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Semaglutide settimanale in aggiunta alla terapia con inibitori di SGLT-2 nel diabete di tipo 2 (SUSTAIN 9): uno studio randomizzato, controllato con placebo

A cura di Francesco Romeo

11 marzo 2019 (Gruppo ComunicAzione) – Le linee-guida 2018 sia dell’American Diabetes Association (ADA) sia dell’European Association for the Study of Diabetes (EASD) enfatizzano l’uso degli agonisti dei recettori del GLP-1 (GLP-1RA) e degli inibitori del cotrasportatore di sodio e glucosio di tipo 2 (SGLT-2i) come farmaci preferiti dopo la metformina in pazienti con diabete di tipo 2 (DT2) ed elevato rischio cardiovascolare (CV) (1,2).

Oltre a migliorare il controllo glicemico, i farmaci di ciascuna di queste due classi riducono il rischio di eventi CV maggiori e la progressione della malattia renale cronica. Inoltre, riducono al minimo il rischio di ipoglicemia e favoriscono il calo ponderale. In considerazione di tali caratteristiche, i GLP-1RA e gli SGLT-2i sono sempre più utilizzati per il trattamento del DT2, ma ci sono scarse informazioni sull’efficacia e sulla sicurezza del loro concomitante uso (3-4).

In uno studio pubblicato nei giorni scorsi su Lancet Diabetes and Endocrinology (5) gli autori hanno riportato i risultati dello studio SUSTAIN 9 condotto con un GLP-1RA che prossimamente sarà commercializzato anche in Italia: la semaglutide. SUSTAIN 9 è uno studio in doppio cieco parallelo condotto in 61 centri di sei paesi diversi (Austria, Canada, Giappone, Norvegia, Russia e Stati Uniti) che ha arruolato soggetti adulti con DT2 e HbA1c7-10% (53-86 mmol/mol) nonostante un trattamento di almeno 90 giorni con un SGLT-2i. I pazienti sono quindi stati assegnati in modo casuale (1:1) a ricevere 1 mg di semaglutide o placebo per via sottocutanea una volta alla settimana per 30 settimane, dopo un programma di aumento della dose di 4 settimane di 0,25mg di semaglutide o placebo e 4 settimane di 0,5 mg di semaglutide o placebo. Il trattamento con SGLT-2i, è stato continuato per tutta la durata dello studio.

L’outcome primario era il cambiamento dell’HbA1c dal basale alla 30esima settimana. L’endpoint secondario è stata la variazione ponderale dal basale alla 30ma settimana. La sicurezza è stata anche valutata in un set di analisi di sicurezza (tutti i pazienti hanno ricevuto almeno una dose di trattamento).

Tra il 15 marzo e il 4 dicembre 2017, sono stati reclutati 302 pazienti con caratteristiche di base generalmente comparabili tra i gruppi. Oltre ai farmaci in studio, 216 (71,5%) pazienti assumevano metformina e 39 (12,9%) una sulfonilurea.

I pazienti trattati con semaglutide hanno avuto maggiori riduzioni di HbA1c (differenza stimata -1,42% [IC 95% da -1,61 a -1,24]; -15,55 mmol/mol [da -17,54 a -13,56]) e ponderali (-3,81 kg [da -4,70 a -2,93]) rispetto a quelli randomizzati a placebo (in entrambi i casi p <0,0001).

Sono stati segnalati 356 eventi avversi in 104 (69,3%) pazienti del gruppo semaglutide e 247 eventi avversi in 91 (60,3%) pazienti nel gruppo placebo. Gli eventi avversi gastrointestinali erano i più comuni e sono stati riportati in 56 (37,3%) pazienti nel gruppo semaglutide e 20 (13,2%) nel gruppo placebo. Eventi avversi gravi si sono verificati in 7 (4,7%) pazienti nel gruppo semaglutide e 6 (4,0%) nel gruppo placebo. Eventi ipoglicemici gravi sono stati segnalati in 4 pazienti trattati con semaglutide (2,7%). Sono stati 16 i pazienti che hanno interrotto il trattamento precocemente a causa di un evento avverso, 13 dei quali erano nel gruppo semaglutide. Non ci sono stati decessi durante lo studio.

Gli autori concludono che l’aggiunta di semaglutide alla terapia con SGLT-2i migliora significativamente il controllo glicemico e riduce il peso corporeo nei pazienti con DT2 non adeguatamente controllato, generalmente con una buona tolleranza.


1. Diabetes Care 2018;41:2669-701

2. Diabetes Care 2019;42(suppl 1):S1-S2

3. Lancet Diabetes Endocrinol 2018;6:370-81

4. Lancet Diabetes Endocrinol 2016;4:1004-16

5. The Lancet Diabetes and Endocrinology. Pub. online 1 March 2019

PubMed


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