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Sotagliflozin: risultati positivi in uno studio di fase III in pazienti con diabete tipo 1

Highlights EASD 2017

A cura di Lucia Briatore

25 settembre 2017 (Gruppo ComunicAzione) – Alcuni farmaci orali sono approvati anche per il trattamento del diabete tipo 1, la cui incidenza – che attualmente colpisce 29 milioni di adulti in tutto il mondo – sta aumentando. L’ultimo in ordine di tempo è il sotagliflozin, un doppio SGLT1- e SGLT2-inibitore.

Nello studio inTandem3, presentato al congresso EASD 2017 da Satish K. Garg, MD (University of Colorado, Denver; USA) e colleghi, e pubblicato contemporaneamente sul New England Journal of Medicine, i pazienti con diabete tipo 1 trattati con 400 mg/die di sotagliflozin per 24 settimane, in aggiunta alla terapia insulinica abituale (MDII o CSII), hanno raggiunto più facilmente l’endpoint composito, composto da HbA1c <7% senza episodi di ipoglicemia o chetoacidosi (gruppo di trattamento 200 [28,6%] su 699 pazienti vs. placebo 107 [15,2%] su 703 pazienti). La differenza tra i gruppi era statisticamente significativa (13,4%, IC 95% 9,0-17,8, p <0,001).

Nell’editoriale di commento, apparso sempre sul NEJM, David M. Nathan, MD (Diabetes Center, Massachusetts General Hospital e Harvard Medical School, Boston; USA) sottolinea che molti pazienti con diabete tipo 1 non raggiungono il target di HbA1c<7%, nonostante la terapia insulinica ottimizzata; pertanto, un nuovo approccio per tale obiettivo è più che auspicabile.

Il disegno dell’inTandem3 ha visto un periodo di 2 settimane di run-in dopo il quale 1402 partecipanti sono stati randomizzati 1:1 ad assumere 400 mg/die di sotagliflozin o placebo. Tra i criteri di inclusione: diabete tipo 1 da almeno 1 anno, HbA1c tra 7,0 e 11,0%, BMI ≥18,5, trattamento insulinico a dose stabile nelle 2 settimane precedenti.

Il braccio in trattamento con sotagliflozin ha raggiunto l’endpoint composito in percentuale maggiore rispetto al braccio placebo, sia se trattati con CSII (15,9% differenza tra gruppi; IC 95% 8,6%-23,3%), sia con MDII (11,8%; IC 95% 6,1-17,4%).

Inoltre, nei pazienti del gruppo sotagliflozin si è riscontrato, dopo 24 settimane, un vantaggio osservando altri parametri singolarmente considerati: HbA1c (differenza -0,46%), peso corporeo (-2,98 kg), pressione sistolica (-3,5 mmHg), dose media di insulina (-2,8 unità/die) (p ≤0,002 per tutti i confronti).

Sebbene gli eventi avversi siano stati numericamente simili tra I due gruppi di trattamento (55,1% sotagliflozin vs. 52,5% placebo), quelli seri sono stati maggiori con sotagliflozin (6,9 vs. 3,3%). In particolare, gli eventi di acidosi (8,6 vs. 2,4%) e gli eventi aggiudicati come chetoacidosi (3,0 vs. 0,6%). L’incidenza di almeno un episodio ipoglicemico è stata leggermente maggiore con sotagliflozin (3,0 vs. 2,4%) rispetto al gruppo placebo.

Se il beneficio tra il miglioramento della glicata e il rischio di chetoacidosi va attentamente bilanciato, hanno concluso Garg e colleghi, i risultati del trial sono tuttavia promettenti e si attendono risposte dalle agenzie regolatorie per l’approvazione della commercializzazione del farmaco.


Note
Questo studio è stato supportato dalla Lexicon Pharmaceuticals.

Fonti
Garg S, et al. Effects of sotagliflozin added to insulin in patients with type 1 diabetes. N Engl J Med 2017; DOI: 10.1056/NEJMoa1708337

Nathan DM. Adjunctive treatments for type 1 diabetes. N Engl J Med 2017; DOI: 10.1056/NEJMe1711296


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