Focus sul trattamento del paziente affetto da NAFLD
13 marzo 2015 (Congresso Medico) – La NAFLD (Non-Alcoholic Fatty Liver Disease) è diventata la più comune patologia epatica nei paesi occidentali e risulta in netto incremento negli ultimi anni anche nei paesi in via di sviluppo; è strettamente correlata con insulino-resistenza e obesità ed è frequentemente presente nei pazienti affetti da diabete che hanno anche maggiore probabilità di presentare forme più gravi quali NASH (Non-Alcoholic Steato Hepatitis) e cirrosi. Nonostante la NAFLD stia raggiungendo proporzioni endemiche, la terapia di questa condizione clinica rimane una sfida per la comunità scientifica anche perché deve necessariamente riguardare due fronti: “la cura del fegato” e “la cura del paziente”.
Al fine di focalizzare l’attenzione sulle possibili strategie terapeutiche in questo campo, il Dott. A. Federico e coll. (Università Federico II, Napoli) ha recentemente condotto una revisione della letteratura a riguardo, pubblicata sulla rivista World Journal of Gastroenterology (1).
L’elemento cardine del trattamento della NAFLD è rappresentato dal calo ponderale ottenuto con dieta e attività fisica, che può comportare un miglioramento dell’accumulo di grasso intraepatico anche se l’effetto sull’infiammazione o la fibrosi non sono al momento del tutto chiariti. Tra i farmaci utilizzati per il trattamento dell’obesità avrebbero un vantaggio in caso di NAFLD gli antagonisti del recettore CB1 degli endocannabinoidi (espresso nell’epatocita e coinvolto nell’accumulo di grasso e nella fibrogenesi), gravati peraltro da possibili significativi effetti collaterali dovuti all’accumulo a livello cerebrale (depressione/disturbi psichiatrici).
Un’ampia sezione del lavoro è dedicata ai farmaci antidiabetici. Gli agenti insulino-sensibilizzanti (metformina e glitazoni) sono i farmaci maggiormente testati per il trattamento di NAFLD/NASH e mentre la metformina, sulla base dei dati di letteratura, non è raccomandata come trattamento specifico, il pioglitazone risulta essere il farmaco più comunemente utilizzato e indicato anche nelle linee-guida AASLD (American Association for the Study of Liver Diseases). Anche i nuovi farmaci ad azione sull’asse delle incretine presentano un razionale di utilizzo nella NAFLD; gli analoghi del GLP-1 migliorerebbero il quadro epatico sia indirettamente (miglioramento del compenso glicemico/calo ponderale/miglioramento della sensibilità insulinica), sia direttamente (ossidazione degli acidi grassi/inibizione del fibroblast growth factor 21 a livello epatico), mentre gli inibitori della DPP-4 sarebbero in grado di ridurre il contenuto epatico dei TG e l’espressione di geni coinvolti nella lipogenesi e nella gluconeogenesi, come dimostrato su modelli animali. Sempre in modelli animali, anche i glicosurici hanno dimostrato un miglioramento del contenuto epatico di grasso.
Tra gli altri agenti in grado di migliorare il quadro epatico nella NAFLD, gli autori ricordano anche gli antiossidanti (come la vitamina E), le statine (sicure e da utilizzare soprattutto in caso di dislipidemia, visto l’elevato rischio cardiovascolare a cui sono esposti i pazienti con steatosi epatica), alcuni antiipertensivi (in particolare il valsartan, che in alcuni modelli animali ha dimostrato ridurre la steatosi e la fibrosi epatica), i probiotici, gli anticorpi monoclonali antiTNFalfa e la pentossifillina (recentemente testata in uno studio controllato randomizzato, ove ha dimostrato di migliorare il quadro istologico della NASH, verosimilmente per il suo effetto nel ridurre lo stress ossidativo).
Recentemente, nuovi campi di ricerca si sono aperti per individuare possibili farmaci emergenti per la cura della NAFLD, come gli inibitori delle caspasi (proteasi coinvolte nell’apoptosi cellulare che rappresenta un trigger per l’attivazione delle cellule stellate epatiche e la fibrosi), gli agonisti dei recettori PPR alfa e delta (recettori nucleari coinvolti nell’omeostasi lipidica e glicidica oltre che nella risposta infiammatoria e fibrotica a livello epatico), gli antagonisti del recettore CB1 degli endocannabinoidi selettivi a livello periferico e gli analoghi degli ormoni tiroidei. Tutti agenti interessanti e promettenti, ma per i quali sono necessari ulteriori studi che confermino la loro reale utilità nel trattamento della NAFLD.
1) World J Gastroenterol 2014;20(45):16841-57
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