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La salute mentale dei medici USA secondo Medscape: in burnout e depressi, ma non tutti

Medici in piena sindrome da burnout, depressi, esauriti. Sta peggio chi lavora in terapia intensiva e in neurologia. I più felici sono i chirurgi plastici

a cura del gruppo AMDcomunicAzione


17 aprile 2018 – Chi sono, come si comportano, come reagiscono i medici a quel particolare, delicatissimo lavoro e missione che è l’essere medico? Sono le domande che si pongono da alcuni anni i ricercatori di Medscape e alle quali provano a dare risposta attraverso specifici sondaggi. Il Medscape Lifestyle Report, pubblicato nello scorso gennaio, al quale hanno partecipato oltre 15.000 camici bianchi statunitensi di 29 diverse specializzazioni, si è concentrato soprattutto sul burnout e sui sintomi depressivi e su come essi influenzino l’attività del medico e il suo approccio al paziente. Di seguito, gli otto risultati più significativi del Medscape National Physician Burnout & Depression Report 2018, che valgono anzitutto per i medici statunitensi, ma che possono stimolare qualche riflessione ai medici italiani.

1. Il campione e i dati generali
Dei 15.430 medici che hanno partecipato al Report (una survey online specifica condotta fra il 19 luglio e il 2 ottobre 2017), il 42% ha riportato burnout. Il 19% ha ammesso di sperimentare forme di depressione cliniche (cioè gravi) e il 70% “colloquiali” (ovvero, il “sentirsi giù”), con frequenze (su una scala da 1 [raramente] a 7 [sempre] di 5 per il 48%, di 4 per il 30% e di ≤3 per il 21%. Per dare un parametro di riferimento: secondo il National Institute of Mental Health, lo scorso anno il 6,7% di tutti gli adulti statunitensi ha sofferto di almeno un episodio depressivo maggiore.

2. Stress: chi sta peggio sono i medici in terapia intensiva e i neurologi
Sono soprattutto i medici di terapia intensiva e i neurologi a essere esposti al rischio di burnout(48% per entrambi), seguiti dai medici di famiglia (47%) e – a pari merito – dai ginecologi e dagli internisti (46%) e poi – ancora a pari percentuale – dai medici che operano nei servizi di emergenza-urgenza e dai radiologi (45%). In fondo alla lista ci sono invece i chirurghi plastici. Considerazione preliminare: al fondo della classifica si trovano tutti gli specialisti che, in genere, operano in condizioni meno emergenziali.

3. Le più stressate sono le donne, ma l’età è un fattore chiave
Nel rapporto 2018, come per i precedenti, sono le donne ad avere riportato un più elevato tasso di burnout rispetto agli uomini: 48% versus 38%.
Il tasso di burnout sale inoltre anche in relazione all’età: dal 35% per il gruppo 28-34 anni al 44% per il gruppo 35-44 anni Sini al 50% per i medici con 45-54 anni. Per poi declinare al 41% quando si considera il gruppo 55-69 anni.

4. La causa maggiore di stress e depressione è la pressione lavorativa. Ma ce ne sono anche altre…
La pressione lavorativa (intesa come obiettivi aziendali da raggiungere o gestione dell’attività autonoma) pare essere elemento determinante sia i medici dipendenti sia per i liberi professionisti: entrambi i gruppi lo riportano con un tasso pari al 42%.
I compiti burocratici ormai insiti nella professione medica sono considerati dal 56% dei medici una delle cause di maggiore stress. Seguono poi, tra gli altri, i problemi legati alle troppe ore di lavoro (39%) e agli spesso complicati processi legati alla continua informatizzazione (24%), oltre alle preoccupazioni per i bassi livelli retributivi (24%).

5. Il 40% dei medici ritiene che la loro depressione non abbia alcuna influenza nella cura dei pazienti
Però, circa un terzo dice di essere “esasperato” dal rapporto coi pazienti (33%) o decisamente meno impegnati con essi (32%) proprio a causa di stress e depressione. Il 14% ha poi ammesso che la loro depressione conduce a errori che normalmente non avrebbero commesso, ma solo il 5% ammette che tali errore potrebbero danneggiare i pazienti.
Ancora: i medici che hanno palesato il loro stato depressivo hanno anche segnalato rapporti non idilliaci con colleghi e collaboratori. Il 42% ha infatti pessimi rapporti (mancato ascolto, collaborazione, partecipazione), il 37% frustrazione, il 36% minor empatia.

6. Cosa potrebbe ridurre il burnout? Come occuparsene?
Le possibilità di scelta erano molteplici. Ma oltre un terzo (35%) dei medici ha indicato che più elevati livelli retributivi potrebbero essere un incentivo adeguato. Per il 31%, avere meno burocrazia. Altri fattori potrebbero essere: maggiore flessibilità lavorativa (20%), maggiore supporto dai collaborati (19%), maggiore rispetti dai pazienti (12%).
Alla domanda su come essi gestiscono il proprio livello di esaurimento e depressione, il 50% dei partecipanti ha indicato l’esercizio fisico e il 46% di parlarne con la famiglia o amici. Il 42% trova sollievo nel sonno, il 36% nello stare da soli o nell’ascoltare musica, il 33% nel mangiare “junk food”. Il 3% fuma sigarette, il 2% fa uso di farmaci e l’1% fuma marijuana.

7. I felici… e gli infelici…
Sono gli oftalmologi (37%), gli ortopedici (35%), i chirurgi plastici (35%) e i patologi (34%) a dichiararsi di essere felici quando si trovano al lavoro. I più infelici sono stati i medici di terapia intensiva e quelli di famiglia (entrambi 22%), i cardiologi (21%) e gli internisti (21%).

8. E i diabetologi?
Difficile avere un quadro preciso sui diabetologi ed endocrinologi partecipanti: rappresentano solo l’1% degli oltre 15.000 partecipanti alla survey ma i dati stimolano importanti riflessioni in ciascuno di noi. Tracciare il quadro del burnout dei diabetologi italiani dovrebbe forse rientrare tra i prossimi obiettivi di AMD.


AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.