SGLT2i e prevenzione primaria nella disfunzione cardiaca da farmaci oncologici in pazienti con diabete
Punti chiave
Domanda: Le gliflozine possono essere impiegate nella prevenzione primaria della cardiotossicità indotta dalle terapie oncologiche?
Risultati: Una recente revisione di uno studio osservazionale apparso su JACC Cardioncology suggerisce un ruolo benefico degli SGLT2i nel ridurre il rischio di disfunzione cardiaca associata a farmaci antineoplastici in pazienti affetti da diabete tipo 2. I dati sono stati desunti dalle cartelle elettroniche nella rete statunitense TrinetX, relativa a due coorti, per un totale di 8675 pazienti con diabete tipo 2, in trattamento con farmaci potenzialmente cardiotossici, ma senza storia pregressa di cardiomiopatia o scompenso cardiaco. In un follow-up di 12 mesi, i pazienti trattati con SGLT2i presentavano un rischio di cardiotossicità inferiore a quello del gruppo di controllo (7,5 vs 11%, HR 0,76 p <0,001), un minor rischio di esacerbazione di insufficienza cardiaca e di ospedalizzazione (7 vs 9%, HR 0,81, p <0,001 e 41 vs 45%, HR 0,93, p <0,001) e, infine, una riduzione della mortalità per tutte le cause (8 vs 12 %, HR 0,67, p <0,001).
Significato: Pur con i limiti di uno studio retrospettivo, i dati disponibili suggeriscono che i glicosurici mantengano proprietà di protezione cardiaca anche nei confronti della tossicità da terapie oncologiche.
29 ottobre 2024 (Gruppo ComunicAzione) – A cura di Roberta Poli
Che cosa si sa già? Il ruolo fondamentale degli SGLT2i nel ridurre l’ospedalizzazione per scompenso cardiaco (HF, heart failure) e la morte cardiovascolare, indipendentemente dalla presenza di diabete mellito e dal grado di compromissione della frazione di eiezione, è già stato ampiamente documentato con prove scientifiche robuste. D’altra parte, è altrettanto riconosciuta la potenziale cardiotossicità indotta da farmaci antineoplastici tra i quali, in primis, le antracicline, seguite dagli anticorpi monoclonali (trastuzumab), inibitori delle tirosin-chinasi (TKI, tyrosine kinase inhibitor), agenti alchilanti e inibitori dei proteasomi. Un’area di studio nell’ambito della cardioncologia coinvolge, quindi, la ricerca di nuove strategie terapeutiche volte a ridurre il rischio di disfunzione cardiaca correlata a tali farmaci (CTRCD, cancer-therapy related cardiac dysfunction) e prevenire l’interruzione prematura della chemioterapia, la morbilità e la mortalità.
Alcuni studi osservazionali hanno documentato come gli effetti cardioprotettivi degli SGLT2i (induzione della biogenesi mitocondriale e della chetogenesi, insieme alla riduzione dello stress ossidativo) siano alla base del beneficio e della sinergia di tali farmaci con quelli attivi sul sistema renina-angiotensina-aldosterone. Inoltre, studi preclinici e clinici suggerirebbero un’azione inibitoria degli SGLT2i sulla proliferazione cellulare attraverso la modulazione di pathways intracellulari (PI3K/AKT e mTOR) coinvolti sia nella cardioprotezione sia nella biologia tumorale. La stessa chetogenesi indotta dai SGLT2i parrebbe avere un effetto protettivo: in modelli animali, l’aumento dei livelli di beta-idrossibutirrato mitigherebbe l’azione di geni coinvolti nello stress ossidativo, indotta invece dalla doxorubicina.
Quali sono le nuove evidenze? Un recente commento su NEJM Journal Watch (1) ha sottolineato la rilevanza dell’analisi ad hoc condotta in uno studio retrospettivo, pubblicato su JACC Cardioncology (2). Mediante il propensity-score matching, a partire dai dati desunti dal sistema di cartelle elettroniche statunitensi, sono state analizzate due coorti di circa 8600 pazienti con diabete tipo 2 e tumore, esposti a farmaci potenzialmente cardiotossici, ma senza storia pregressa di cardiopatia. Le neoplasie maggiormente rappresentate erano il tumore della mammella, seguito da linfomi e tumori del distretto gastroenterico.
Gli obiettivi primari dello studio erano la comparsa di cardiomiopatia e/o insufficienza cardiaca di nuovo riscontro in un periodo di 12 mesi, considerato come il tempo in cui una eventuale cardiotossicità da farmaci possa manifestarsi.
Al termine del follow-up, un totale di 646 pazienti (7,5%), in corso di terapia con SGLT2i, ha sviluppato cardiotossicità rispetto ai 948 del gruppo di controllo (10,9%; HR 0,76; IC 95%, p <0,001). Inoltre, l’impiego delle gliflozine era associato a una riduzione del rischio di disfunzione cardiaca in pazienti trattati con antracicline (HR 0,70; p <0,001), anticorpi monoclonali (HR 0,81%, p <0,00), TKI (HR 0,67; p <0,001) e agenti alchilanti (HR 0,63; p <0,001). In linea con precedenti studi, i pazienti trattati con SGLT2i presentavano una minore incidenza di esacerbazione di HF come causa di ospedalizzazione e un decremento di aritmie atriali di nuova diagnosi. Infine, la coorte di pazienti in trattamento ha riportato una riduzione della mortalità per tutte le cause (HR 0,67, p <0,001), del rischio di metastasi (HR 0,66, p <0,001) o di ricorso a terapie oncologiche di seconda linea (HR 0,67, p <0,001) suggerendo un’azione modulatoria degli SGLT2i sulla proliferazione cellulare, sebbene tali endpoint non possano essere considerati equivalenti a PFS (progression-free survvival) e OS (overall survival).
Commento e spunti la pratica clinica: Pur a fronte dei limiti di un’analisi retrospettiva su dati definiti con i codici ICD-9 (International Classification of Diseases) e incentrata solo su pazienti con diabete tipo 2, gli autori suggeriscono un ruolo per i SGLT2i nella prevenzione primaria dei pazienti esposti a terapie potenzialmente cardiotossiche, ruolo che dovrà successivamente essere validato in studi clinici randomizzati.
1) NEJM Journal Watch 2024, Oct 15
2) LEGGI E SCARICA L’ARTICOLO: J Am Coll Cardiol CardioOnc. Sep 22, 2024. In press
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