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I risultati positivi cardiorenali dell’EMPAREG OUTCOME: lo switch dei substrati energetici.. una possibile ipotesi unificante?

A cura di Sara Colarusso

9 settembre 2016 (Gruppo ComunicAzione) – Il diabete tipo 2 provoca eccessiva morbilità e prematura mortalità cardiovascolare (CV). Anche se il controllo glicemico intensivo migliora le complicanze microvascolari, non sono chiari i suoi effetti sulle complicanze macrovascolari.

La recente pubblicazione dello studio EMPA-REG OUTCOME ha documentato in maniera sorprendente l’impressionante beneficio dell’empagliflozin (un inibitore del cotrasportatore sodio-glucosio 2 [SGLT2]) sulla mortalità CV e per tutte le cause e sull’ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, senza peraltro alcun effetto sugli eventi aterotrombotici classici. Ancora più sorprendente è il fatto che le curve di ospedalizzazione per insufficienza cardiaca, gli esiti renali e la mortalità CV comincino a separarsi ampiamente nei primi 3 mesi e si mantengano per più di 3 anni. E’ improbabile che i modesti miglioramenti del controllo glicemico, del profilo lipidico o della pressione arteriosa diano da soli un così significativo contributo sui positivi risultati cardiorenali nei primi 3 mesi. Ugualmente dubbio è l’impatto in tal senso anche degli altri noti effetti degli inibitori SGLT2 su adiposità viscerale, endotelio vascolare, natriuresi e meccanismi neurormonali.

In una recentissima pubblicazione sulla rivista Diabetes Care, il gruppo di Sunder Mudaliar (San Diego, California; USA) e colleghi ha lanciato una innovativa ipotesi interpretativa, secondo la quale i positivi effetti cardiorenali dell’empagliflozin siano dovuti a un cambiamento del substrato energetico nel metabolismo miocardico e renale differente dall’ossidazione dei lipidi e del glucosio, che sono energeticamente inefficienti in un cuore e in un rene con diabete tipo 2, verso un supersubstrato energetico particolarmente efficiente come i corpi chetonici, che migliorano l’efficienza e la funzione del lavoro sia cardiaco che renale. E’ ben noto infatti che il trattamento con inibitori degli SGLT2 aumenta i livelli di corpi chetonici in circolo, ampiamente utilizzati nel tessuto miocardico e renale. Cambiamenti positivi nel metabolismo energetico anche piccoli, ma persistenti, si traducono in grandi differenze di efficienza e miglioramento degli outcome cardiorenali che si mantengono per più settimane o mesi.

Ulteriori studi ben strutturati e pianificati di fisiologia e di imaging sono necessari per poter indagare e caratterizzare in maniera dettagliata i fini e molteplici meccanismi del metabolismo energetico alla base degli effetti positivi cardiorenali degli inibitori SGLT2.

 

Diabetes Care2016;39(7):1115-22

PuMed


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