi nel gruppo I338 e 11 eventi nel gruppo IGlar), senza differenze significative e senza ipoglicemie severe. Il peso corporeo è rimasto stabile nei due gruppi. 18 pazienti nel gruppo I338 hanno sviluppato anticorpi anti-insulina umana, solamente 5 nel gruppo IGlar.
Alla fine dello studio, la dose massima consentita di I338 è stata raggiunta in 6 pazienti, mentre nessun paziente ha raggiunto la dose massima di IGlar. Il rapporto fra la dose di I338 e la dose di IGlar alla fine dello studio, corretto per il peso, è stato di 347 nmol: 1 UI. Considerato che 1 UI di IGlar corrisponde a 6nmol, la dose di I338 necessaria è stata 58 volte maggiore.
Gli autori concludono che il risultato principale dello studio è stato quello di mostrare un simile profilo di efficacia e sicurezza fra l’insulina orale I338 e l’insulina sottocutanea IGlar: si tratta della prima volta che un risultato simile viene raggiunto e uno dei motivi del successo è probabilmente l’aver sviluppato una insulina a lunga durata d’azione, da assumere a digiuno; altri tentativi con insuline a breve durata d’azione, da somministrare ai pasti, non hanno superato l’ostacolo del difficile assorbimento intestinale. D’altro canto, si tratta di uno studio di fase 2, quindi dalle dimensioni e dalla durata limitate, per cui sono necessari studi a più lungo termine e di maggior potenza statistica per investigare efficacemente i potenziali benefici ed eventuali rischi di una insulina basale orale. L’azienda produttrice, inoltre, ha interrotto lo sviluppo del farmaco, in quanto l’elevato dosaggio di insulina necessario e i relativi costi di produzione non lo rendono commercialmente praticabile. Ciononostante, rimane uno studio importante, che dimostra la “fattibilità” tecnica e clinica, anche se non ancora economica, di una formulazione orale di insulina.
The Lancet Diabetes Endocrinology. Published online Jannuary 21, 2019
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