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I farmaci per diabete di tipo 2 e obesità: una salvezza per le malattie neurodegenerative o un ponte troppo lontano?

Punti chiave

Domanda: L’impiego dei GLP-1 RA potrebbe avere un effetto benefico sulla prevenzione e sullo sviluppo delle malattie neurodegenerative?

Risultati: Una recente revisione riassume le numerose evidenze precliniche e cliniche sugli effetti neuroprotettivi dei GLP-1 RA in persone diabetiche e non diabetiche. Tali farmaci, modulando la neuroinfiammazione, i meccanismi di autofagia e di disfunzione mitocondriale, unitamente alla riduzione dell’insulino-resistenza cerebrale, sembrano avere un impatto positivo sui processi neurodegenerativi.

Significato: È ormai nota la stretta relazione fra DT2 e malattie di Alzheimer/Parkinson, che si fonda sull’insulino-resistenza a livello encefalico come driver della neurodegenerazione. Grazie alla capacità dei GLP-1 RA di rimodulare meccanismi patogenetici comuni a DT2 e malattie neurodegenerative, essi potrebbero rappresentare una promettente arma terapeutica in tale contesto clinico.


21 gennaio 2025 (Gruppo ComunicAzione) – A cura di Roberta Poli

Che cosa si sa già? Le numerose evidenze a sostegno di un aumentato rischio di malattia di Alzheimer (AD, Alzheimer disease) e di Parkinson (PD, Parkinson disease) in persone con diabete tipo 2 (DT2) mettono in luce i complessi meccanismi patogenetici attraverso cui le malattie metaboliche interferiscono con le funzioni cerebrali. Il DT2 è infatti uno dei noti fattori di rischio per le malattie neurodegenerative essendo in grado di perpetuare la neuroinfiammazione e il deposito di proteine patognomoniche, tipiche di quelle condizioni cliniche.

Lo stato di cronica infiammazione sistemica indotta dal diabete, comportando un’aumentata permeabilità della barriera ematoencefalica, promuove il passaggio di glucosio e acidi grassi liberi e l’attivazione della microglia. Tale stato di reattività contribuisce al rilascio locale di citochine che, a loro volta, stimolano gli astrociti determinando uno shift da un fenotipo omeostatico a uno neurotossico (astrogliosi reattiva). Queste caratteristiche neuroinfiammatorie sono prevalenti in diverse malattie neurodegenerative (AD e PD), nei traumatismi cerebrali e nello stroke ischemico.

In particolare, l’insulino-resistenza (IR), tipica del DT2, a livello cerebrale compromette il metabolismo glicidico con conseguente formazione degli AGE (advanced glycation end products). i quali – a loro volta – promuovendo lo stress ossidativo, la neuroinfiammazione e l’accumulo di β-amiloide portano al danno neuronale. Inoltre, la concomitante compromissione vascolare aterosclerotica, tipicamente presente nel DT2, provoca un quadro di angiopatia cerebrale da amiloide che contribuisce ulteriormente al processo di neurodegenerazione.

D’altro canto, il diabete induce la disfunzione mitocondriale nei neuroni dopaminergici della substantia nigra contribuendo all’infiammazione e alla morte neuronale, così da contribuire alla progressione della PD. È stato dimostrato che l’iperglicemia e l’IR esacerbano l’aggregazione di α-sinucleina, proteina che si accumula nei neuroni di pazienti affetti da PD, formando i corpi di Lewy, implicando un ruolo rilevante del diabete nella patogenesi di tale malattia.

Quali sono le nuove evidenze? I GLP-1 RA, uno dei cardini della terapia del DT2 e dell’obesità, sono ormai noti per i loro effetti pleiotropici, che vanno al di là del solo controllo glicemico. Quali sono i meccanismi che sembrano intervenire a livello del sistema nervoso centrale? Ce li riassume una recente revisione pubblicata Katherine O. Kopp (Translational Gerontology Branch, Intramural Research Program, National Institute on Aging, National Institutes of Health, Baltimora, MD; USA) e colleghi su Ageing Research Reviews [1].

Grazie alla espressione dei GLP1-recettori a livello cardiaco, polmonare, renale, ma anche cerebrale e, quindi, delle loro proprietà neurotropiche e antinfiammatorie, i GLP-1 RA sembrerebbero in grado di ridurre lo stress ossidativo, la fosforilazione di proteine patognomoniche e i meccanismi di autofagia. Nel contempo, tali farmaci rimodulerebbero la secrezione insulinica a livello neuronale mitigando l’IR. In alcuni modelli preclinici è stata documentata la loro capacità di ridurre i livelli di citochine insieme a effetti di inibizione dell’attivazione della microglia e dell’astrogliosi reattiva, contrastando così i processi neurodegenerativi.

In vivo, l’exenatide e la liraglutide hanno mostrato una promettente azione neuroprotettiva in modelli clinici di AD, così come la stessa liraglutide e la lixisenatide in studi sulla PD. Inoltre, sono stati avviati diversi trialclinici che valutano l’effetto di vari GLP-1 RA (liraglutide, dulaglutide, semaglutide) sulle funzioni cognitive in persone con DT2 e in persone a rischio di sviluppare AD e/o PD [2].

Commento e spunti per la pratica clinica. L’assenza di farmaci che, al di là del contrastare l’accumulo di proteine patognomoniche (β-amiloide e α-sinucleina), coinvolgano, come target, la neuroinfiammazione, apre la strada a nuove prospettive terapeutiche. In tale ambito potrebbe trovare collocazione l’impiego dei GLP-1 RA, di cui sono state e si stanno documentando rilevanti proprietà neuroprotettive. Studi futuri dovranno chiarire in che fase di una malattia degenerativa tali farmaci potrebbero aver maggiore efficacia e il possibile ruolo nella prevenzione di tali patologie.


Bibliografia di riferimento

1. Ageing Res Rev. 2024 Jul:98:102343

2. J Biomed Sci. 2024 Nov 5;31(1):102

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AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.