La variabilità dei livelli plasmatici dell’emoglobina glicata: un nuovo fattore di rischio cardiovascolare?
Punti chiave
Domanda: Qual è l’impatto della variabilità dei livelli plasmatici dell’HbA1c sugli outcome cardiovascolari nel diabete tipo 2?
Risultati: I soggetti con la maggiore variabilità dei livelli di HBA1c, misurata su almeno 2 anni di follow-up, presentano un rischio aumentato di circa il 60% di avere un primo evento cardio- e cerebrovascolare rispetto ai diabetici con maggiore stabilità glicemica.
Significato: La variabilità a medio e lungo termine dei livelli di HbA1c impatta negativamente sul rischio CV, e dovrebbe essere valutata allo scopo di identificare e trattare adeguatamente i soggetti a maggiore rischio.
A cura di Marcello Monesi
1° marzo 2021 (Gruppo ComunicAzione) – Una marcata variazione dei livelli plasmatici di emoglobina glicata da visita a visita in un arco temporale di più di due anni si associa a un aumento del rischio di eventi cardiovascolari: questi i risultati di uno studio osservazionale retrospettivo condotto da un gruppo di ricercatori del Pennington Biomedical Research Center di Baton Rouge (Louisiana, USA) e recentemente pubblicato su Diabetes, Obesity and Metabolism.
L’osservazione ha riguardato una popolazione di quasi 30.000 pazienti con nuova diagnosi di diabete tipo 2 provenienti dal database dello studio Louisiana Experiment Assessing Diabetes Outcomes (LEAD): sono stati esclusi i pazienti con pregresso evento cardiovascolare o con meno di 4 misurazioni di HbA1c nell’arco di due anni. La popolazione dello studio è stata suddivisa in quartili sulla base della variabilità dei valori di HbA1c: dal momento che non esiste un parametro validato e standardizzato che la esprima, i ricercatori hanno impiegato tre metodologie diverse (deviazione standard, coefficiente di variazione e deviazione standard corretta) che hanno comunque mostrato risultati univoci. Nel corso di un follow-up medio di poco più di 4 anni si sono verificati 3746 eventi cardio e cerebrovascolari; nel primo, secondo, terzo e quarto quartile di variabilità dell’HbA1c gli adjusted hazard ratio (aHR) sono risultati rispettivamente pari a 1,00, 1,30 (IC 95% 1,18-1,42), 1,40 (IC 95% 1,26-1,55) e 1,59 (IC 95% 1,41-1,77) (p< 0.001). Ogni incremento di una deviazione standard si è associato a un aumento del 18% degli eventi cardiovascolari. È stata inoltre individuata una correlazione tra la variabilità dell’HbA1c e il rischio di ipoglicemia grave.
Tra le possibili cause di tali correlazioni, per certi versi sorprendenti, gli autori suggeriscono che una maggiore variabilità dei livelli di HbA1c possa dipendere da un alto numero di ipoglicemie gravi; altri fattori proposti come determinanti di una maggiore variabilità glicemica sono la scarsa aderenza al trattamento, l’incapacità di autogestione della terapia, la presenza di multiple comorbilità e la bassa qualità di vita.
Nelle conclusioni della ricerca gli Autori propongono di inserire la misurazione della variabilità dei livelli di HbA1c nei target terapeutici del diabete tipo 2, e di considerare preferibilmente le strategie terapeutiche in grado di conferire maggiore protezione nei confronti di questo nuovo fattore di rischio.
Diabetes Obes Metab 2021;23:125-35
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