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Il Progetto IGEA

 

Progetto IGEA: un modello per la gestione integrata del paziente con diabete mellito di tipo 2, un percorso per elinare le disparità sociali nel trattamento della malattia, un punto di partenza per tutti gli operatori

di Marco Comoglio


Del Progetto IGEA ne abbiamo parlato con Marina Maggini, del Centro nazionale di Epidemiologia, sorveglianza e promozione della salute dell’Istituto Superiore di Sanità nonché responsabile del progetto: che cos’è, cosa è stato fatto, che cosa si farà.

   

Dottoressa Maggini, come, quando e perché nasce il Progetto IGEA?
In Italia già il Piano Sanitario azionale 2003-2005 aveva individuato tra gli obiettivi strategici da perseguire, nel triennio di riferimento, la realizzazione di un processo di riordino che garantisse un elevato livello di integrazione tra i diversi servizi sanitari e sociali. Un ulteriore passo in avanti è stato definito con il Piano Nazionale di Prevenzione 2004-2006, e dal successivo Piano Nazionale di Prevenzione 2005-2007, allegato all’Intesa Stato-Regioni del 23 marzo 2005, che indicava le strategie operative per promuovere programmi di prevenzione primaria, secondaria e terziaria su problemi di particolare rilevanza sanitaria quali il rischio cardiovascolare, le complicanze del diabete, i tumori prevenibili da screening e le malattie infettive prevenibili da vaccinazione. Nel caso del diabete, era prevista la realizzazione di progetti regionali finalizzati alla prevenzione delle complicanze tramite l’adozione di programmi di gestione integrata.

Nel settembre del 2006, inoltre, l’Italia, insieme a tutti i paesi membri dell’Ufficio Europeo dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, e all’Unione Europea, ha approvato una strategia complessiva contro le malattie non trasmissibili denominata Gaining Health che, nell’ambito dell’assistenza alle malattie croniche incluso il diabete, punta al riorientamento dei servizi sanitari, grazie a modelli assistenziali adatti a prevenire le disabilità, alla deospedalizzazione e allo sviluppo delle cure primarie, e all’aumento delle competenze delle persone per l’autogestione della propria malattia. Queste strategie si basano su modelli di gestione integrata come nuovo modo di affrontare le malattie croniche, in cui le strutture sanitarie agiscono come un sistema unitario, prendendo in carico la gestione complessiva del paziente.

Il Progetto IGEA è un’iniziativa congiunta dell’Istituto Superiore di Sanità e del Centro di Controllo delle Malattie (CCM) che prende il via nel 2006 con l’obiettivo di sostenere e coordinare i progetti regionali sulla gestione integrata del diabete. Questo modello è basato, sostanzialmente, sull’integrazione e il coordinamento tra i livelli di assistenza e sul coinvolgimento attivo del paziente nel percorso di cura.  

Quali sono gli elementi essenziali di un modello di gestione integrata?
Per attuare un intervento di gestione integrata è fondamentale disporre di linee-guida basate su prove di efficacia, promuovere un’assistenza multidisciplinare, favorire la formazione continua degli operatori medici e non medici, promuovere l’autogestione dei pazienti quale componente essenziale dell’assistenza ai malati cronici, disporre di sistemi informativi sostenibili e ben integrati sul territorio che incoraggino non solo la comunicazione tra medici ma anche tra medici e pazienti per ottenere un’assistenza coordinata e a lungo termine. L’OMS suggerisce l’adozione di modelli di assistenza tipo disease management (gestione integrata), sostenibili anche nei paesi a basso reddito, fra gli interventi efficaci per migliorare la qualità della cura delle persone con diabete, prevenirne le complicanze e ridurre le disuguaglianze.

Si può parlare di disuguaglianze sociali per il diabete?
In tutti i paesi industrializzati si osserva un marcato gradiente sociale correlato alla salute: le persone di posizione sociale, economica e culturale più svantaggiata tendono a presentare un profilo di salute peggiore. Si osserva, inoltre, una tendenza all’accrescimento delle disuguaglianze di salute, sia tra i diversi paesi che all’interno dei singoli paesi. Le persone indigenti e meno istruite tendono ad avere minori risorse culturali e materiali, e di conseguenza a seguire comportamenti a rischio, vivere in ambienti meno salubri, essere maggiormente esposte a rischi ambientali, lavorativi e psicosociali; nel contempo, hanno maggiori difficoltà nell’accesso a servizi di diagnosi e a cure adeguate.

Il diabete è un esempio paradigmatico di malattia cronica, in larga misura evitabile, che colpisce soprattutto le classi economicamente e socialmente più svantaggiate. Recentemente, uno studio che ha analizzato i dati provenienti da survey nazionali svolte in otto paesi europei ha stimato un rischio di diabete nelle persone meno istruite mediamente superiore del 60%, con eccessi varianti dal 16% della Danimarca al 99% della Spagna. Anche in Italia le persone meno istruite hanno maggiore probabilità di essere affette da diabete, rispetto a chi possiede un’istruzione più elevata, con un eccesso di rischio stimato pari a circa il 60% . Inoltre, i diabetici socialmente deprivati si trovano in uno stato di vulnerabilità accentuato dalla difficoltà nell’accesso ai servizi sanitari, nel seguire le terapie adeguate, nell’autogestione, con un maggior rischio di complicanze. I risultati di un recente studio condotto dalla Commissione regionale per l’assistenza diabetologica del Piemonte mostrano come i diabetici con al più la licenza elementare riportino un rischio di subire un ricovero in emergenza o non programmato superiore del 90% rispetto ai laureati (al netto di alcuni fattori di rischio diversamente distribuiti tra i due gruppi). Qualsiasi politica per la prevenzione del diabete dovrebbe quindi tenere conto della distribuzione sociale della malattia.

 

   

Quanto è importante il coordinamento e il confronto tra il centro e le regioni nell’implementazione di una strategia di gestione integrata del diabete?
Una visione concorde sul concetto di gestione integrata e una definizione condivisa è la premessa per lo sviluppo di interventi efficaci di sistema. La condivisione degli elementi essenziali di un modello assistenziale di gestione integrata, delle modalità organizzative, delle raccomandazioni per migliorare la qualità della cura è fondamentale, inoltre, per garantire, come già detto, equità nell’assistenza a tutte le persone con diabete.

È importante sottolineare che il Progetto IGEA non si concepisce come l’incipit della gestione integrata in Italia, e in armonia con tale visione, si intende: come un “punto di arrivo”, in quanto raccoglie e valorizza le idee, i principi e i valori, i metodi e le prospettive nati in campo internazionale e nazionale nell’ambito della gestione integrata dei pazienti cronici, ma allo stesso tempo come un nuovo “punto di partenza”. Il Progetto IGEA, infatti, per l’impronta istituzionale che lo caratterizza, per l’ampia logica partecipativa che l’ha sempre impregnato e per la potenziale capillarizzazione che potrà scaturire dall’impegno assunto da tutte le Regioni, può effettivamente costituire un vero e proprio laboratorio per la ricerca di soluzioni condivise a vari aspetti critici dell’assistenza per le persone con malattie croniche. È importante considerare, infine, quale significativo valore aggiunto, che la gestione integrata del diabete mellito può rappresentare un valido modello per lo sviluppo successivo di programmi di gestione integrata della cronicità.

Quali sono le attività principali finora realizzate?
È stato definito un documento di indirizzo sui requisiti clinico organizzativi per la “gestione integrata del diabete mellito di tipo 2 nell’adulto” corredato di un sistema di indicatori. Obiettivo generale del documento è definire i requisiti minimi per un modello assistenziale di gestione integrata del diabete mellito tipo 2 nell’adulto e in particolare: definire le modalità organizzative essenziali per la GI del diabete mellito; definire le raccomandazioni essenziali per migliorare la qualità della cura del diabete mellito e per prevenirne le complicanze; definire gli indicatori idonei a misurare il grado di realizzazione del programma e la sua efficacia. È importante sottolineare che questo documento è stato formulato da un panel multidisciplinare di professionisti designati dalle principali società scientifiche e associazioni italiane coinvolte nella gestione dell’adulto con diabete mellito di tipo 2.

È stato definito un documento di indirizzo sui requisiti informativi per un sistema di gestione integrata del diabete. Un modello di gestione integrata per una patologia cronica come il diabete non può correttamente operare, infatti, senza che sia stato contestualmente attivato un sistema informativo, all’interno del quale tutti gli attori coinvolti possano scambiare e condividere le informazioni essenziali alla realizzazione del programma (la gestione clinica, le funzioni attive di follow-up, la valutazione dell’efficacia-efficienza, etc). Tra i requisiti, l’utilizzo di indicatori di posizione sociale. Oltre alla definizione di linee di indirizzo generali per lo sviluppo di sistemi informativi che siano di supporto al programma di gestione integrata per il diabete, nel documento vengono identificati e definiti gli indicatori idonei a misurare il grado di realizzazione del programma e la sua efficacia.

È stato definito un piano nazionale di formazione, con un approccio multidisciplinare, sulla gestione integrata del diabete di tipo 2. L’acquisizione di nozioni, linguaggio e atteggiamenti comuni è, infatti, una condizione necessaria per avviare con successo la gestione integrata del diabete. Viene sottolineata la dimensione sociale della patologia e i meccanismi su cui medici e operatori possono intervenire. Il piano di formazione vuole essere uno strumento a disposizione delle Regioni per l’implementazione della gestione integrata, attraverso l’attivazione di momenti di riflessione e formazione comuni tra gli operatori dei vari servizi e i gruppi portatori di interessi, orientati alla condivisione e alla valutazione delle nuove strategie operative.

Finora sono state realizzate 2 edizioni nazionali e 3 regionali del corso per formatori. Maggiori informazioni sul progetto, sui documenti prodotti, sul piano di formazione che è stato predisposto, possono essere trovate sul sito del progetto: www.epicentro.iss.it/igea.

Per concludere, quali sono le attività previste per il futuro?
In molte regioni italiane si stanno avviando, o sono state già avviate, attività relative al Progetto IGEA con fasi di attuazione diverse anche in relazione alle esperienze già in atto nelle varie realtà locali. Nei prossimi anni si intende sviluppare una fase di analisi tendente a valorizzare le migliori esperienze in corso e a sostenere l’implementazione della gestione integrata nelle regioni meno impegnate sul tema. A supporto di un coordinamento tra tutte le attività, anche parziali, che possano comunque essere ricondotte a progetti sulla gestione integrata del diabete, verrà predisposto un “toolkit informativo”, cioè uno strumento per raccogliere, sistematizzare, mettere in comune e diffondere il know-how, confrontare esperienze e predisporre nuovi interventi. In particolare verrà effettuato un monitoraggio delle soluzioni tecniche adottate per l’implementazione dei sistemi informativi e un monitoraggio e supporto alla realizzazione dei piani di formazione regionale. È prevista, inoltre, la definizione di un modulo formativo per la promozione delle competenze delle persone con diabete e dei loro caregiver nell’autogestione della malattia che sarà rivolto, in forma multidisciplinare, agli operatori coinvolti nella gestione integrata.