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SGLT2 e ACE inibitori in persone con diabete tipo 1 e potenziale iperfiltrazione glomerulare: a volte bisogna sapersi accontentare

Punti chiave

Domanda: L’inibizione cronica con gli SGLT2 inibitori è in grado di ridurre il rischio di complicanze cardiorenali in nuove popolazioni ad alto rischio di insufficienza renale o di malattia cardiovascolare?

Risultati: In questo studio di 19 settimane condotto in persone con diabete tipo 1, l’SGLT2 inibitore empagliflozin in associazione con l’ACE-inibitore ramipril ha determinato una modesta ma significativa riduzione del tasso di filtrazione glomerulare accompagnata da una riduzione del tasso di riassorbimento assoluto di liquidi prossimali e del tasso assoluto di riassorbimento di sodio prossimale. Inoltre, il trattamento combinato empagliflozin + ramipril ha determinato la riduzione della pressione sistolica e diastolica, la soppressione dei marcatori dello stress ossidativo intrarenale e un calo della resistenza periferica totale. Non ha però determinato variazioni significative della rigidità arteriosa, della frequenza e della gittata cardiaca.

Significato: La combinazione empagliflozin + ramipril è risultata coerente con un profilo fisiologico protettivo, caratterizzato dall’abbassamento della pressione intraglomerulare e del rischio relativo cardiorenale, anche se i dati ottenuti non sembrano aver trovato piena risposta alla domanda iniziale.


A cura di Michele Riccio

(Gruppo ComunicAzione) – In uno studio meccanicistico crossover in doppio cieco con placebo pubblicato recentemente su Circulation, Yuliya Lytvin (Div. of Nephrology, University of Toronto, Canada) e colleghi hanno valutato gli effetti cardiorenali dell’SGLT2i empagliflozin 25 mg/die in combinazione con l’ACE-inibitore ramipril 10 ng/die in persone con diabete tipo 1 e potenziale iperfiltrazione glomerulare.

Trenta pazienti hanno completato lo studio durato 19 settimane. Il reclutamento è stato interrotto precocemente a causa della percentuale inaspettatamente bassa di pazienti con iperfiltrazione e dalla quasi totale assenza di pazienti con diabete tipo 2 e obesi, inizialmente previsti. Le misurazioni sono state ottenute alla fine delle 6 fasi di trattamento in cui sono state suddivise le 19 settimane dello studio: 1) basale senza trattamento; 2) 4 settimane di run-in con solo ramipril; 3) 4 settimane di trattamento combinato empagliflozin + ramipril; 4) un wash-out di 4 settimane con solo ramipril; 5) 4 settimane di trattamento con placebo + ramipril; 6) follow-up di 1 settimana dopo la sospensione del trattamento.

L’endpoint primario era il tasso di filtrazione glomerulare (GFR). Alla fine dello studio sono stati misurati la clearence con inulina e acido para-aminoippurico, escrezione del sodio tubulare, pressione ambulatoriale, rigidità arteriosa, variabilità della frequenza cardiaca, monitoraggio (non invasivo) della gittata cardiaca, biochimica standard su plasma e urine, marcatori del sistema renina-angiotensina-aldosterone e dello stress ossidativo renale.

Il trattamento in associazione di empagliflozin + ramipril ha determinato una riduzione significativa (p = 0,0061) del GFR rispetto al trattamento con placebo in assenza di modifiche del flusso plasmatico renale. La diminuzione della GFR è stata accompagnata da una riduzione del tasso di riassorbimento assoluto di liquidi prossimale (p = 0,0092) e da una riduzione del tasso assoluto di riassorbimento di sodio prossimale (p = 0,0056); inoltre, ha prodotto effetti additivi di riduzione della pressione sanguigna sistolica (p = 0,0112) e diastolica (p = 0,0032). Ancora: l’aggiunta di empagliflozin ha comportato una soppressione dei marcatori dello stress ossidativo intrarenale e un calo della resistenza periferica totale, ma non ha determinato variazioni significative della rigidità arteriosa, variabilità della frequenza cardiaca o gittata cardiaca.

Gli autori hanno concluso che la combinazione di SGLT2i e ACE-inibitore è coerente con un profilo fisiologico protettivo, caratterizzato dall’abbassamento della pressione intraglomerulare e del relativo rischio cardiorenale. Gli stessi hanno poi sottolineato come tali risultati siano in qualche modo coerenti con altri studi che includevano solo diabetici tipo 2 o malattie renali non diabetiche.

Lo studio ha comunque diversi limiti, come la scarsa popolazione arruolata, la mancanza di pazienti con iperfiltrazione e – infine – l’impossibilità – concreta in molti paesi – di poter prescrivere gli SGLT2i in pazienti con diabete tipo 1.


Circulation 2022 Jul 11. Online ahead of print

PubMed


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