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L’emoglobina glicata all’inizio della gravidanza quale primo test di screening per il diabete gestazionale nei paesi a basso-medio reddito

Punti chiave

Domanda: Il dosaggio dell’emoglobina glicata in fase precoce di gravidanza potrebbe costituire una strategia di screening semplice ed efficace, in grado di migliorare l’accesso alla diagnosi almeno nei paesi a basso reddito?

Risultati: Il dosaggio dell’emoglobina glicata a inizio gravidanza in tre coorti di pazienti a basso-medio reddito (India e Kenya) e ad alto reddito (Regno unito) ha premesso di identificare il 50% delle donne che avrebbero sviluppato il diabete gestazionale secondo i criteri canonici della curva da carico di glucosio condotta a 24-28 settimane di età gestazionale. Il test, da solo o in combinazione con i fattori di rischio riconosciuti, ha inoltre permesso di stratificare le donne in tre categorie di rischio (alto, medio, basso), consentendo ipoteticamente di ridurre le candidate a OGTT (previsto soltanto per il rischio medio) del 50-64% a seconda delle caratteristiche della coorte esaminata.

Significato: L’uso dell’emoglobina glicata presenta chiari vantaggi, perché non richiede uno stato di digiuno, ha una migliore riproducibilità rispetto all’uso della glicemia random ed è meno onerosa dell’OGTT. Con la crescente disponibilità di dispositivi point-of-care affidabili, la procedura potrebbe costituire una valida e più accessibile alternativa per lo screening precoce del diabete gestazionale. Sebbene i risultati dello studio debbano essere considerati con cautela, i dati osservati nelle coorti STRiDE e PRiDE hanno identificato una strategia di esclusione potenzialmente utile per ridurre la necessità dell’OGTT.


 A cura di Giuseppe Frazzetto

2 luglio 2024 (Gruppo ComunicAzione) – Si stima che oltre il 90% dei casi di diabete gestazionale si verifichi nei paesi a basso e medio reddito. La maggior parte delle attuali linee-guida raccomandano un test di tolleranza al glucosio orale (OGTT, oral glucose tolerance test) tra la 24ma e la 28ma settimana di gestazione. L’OGTT rappresenta tuttavia una procedura onerosa nei paesi a basso e medio reddito, e fa sì che un’elevata percentuale di donne non venga sottoposta allo screening. Sviluppare una strategia di screening semplice ed efficace per il diabete gestazionale attraverso l’utilizzo di parametri predittivi immediati e di facile esecuzione potrebbe aiutare a migliorare l’accesso e la diffusione di tale procedura.

Lo studio di Ponnusamy Saravanan (Saravanan, Warwick Applied Health, Warwick Medical School, University of Warwick, Warwick, UK) et al., recentemente pubblicato sul Lancet Diabetes & Endocrinology, ha arruolato, tra il 15 febbraio 2016 e il 13 dicembre 2019, 7174 partecipanti dopo aver escluso il diabete tipo 2 all’inizio della gravidanza e il diabete gestazionale al momento dell’arruolamento. In seguito, ha testato la validità dell’HbA1c (dosata all’inizio della gravidanza), in due paesi a basso e medio reddito e in una popolazione ad alto reddito, come fattore predittivo per la diagnosi di diabete gestazionale a 24-28 settimane di gestazione. I ricercatori hanno infatti valutato tre diverse coorti multisito: STriDE in India (n = 3070), STRiDE in Kenya (n = 4104) e PriDE nel Regno Unito (n=4320). Il test è stato utilizzato da solo o come parte di uno score di rischio composito utilizzando semplici misure disponibili (età, indice di massa corporea e storia familiare di diabete).

La diagnosi di diabete gestazionale è stata effettuata tra la 24ma e la 28ma settimana di gestazione utilizzando un OGTT da 75 g in una sola fase utilizzando i criteri dell’International Association of Diabetes and Pregnancy Study Groups (IADPSG). Sono state escluse le donne con diabete palese o diabete gestazionale precoce con glicemia precoce a digiuno (FPG 5,1-6,9 mmol/l) e quelle con anemia grave ed emoglobinopatie.

L’HbA1c all’inizio della gravidanza, da sola o in combinazione con fattori di rischio già riconosciuti (come età, indice di massa corporea e storia familiare di diabete mellito), ha identificato circa il 50% delle donne che avrebbero manifestato il diabete gestazionale alla fine della gravidanza. Utilizzando un approccio statistico a due soglie, lo studio è stato in grado di stratificare le donne in tre categorie all’inizio della gravidanza: quelle a più alto rischio (diabete gestazionale da includere), a rischio più basso (diabete gestazionale da escludere) e a rischio medio (richiedere un OGTT a 24-28 settimane). Si stima che tale strategia possa ridurre la necessità di condurre OGTT dal 50 al 64% in diverse popolazioni. Le donne incluse nello studio che presentavano età più alta valori più elevati di BMI oppure ancora della pressione sanguigna erano potenzialmente a più alto rischio metabolico e potevano beneficiare di un intervento precoce. Tali risultati sono stati convalidati in modo incrociato e testati in una coorte multietnica nel Regno Unito, suggerendo che questo approccio potrebbe essere utile anche per altre popolazioni.

L’utilizzo di strategie diagnostiche nelle fasi iniziali della gravidanza per identificare chi può evitare o chi necessita di un OGTT a 24-28 settimane di gravidanza per diagnosticare il diabete gestazionale è importante per ridurre l’impatto sulla vita delle donne e preservare le risorse sanitarie. La tempestiva identificazione e trattamento delle donne con diabete tipo 2 non diagnosticato è un altro aspetto cruciale, insieme alla definizione di opportunità di intervento in situazioni di alto rischio di complicanze in gravidanza, in particolare prima delle 14 settimane di gestazione, sia per la prevenzione del diabete gestazionale tardivo, sia per il trattamento precoce del diabete gestazionale.

L’uso dell’HbA1c presenta chiari vantaggi perché non richiede uno stato di digiuno ed ha una migliore riproducibilità rispetto all’uso della glicemia random. Con la crescente disponibilità di dispositivi point-of-care affidabili, i risultati sono prontamente disponibili per un’azione immediata.

In questo contesto, lo studio di Ponnusamy et al. traccia certamente una strada da considerare. Nel complesso, il requisito per gli OGTT può essere ridotto del 50-64% a seconda della coorte, utilizzando le soglie di inclusione e di esclusione stabilite separatamente per le diverse coorti. Inoltre, l’aggiustamento per l’emoglobina, una preoccupazione generale dell’anemia nei paesi a basso e medio reddito, non ha influenzato le prestazioni dei modelli. Sebbene i risultati dello studio forniscano conoscenze incrementali sull’utilità dell’HbA1c all’inizio della gravidanza per predire il diabete gestazionale a 24-28 settimane di gestazione e sulla stratificazione del rischio per l’intervento, i risultati dovrebbero essere estrapolati nella pratica clinica con cautela. Nonostante le donne con anemia grave siano state escluse dalla coorte, l’HbA1cpuò essere influenzato dal turnover dei globuli rossi senza evidenza di anemia.

In conclusione, i dati osservativi di Saravanan et al. e quelli di altri ricercatori suscitano interesse nel trovare risposte attraverso la ricerca di intervento e implementazione. La ricerca futura può aiutare ad affrontare tre domande di ricerca principali:

  • In primo luogo, abbiamo bisogno di dati provenienti da ampi studi randomizzati e controllati per determinare se la stratificazione del rischio e il successivo intervento adattato al rischio individuale, basato su strategie diagnostiche alternative all’OGTT (HbA1c, CGM, FPG o modelli basati sui fattori di rischio clinici) possano effettivamente migliorare gli esiti della gravidanza.
  • In secondo luogo, se le strategie basate sull’HbA1c o sul CGM vengono convalidate su scala più ampia, come possiamo migliorare l’infrastruttura sanitaria per adottare una strategia di successo?
  • In terzo luogo, è improbabile che una strategia possa adattarsi a tutti i contesti sanitari di un dato paese, soprattutto in India, paese enorme con diversi livelli di infrastrutture. Pertanto, dobbiamo trovare risposte su quale approccio diagnostico per il diabete gestazionale sia ideale, quali approcci siano economicamente vantaggiosi e quale sarà l’approccio pragmatico per i contesti sanitari pubblici rurali o semiurbani. Quale grado di compromesso sarà o potrà essere raggiunto quando viene adottata una strategia più economica o più conveniente (meno di un approccio ideale) per condizioni di risorse limitate?

Tuttavia, i risultati delle coorti STRiDE e PRiDE hanno identificato una strategia di esclusione potenzialmente utile per ridurre la necessità dell’OGTT. Tale strategia sarà più accettabile per le donne e può aiutare ad aumentare l’adozione dello screening per il diabete gestazionale. Inoltre, è bene ricordare che i vincoli di risorse non sono necessariamente universali o statici: ove possibile, le migliori soluzioni dovrebbero essere implementate per migliorare i risultati della gravidanza. Nel frattempo, anche nei paesi a basso e medio reddito l’OGTT rimane “sul tavolo” mentre ci impegniamo per trovare un test alternativo adeguato.


Lancet Diabetes Endocrinol 2024 Jun 24. Online ahead of print

PubMed


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