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Studio DELIGHT: effetto di dapagliflozin da solo e in combinazione con saxagliptin sulla riduzione dell’albuminuria ed effetto dei due farmaci sul controllo glicemico in pazienti con diabete tipo 2 e malattia renale cronica

A cura di Enrico Pergolizzi

22 aprile 2019 (Gruppo ComunicAzione) – Uno scarso controllo metabolico e l’aumentata escrezione urinaria di albumina sono marcatori di rischio di una progressiva perdita della funzione renale. Tuttavia, nei pazienti con diabete di tipo 2 (DT2) e malattia renale cronica, il controllo glicemico ottimizzato e la riduzione dell’albuminuria con i trattamenti attualmente disponibili sono insufficienti per prevenire l’avanzamento verso l’insufficienza renale cronica (IRC).

Gli inibitori del sodio-glucosio cotransporter2 (SGLT2-i) e della dipeptidil-peptidasi4 (DPP4-i) sono terapie consolidate per il trattamento dell’iperglicemia nei pazienti con DT2. La capacità di ridurre l’HbA1c da parte di SGLT2-i è minore nelle persone con ridotta funzione renale, mentre gli effetti su altri marcatori di rischio cardiovascolare come il peso corporeo e la pressione arteriosa sembrano essere indipendenti dalla funzione renale. Al contrario, l’efficacia sulla riduzione dell’HbA1c di DPP4-i non dipende dalla funzione renale. Inoltre, entrambe la classi dei farmaci sembrano avere effetti benefici diretti sulla funzione renale. Infatti, gli SGLT2-i riducono l’albuminuria e rallentano la progressione verso l’IRC, indipendentemente dal miglioramento del compenso glicemico; gli DPP4-i hanno dimostrato di migliorare l’albuminuria nelle analisi secondarie di studi sulla sicurezza cardiovascolare.

In considerazione degli effetti metabolici complementari di queste due classi di farmaci, la combinazione di entrambi è razionale nei pazienti con DT2 e malattia renale cronica.

Carol Pollock (University of Sydney, NSW, Australia) et al. hanno progettato lo studio DELIGHT per valutare l’efficacia di dapagliflozin da solo e in combinazione con saxagliptin in pazienti con DT2 e malattia renale cronica di grado da moderato a grave. I risultati sono stati pubblicati recentemente su The Lancet.

In questo studio in doppio cieco, controllato con placebo, sono stati arruolati pazienti in 116 centri di ricerca in Australia, Canada, Giappone, Corea del Sud, Messico, Sudafrica, Spagna, Taiwan e Stati Uniti. Sono stati inclusi pazienti con una storia nota di DT2, una aumentata escrezione urinaria di albumina (rapporto albuminuria-creatininuria [RAC] 30-3500 mg/g), un filtrato glomerulare stimato di 25-75 ml/min e un’HbA1cda 7,0 a 11,0% (53-97 mmol/mol), in trattamento con inibitore dell’enzima di conversione dell’angiotensina (ACE-i) o con bloccante del recettore dell’angiotensina II (sartano) e in terapia ipoglicemizzante per almeno 4 settimane.

Dopo un periodo di run-inin singolo-cieco con placebo, della durata di 4 settimane, i partecipanti sono stati assegnati casualmente (1:1:1; con un sistema interattivo di risposta vocale sul web) a ricevere solo dapagliflozin (10 mg), dapagliflozin (10 mg) e saxagliptin (2,5 mg) o placebo una volta al giorno per 24 settimane. Gli endpoint primari erano le variazioni dal basale del RAC (gruppi dapagliflozin e dapagliflozin-saxagliptin) e dell’HbA1c(gruppo dapagliflozin-saxagliptin) alla settimana 24 in tutti i pazienti con dati disponibili (set completo di analisi).

Lo studio si è protratto dal 14 luglio 2015 al 18 maggio 2018. Sono stati sottoposti a screening 1187 pazienti, di cui 461 sono stati assegnati in modo casuale: 145 al gruppo dapagliflozin, 155 al gruppo dapagliflozin-saxagliptin e 148 al gruppo placebo (13 pazienti sono stati esclusi per problemi di integrità dei dati). Dapagliflozin e dapagliflozin-saxagliptin hanno ridotto il RAC rispetto al placebo durante il periodo di studio. Alla settimana 24, la differenza (vs. placebo; n = 134 pazienti con dati disponibili) nella variazione media del RAC dal basale era di -21,0% (IC 95% da -34,1 a -5,2; p = 0,011) per dapagliflozin (n = 132) e -38,0% (da -48,2 a -25,8; p <0,0001) per dapagliflozin-saxagliptin (n = 139). L’HbA1csi è ridotta maggiormente nel gruppo dapagliflozin-saxagliptin (n = 137) rispetto al gruppo placebo (n = 118) alla settimana 24 (-0,58% [da -0,80 a -0,37; p <0,0001]). Il numero di pazienti con eventi avversi (79 [54%] nel gruppo dapagliflozin, 104 [68%] nel gruppo dapagliflozin-saxagliptin e 81 [55%] nel gruppo placebo) o eventi avversi gravi (12 [8%], 12 [8%] e 16 [11%], rispettivamente) erano simili tra i gruppi.

Gli autori concludono che dapagliflozin con o senza saxagliptin, in aggiunta all’ACE-i o al sartano, è un’opzione terapeutica potenzialmente interessante per rallentare la progressione della malattia renale in pazienti con DT2 e malattia renale cronica da moderata a grave.


The Lancet 2019.  Published online April 13, 2019

PubMed


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