La terapia con gli inibitori di SGLT2 e gli agonisti del recettore di GLP1 si associa a minore rischio di mortalità nelle persone con diabete tipo 2
A cura di Marcello Monesi
21 maggio 2018 (Gruppo ComunicAzione) – In una metanalisi condotta su 236 trial randomizzati (durata ≥12 settimane), comprendente circa 176.000 pazienti, i cui risultati sono stati pubblicati recentemente su JAMA da Sean L. Zheng (Dept. of Endocrinology, Imperial College Healthcare NHS Foundation Trust, London, UK) e coll., è stata compiuta una valutazione comparativa dei benefici esercitati da tre classi di farmaci impiegati per la terapia del diabete – inibitori di SGLT2 (SGLT2-i), agonisti del recettore di GLP1 (GLP1-RA) e inibitori di DPP-4 (DDP4-i) – sul rischio di mortalità. La metodologia dello studio ha previsto l’utilizzo della network analysis per la comparazione tra le classi di farmaci e nei confronti del placebo.
Rispetto al placebo, l’impiego degli SGLT2-i ha determinato una riduzione del rischio assoluto di mortalità per tutte le cause dell’1% (HR 0,80, IC 95% 0,71-0,89); risultati analoghi sono stati ottenuti anche dalla terapia con GLP1-RA, con una riduzione della mortalità assoluta dello 0,6% (HR 0,88, IC 95% 0,81-0,94); i DPP4-i non hanno invece mostrato tale miglioramento della sopravvivenza rispetto al placebo (HR 1,02, IC 95% 0,94-1,11).
Dati sostanzialmente sovrapponibili sono stati rilevati per quanto riguarda la mortalità per cause cardiovascolari. L’impiego di SGLT2-i si è significativamente associato a una minore comparsa di episodi di scompenso cardiaco (HR 0,62, IC 95% 0,54-0,72) e di infarto miocardico (HR 0,86, IC 95% 0,77-0,97). Il rischio di ipoglicemia grave non è risultato sensibilmente differente dal placebo nelle 3 classi di farmaci.
Commentando i risultati, gli autori hanno evidenziato che la maggior parte della popolazione degli studi inseriti nella metanalisi era costituita da pazienti ad alto rischio cardiovascolare, per cui non è possibile stabilire la riproducibilità dell’effetto protettivo su pazienti a più basso rischio; tuttavia, l’entità della riduzione del rischio assoluto di mortalità conferito dalla terapia con SGLT2-i e GLP1-RA ha dimensioni simili a quanto osservato per i farmaci antipertensivi e per le statine.
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