Gliflozine e dapaglflozin: vecchi dati, nuove conferme
Punti chiave
Domanda: L’efficacia cardiorenale e la sicurezza di dapagliflozin rimangono inalterati nelle persone con diabete tipo 2, a prescindere dall’uso di base dei farmaci cardiovascolari comunemente usati per l’insufficienza cardiaca e le malattie renali?
Risultati: Dapagliflozin ha ridotto in modo consistente il rischio di un composito di morte cardiovascolare e ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, oppure di sola ospedalizzazione per insufficienza cardiaca e di progressione della malattia renale. Ciò indipendentemente dall’uso concomitante di farmaci cardiovascolari, che includevano gli ACE-inibitori, i sartani, i beta-bloccanti, i diuretici e gli antagonisti recettoriali dei mineralcorticoidi. E senza alcuna interazione terapeutica significativa con eventi avversi di riferimento come deplezione idrica, iperkaliemia o danno renale.
Significato: Tali dati mostrano che i benefici clinici e la sicurezza di dapagliflozin, in un’ampia gamma di persone con diabete tipo 2, persistono indipendentemente dalla terapia di base.
A cura di Michele Riccio
14 ottobre 2022 (Gruppo ComunicAzione) – Lo studio pubblicato di recente su JAMA Cardiology da Kazuma Oyama (Dept. of Cardiovascular Medicine, Tohoku University Graduate School of Medicine, Sendai, Japan) e coll., a nome del TIMI Study Group) è un’analisi secondaria prespecificata del DECLARE-TIMI 58 trial, che ha valutato dapagliflozin rispetto al placebo in 17.160 persone con diabete tipo 2 e malattia aterosclerotica o fattori di rischio multipli per malattia CV. I pazienti sono stati stratificati in base al loro uso di farmaci CV: inibitori dell’enzima di conversione dell’angiotensina o bloccanti recettoriali dell’angiotensina (ACEI/ARB), beta-bloccanti, diuretici e antagonisti del recettore dei mineralcorticoidi (MRA).
Lo scopo della subanalisi era non solo quello di esaminare se dapagliflozin riducesse in modo consistente il rischio di esiti cardiovascolari e renali, ma se la sicurezza di dapagliflozin differisse con o senza l’uso di base dei vari farmaci cardiovascolari (CV) comunemente usati dalle persone con diabete tipo 2.
Dapagliflozin ha ridotto la pressione arteriosa sistolica e ha rallentato il declino della eGFR stimata indipendentemente dalla terapia CV concomitante. Rispetto al placebo, dapagliflozin ha ridotto in modo consistente il rischio di un composito di morte CV e ospedalizzazione per insufficienza cardiaca (HHF), HHF da sola e un outcome composito specifico renale. Tutto ciò indipendentemente dall’uso dei farmaci CV.
Inoltre, nei pazienti trattati con ACEI/ARB + beta-bloccanti + diuretici, dapagliflozin ha ridotto il rischio di morte CV/HHF e di outcome renali prespecificati rispettivamente del 24 e del 38%. Non sono state riscontrate interazioni di trattamento significative tra dapagliflozin e i farmaci CV comunemente utilizzati per quanto riguarda la comparsa di deplezione di volume, danni renali acuti o iperkaliemia.
Lo studio confermerebbe quindi l’efficacia clinica di dapagliflozin (e verosimilmente delle gliflozine come classe) nel ridurre il rischio di morte CV, di HHF e di progressione del danno renale, indipendentemente e a prescindere dall’uso concomitante di altri farmaci CV, e senza avere, con questi ultimi, interazioni pericolose per eventi avversi sentinella come l’iperkaliemia, la disidratazione e la comparsa di un danno renale acuto.
In conclusione, i dati dello studio supportano gli sforzi volti a sviluppare e implementare nuove strategie terapeutiche, in grado di ottimizzare l’uso degli inibitori SGLT2 in una sempre più ampia gamma di persone con diabete tipo 2, indipendentemente dalla terapia di base.
JAMA Cardiol 2022 Sep 1;7(9):914-23
AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.