Il “paradosso dell’obesità”: un’ulteriore conferma dallo studio ORIGIN
Punti chiave
Domanda: In pazienti con diabete tipo 2 o prediabete e fattori di rischio cardiovascolare accertati, qual è l’associazione tra peso corporeo, variazione ponderale, mortalità ed esito cardiovascolare?
Risultati: I dati dello studio prospettico ORIGIN mostrano che l’obesità non è associata a mortalità più elevata o esito avverso in caso di eventi cardiovascolari. Il rischio di mortalità più basso è stato riscontrato in pazienti con sovrappeso o obesità di 1 grado (BMI 25-35 kg/m2) rispetto a BMI <25 kg/m2. Il calo ponderale è risultato un fattore di rischio indipendente per una maggiore mortalità.
Significato: Questo studio conferma quanto già notato in precedenza e definito “il paradosso dell’obesità”, cioè che nei pazienti con malattia cardiovascolare o alto rischio il sovrappeso o l’obesità sono associati a migliori outcome e maggior sopravvivenza in caso di nuovi eventi. I meccanismi fisiologici e il significato clinico di tale fenomeno sono ancora da chiarire.
A cura di Lucia Briatore
3 agosto 2020 (Gruppo ComunicAzione) – L’associazione tra peso corporeo e variazione ponderale con mortalità ed esito cardiovascolare (CV) nei pazienti con diabete mellito (DM) non è chiaramente stabilita.
Uno studio pubblicato sullo European Heart Journal da Wolfram Doehner (Charité Universitätsmedizin Berlin, Germany)e coll. ha cercato di capire la relazione tra peso, variazione ponderale ed esiti di eventi CV in pazienti con fattori di rischio CV accertati e DM tipo 2 o prediabete, utilizzando il database dello studio ORIGIN. I 12.521 partecipanti sono stati raggruppati in categorie di basso peso corporeo [indice di massa corporea (BMI) <22 kg/m2] normale (22-24,9), sovrappeso (25-29,9), obesità di grado 1-3 (30-34,9, 35-39,9 e ≥40 kg/m2, rispettivamente). Le variabili di esito includevano mortalità totale e CV ed esiti compositi di morte CV, ictus non fatale o infarto del miocardio più rivascolarizzazione od ospedalizzazione per insufficienza cardiaca. Il follow-up è stato di 6,2 anni (intervallo interquartile 5,8-6,7 anni).
Dopo un’analisi multivariata, i rischi più bassi sono stati osservati in pazienti in sovrappeso e obesità leggera per mortalità totale [sovrappeso: hazard ratio (HR) 0,80 (intervallo di confidenza al 95% (IC) 0,69-0,91); obesità grado 1: HR 0,82 (0,71-0,95), entrambi p <0,01)] e mortalità CV [sovrappeso: HR 0,79 (0,66-0,94); obesità grado 1: 0,79 (0,65-0,95), tutti comparati ai pazienti con BMI normale, p <0,05]. L’obesità di qualsiasi gravità non era associata a mortalità più elevata. Il basso peso corporeo era correlato a una maggiore mortalità [HR 1,28 (1,02-1,61); mortalità CV: HR 1,34 (1,01-1,79), p <0,05]. Un continuo calo ponderale per 2 anni è stato associato a un più elevato rischio di mortalità [HR 1,32 (1,18-1,46), p <0,0001] e mortalità CV [HR 1,18 (1,02-1,35), rispetto ai pazienti senza calo ponderale, p <0,05]. A sua volta, l’aumento ponderale non era correlato a nessun risultato avverso.
Gli autori indicano come punti di forza dello studio il disegno prospettico, la lunga durata e la modalità di raccolta del peso corporeo, non basata sull’autodichiarazione del paziente ma su una reale misura degli investigatori, che ha quindi consentito una precisa e corretta valutazione delle fluttuazioni nel corso degli anni. I limiti dello studio sono l’analisi post hoc, il disegno iniziale (non definito per valutare l’effetto di un calo ponderale intenzionale ma solo la variazione che può essere dovuta a molte cause), e la mancanza di altre misure antropometriche che possono indicare una diversa distribuzione del grasso corporeo (ad esempio, la circonferenza della vita).
Gli autori concludono che l’obesità nei pazienti con DM o prediabete e fattori di rischio CV non è associata a mortalità più elevata o a esito CV avverso. Il rischio di mortalità più basso è stato riscontrato in pazienti con sovrappeso o obesità di grado 1 (BMI 25-35 kg/m2). Secondo tali dati il calo ponderale risulta essere un fattore di rischio indipendente per una maggiore mortalità rispetto al mantenimento di un peso stabile.
Eur Heart J 2020 Jul 21;41(28):2668-77
AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.