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Incretine e rischio di cancro del pancreas: risultati di uno studio di coorte multicentrico internazionale

A cura di Enrico Pergolizzi

24 giugno 2016 (Gruppo ComunicAzione) – Le “incretine”, che includono gli inibitori della dipeptidil peptidasi-4 (DPP4I) e gli agonisti del recettore del glucagon like peptide-1 (GLP-1 RA), sono un gruppo di farmaci, relativamente nuovo, utilizzati per il trattamento del diabete mellito tipo 2 (DMT2). Questi farmaci sono associati a un minor rischio di ipoglicemia e hanno effetti positivi sul peso corporeo; tuttavia, è nata la preoccupazione che il loro uso possa essere associato con lo sviluppo del cancro del pancreas (K-pancreas). Tale preoccupazione è stata motivata da un’analisi del database degli eventi avversi della Food and Drug Administration, nel quale il tasso di segnalazione spontanea di K-pancreas era 2,9 e 2,7 volte superiore con, rispettivamente, exenatide e sitagliptin, rispetto ad altri farmaci antidiabetici orali.

Di contro, studi randomizzati controllati non hanno dimostrato tale relazione, anche se la maggior parte di essi sono stati di breve durata e nessuno era stato progettato o indirizzato successivamente per la valutazione del rischio di K-pancreas. Fino a oggi, alcuni studi osservazionali hanno valutato l’associazione fra incretine e rischio di tale neoplasia; questi studi hanno però fornito risultati molto contrastanti e hanno inoltre carenze metodologiche. Per ciò, le agenzie nazionali di regolamentazione hanno richiesto ulteriori studi per indagare tale potenziale associazione; tra queste, il Canadian Network for Observational Drug Effect Studies (CNODES) ha disegnato un ampio studio multicentrico, internazionale, condotto da Laurent Azoulay (Montreal, Canada) e coll., per determinare se l’uso delle incretine possa associarsi a un aumento del rischio di K-pancreas nelle persone con DMT2 in confronto all’utilizzo delle sulfaniluree; i risultati dello studio sono stati recentemente pubblicati sul British Medical Journal.

Sono state valutate le cartelle cliniche provenienti da sei aree partecipanti in Canada, negli Stati Uniti e nel Regno Unito. E’ stata presa in considerazione una coorte di 972.384 pazienti che avevano iniziato a utilizzare farmaci per il trattamento del diabete tra il 1° gennaio 2007 e il 30 giugno 2013, con un follow-up fino al 30 giugno 2014. All’interno di ciascun gruppo di trattamento è stata condotta un’analisi caso-controllo nella quale i casi incidenti di K-pancreas sono stati appaiati con un massimo di 20 controlli per sesso, età, data di ingresso nella coorte, durata del trattamento per il diabete e durata del follow-up. Sono stati stimati gli hazard ratio (HR) e gli intervalli di confidenza al 95% per la neoplasia incidente, confrontando l’utilizzo delle incretine con quello delle sulfaniluree. Le analisi secondarie hanno valutato se il rischio variava per classe, DPP4I (linagliptin, sitagliptin, vildagliptin e saxagliptin) e GLP1-RA (exenatide, liraglutide), o per durata di utilizzo (durata cumulativa di utilizzo e tempo trascorso dall’inizio del trattamento).

Sono stati valutati 2.024.441 persone/anno di follow-up (mediana di follow-up che va da 1,3 a 2,8 anni; massimo 8 anni); in 1221 pazienti è stata posta una diagnosi di K-pancreas con un tasso di incidenza di 0,60 per 1000 persone/anno. Rispetto alle sulfoniluree, le incretine non sono state associate a un aumentato rischio di neoplasia pancreatica (HR aggiustato: 1,02, IC 95% 0,84-1,23). Allo stesso modo, il rischio non era differente fra le varie classi e non vi era nemmeno una concreta evidenza di una relazione durata-risposta.

In conclusione, in questo ampio studio l’uso di incretine non è risultato associato a un aumentato rischio di K-pancreas rispetto alle sulfoniluree. Anche se tale potenziale reazione avversa avrà bisogno di un monitoraggio a lungo termine a causa della latenza dello sviluppo della neoplasia, questi risultati forniscono comunque una certa rassicurazione sulla sicurezza dell’utilizzo di tali farmaci.

 

BMJ 2016;352:i581

PubMed


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