Senza un Servizio Sanitario universalistico e solidarista, il diabete può ancora uccidere
A cura del gruppo AMD ComunicAzione
8 gennaio 2018 (Gruppo ComunicAzione) – Si chiamava Alec Raeshawn Smith, il giovane di Minneapolis, Minnesota, malato di diabete di tipo 1 morto, secondo il racconto della madre, perché non riusciva a coprire il costo delle dosi di insulina essenziali alla propria sopravvivenza. Negli Stati Uniti la polizza sanitaria dei genitori copre i figli fino al 26° anno di età: da quel momento in poi Alec avrebbe dovuto provvedere personalmente all’acquisto di medicinali o alla sottoscrizione di una polizza assicurativa disposta a coprire le spese sanitarie. Ma per chi è povero, negli Stati Uniti curarsi può essere solo un sogno.
Quando Alec è morto, il 27 giugno 2017, aveva appunto 26 anni e aveva da poco lasciato la casa dei genitori per andare a vivere da solo. Secondo il racconto della madre del giovane riportato dall’emittente CBS, Alec non avrebbe parlato ai genitori dei suoi problemi economici e avrebbe razionato le dosi di insulina per farla durare più a lungo. Ma le dosi erano insufficienti, Alec è andato in coma diabetico ed è morto.
Purtroppo, la vicenda di Alec Raeshawn Smith non è un caso isolato, anche se da noi se parla soltanto ora, e con gran risalto, su quotidiani e siti. Perché se, negli Stati Uniti, per le persone con diabete alcune “vecchie” formulazioni insulinche sono ancora disponibili in qualche farmacia a poche decine di dollari, continuano a essere molti i malati costretti a rinunciare alle proprie cure a causa di spese che non possono permettersi. Un dato di fatto che consente qualche considerazione sulla vicenda specifica e sullo stato sociosanitario nel nostro paese.
“Sfortunatamente, eventi tragici come quelli di Alec costituiscono l’epilogo di un sistema sanitario, quale quello degli Stati Uniti, in cui l’accesso alle cure e ai farmaci non è garantito e dove i soggetti più vulnerabili della società sono indebitamente penalizzati. Negli USA ci sono enti di salute pubblica che possono fornire risorse, accesso alle cure, orientamento e informazioni preziose ai pazienti per ricevere assistenza di elevata qualità. Però, le formulazioni insulinche più recenti, quelle in uso in Italia, negli States sono quasi triplicate di prezzo negli ultimi dieci anni. Nonostante esistano ‘vecchie’ preparazioni insuliniche, oggi quasi scomparse nei paesi europei, distribuite in alcune catene di farmacie il cui costo è di poche decine di dollari, per molti statunitensi l’obiettivo di sostenere i costi di tali terapie può essere irraggiungibile” commenta Luigi Meneghini, docente presso l’UT Southwestern Medical Center di Dallas, Texas. “Fino a quando le istituzioni e la collettività negli Stati Uniti non riusciranno a fare propria la convinzione che l’accesso alle cure mediche dovrebbe essere un diritto e non un privilegio, e finché non verranno messe in pratica azioni per risanare la disparità che esiste nell’erogazione dell’assistenza sanitaria, sui quotidiani statunitensi continueremo a leggere storie strazianti come quelle di Alec”.
Certo, nessuno dovrebbe perdere la vita perché l’organizzazione del Sistema Sanitario non può assicurare i costi dell’insulina, che sia in Italia, negli Stati Uniti o in qualsiasi altra parte del globo. E notizie come quelle del povero Alec parrebbero cancellare d’un colpo gli enormi progressi compiuti negli ultimi lustri in ambito sociosanitario in generale e in quello diabetologico in particolare.
“Notizie così tragiche ci obbligano a riflettere sul ruolo prezioso e irrinunciabile del nostro Servizio Sanitario Nazionale, universalistico e solidarista e che garantisce la gratuità dell’accesso ai farmaci. Soprattutto, come in questo caso, ai farmaci salvavita.” Così commenta Domenico Mannino, Presidente dell’Associazione Medici Diabetologi. “Con i suoi 40 anni di storia, il nostro Servizio Sanitario Nazionale è un baluardo a difesa del diritto alla salute che molti paesi esteri, non a caso, ci invidiano. Non possiamo nasconderci difetti, ritardi, difficoltà e tutti i problemi che lo affliggono, tra i quali – in primis – le grandi disparità tra le diverse zone del paese. Ma proprio per questo è necessario lo sforzo congiunto di tutti gli attori del sistema per garantire al Servizio Sanitario italiano un futuro di stabilità a beneficio dei cittadini”.
Se vicende come quella di Alec non sono purtroppo un caso isolato, almeno negli Stati Uniti, “oggi, in Italia, invece, un paziente che riceve la diagnosi di diabete, sia di tipo 1 sia di tipo 2, rivolgendosi alla rete di servizi di diabetologia presenti su tutto il territorio nazionale può contare sulle cure del miglior livello”, sottolinea Paolo Di Bartolo, Vicepresidente AMD. Il quale conclude: “Grazie alla qualità del Servizio Sanitario Nazionale in ambito diabetologico, il nostro paese può sicuramente essere annoverato tra quelli più virtuosi nella cura di tale condizione che, se non trattata adeguatamente, può diventare una grave patologia”.
AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.