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Farmaci innovativi per il diabete e la fibrillazione atriale di nuova insorgenza

Punti chiave

Domanda: Le incidenze del diabete tipo 2 e della fibrillazione atriale sono in aumento a livello mondiale, entrambe le condizioni si associano in maniera indipendente con gli eventi cardiovascolari, l’insufficienza cardiaca e l’aumento della mortalità. I farmaci innovativi per la cura del diabete tipo 2 possono associarsi anche a una riduzione del rischio di fibrillazione atriale di nuova insorgenza, inducendo calo ponderale e miglioramento dell’insulino-resistenza?

Risultati: È stato condotto un ampio studio retrospettivo osservazionale su una popolazione asiatica di Taiwan, per valutare se l’utilizzo di SGLT2i, rispetto al GLP-1RA, si associ a una riduzione della comparsa di fibrillazione atriale. Il gruppo trattato con SGLT2i presentava un rischio significativamente inferiore di fibrillazione atriale, e l’andamento si confermava anche nella analisi per sottogruppi ad alto rischio; il beneficio osservato in chi assumeva SGLT2i risultava particolarmente evidente nei soggetti non obesi.

Significato: In questo studio retrospettivo osservazionale real world, in una popolazione asiatica con diabete tipo 2, l’uso di SGLT2i, rispetto ai GLP-1RA, si associava a un più basso rischio di insorgenza di fibrillazione atriale.


A cura di Gabriella Garrapa

16 luglio 2022 (Gruppo ComunicAzione) – Il diabete tipo 2 è noto essere un fattore di rischio indipendente, dal 35 al 60%, di sviluppo di fibrillazione atriale (FA). I meccanismi fisiopatologici sottostanti si ipotizza siano l’obesità e l’insulino-resistenza, che si associano a uno stato pro-infiammatorio, ad accumulo di grasso pericardico, dilatazione atriale e disfunzione autonomica, tutti fattori noti di rischio di comparsa di FA. È stato ipotizzato che le terapie farmacologiche che inducono calo ponderale e miglioramento dell’insulino-resistenza, potrebbero diminuire il rischio di FA di nuova insorgenza, ma a tutt’oggi non risultano confronti diretti tra SGLT2i e GLP-1RA rispetto al rischio di sviluppare FA.

Gli autori del paper pubblicato di recente sul JCEM hanno valutato, in un ampio studio retrospettivo osservazionale condotto su una popolazione asiatica di Taiwan, se l’utilizzo di SGLT2i, rispetto al GLP-1RA, si associ a una riduzione della comparsa di FA.

Sono stati valutati 16.566 soggetti trattati con SGLT2i e 2746 con GLP-1RA, da gennaio 2016 a dicembre, 2018, con una durata media del follow-up 1,52 ± 0,74 e 1,33 ± 1,12 anni, rispettivamente. Non vi erano differenze di trattamento per le terapie concomitanti cardiovascolari fra i due gruppi.

Nel gruppo con SGLT2i, 8926 soggetti (54%) assumevano empagliflozin, 7540 (45%) dapagliflozin e 100 (1%) canagliflozin; per il gruppo con GLP-1RA, 1792 (65%) erano trattati con liraglutide e 954 (35%) con dulaglutide. I risultati hanno mostrato che il gruppo trattato con SGLT2i presentava un rischio inferiore di manifestare FA di nuova insorgenza (HR: 0,72; IC 95%: 0,54-0.97; p = 0,028), l’andamento si confermava anche nell’analisi per sottogruppi ad alto rischio quali: età avanzata, sesso femminile e soggetti con malattia cardiovascolare o malattia cronica renale. Inoltre, il beneficio osservato negli SGLT2i risultava particolarmente evidente e significativo nei non obesi (BMI <27 kg/m2, p = 0,02); riguardo ai farmaci assunti al basale, il gruppo con SGLT2i aveva un più alto tasso di metformina e DPP4i e una minore prescrizione di sulfaniluree.

I meccanismi alla base della riduzione di rischio di FA in chi utilizza SGLT2i non sono ancora stati completamente chiariti, ma si ipotizza siano molteplici: rivestono un ruolo chiave il calo ponderale, la riduzione del tessuto adiposo epicardico, della pressione arteriosa e del volume interstiziale, l’inibizione della pompa sodio-idrogeno, il miglioramento degli scambi energetici a livello miocardico e la riduzione dell’ipertono simpatico. Nei CVOT, i GLP-1RA hanno mostrato un aumento della frequenza cardiaca di 2-4 battiti/min rispetto al gruppo di controllo; si presume che i possibili meccanismi fisiopatologici alla base siano la vasodilatazione sistemica con conseguente tachicardia riflessa, l’azione sul sistema nervoso autonomo o un effetto diretto dei GLP-1RA sulle cellule del nodo seno-atriale.

Gli autori concludono che l’uso di SGLT2i, rispetto ai GLP-1RA, si associa a un più basso rischio di insorgenza di FA; tuttavia, considerati i possibili bias e le limitazioni dello studio, auspicano la conduzione di trial prospettici, disegnati ad hoc, sulla relazione tra FA e l’utilizzo dei farmaci innovativi, in modo da poter stimare, con maggiore evidenza, il beneficio clinico che si può ottenere con queste molecole sulla comparsa di FA.


J Clin Endocrinol Metab 2022 Jul 1;dgac402. Online ahead of print

PubMed


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