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Studio EMMY: empagliflozin nell’infarto acuto del miocardio

Punti chiave

Domanda: Sappiamo da dati ormai consolidati che le gliflozine riducono il rischio di ospedalizzazione e morte in pazienti con scompenso cardiaco, ma questi stessi farmaci possono portare vantaggi clinici se utilizzati in pazienti con infarto acuto del miocardio?

Risultati: Lo studio clinico EMMY, i cui dati sono appena stati pubblicati sull’European Heart Journal, ha dimostrato come in adulti con infarto del miocardio l’utilizzo di empagliflozin abbia significativamente ridotto i livelli di NT pro-BNP e migliorato i parametri ecocardiografici di funzionalità ventricolare sinistra nell’arco di 26 settimane.

Significato: Lo studio EMMY apre una riflessione sull’efficacia degli SGLT2 inibitori, in questo caso empagliflozin, non solo in soggetti con scompenso cardiaco ma in soggetti con infarto acuto del miocardio anche in assenza di diabete.


A cura di Alessandra Clerico

19 settembre 2022 (Gruppo ComunicAzione) – L’EMMY è un trial multicentrico randomizzato controllato condotto su 476 soggetti con infarto acuto del miocardio con incremento della creatin kinasi >800 U/l e troponina T/I >10 × ULN.

I soggetti dello studio avevano un’età media di 57 anni, nell’ 82% di sesso maschile, BMI medio 27, fumatori nel 72%, affetti da obesità nel 29%, da diabete nel 13%, da ipertensione arteriosa nel 42%, da dislipidemia nel 28% dei casi.

I soggetti sono stati randomizzati a empagliflozin 10 mg o placebo con inizio di assunzione entro le 72 ore dall’intervento di angioplastica percutanea coronarica. L’outcome primario dello studio era la variazione dell’NT pro-BNP (N terminale del propeptide natriuretico atriale) nell’arco di 26 settimane. L’outcome secondario era la variazione di parametri ecocardiografici quali: LVEF (%), E/e’, LVESV (ml), LVESV/BSA (ml/m2), LVEDV (ml), LVEDV/BSA (ml/m2). Il valore medio di NT pro-BNP al basale era di 1,294 (757-2,246) pg/ml.

I risultati dello studio hanno evidenziato che la riduzione di NT pro-BNP è risultata significativamente maggiore nel gruppo empagliflozin rispetto al gruppo placebo essendo inferiore del 15% (IC 95% da -4,4 a -23,6%) dopo aggiustamento per valori di NT pro-BNP al basale, sesso e condizione di diabete (p = 0,026).

Per quanto concerne gli endpoint secondari, nel gruppo trattato con empagliflozin rispetto al gruppo placebo è risultata migliorata la LVEF di 1,5% (IC 95% da 0,2 a 2,9%, p = 0,029), la riduzione media dell’indice E/e’ è risultata maggiore del 6,8% (IC 95% da 1,3 a 11,3%, p = 0,015), il volume telesistolico del ventricolo sinistro è risultato inferiore di 7,5 ml (IC 95% da 3,4 a 11,5 ml, p = 0,0003) e il volume telediastolico è risultato inferiore di 9,7 ml (IC 95% da 3,7 a 15,7 ml, p = 0,0015).

Sull’intero campione, 7 soggetti sono stati ospedalizzati per scompenso cardiaco, tre dei quali trattati con empagliflozin. Non si sono manifestati eventi avversi significativi e differenti tra i gruppi.

L’EMMY è il primo studio randomizzato controllato a presentare dati sull’utilizzo precoce di SGLT2 inibitori – nello specifico empagliflozin – in persone con infarto acuto del miocardio prevalentemente non diabetiche; i risultati del trial portano gli autori a concludere che in pazienti con infarto acuto del miocardio l’utilizzo di empagliflozin è risultato essere associato a un più rapido decremento degli indici di stress di parete e sovraccarico di volume del ventricolo e a un miglioramento significativo, rilevato con metodica ecocardiografica, dei parametri funzionali e strutturali di funzionalità del ventricolo sinistro.

Il ruolo degli SGLT2 inibitori nell’infarto acuto del miocardio potrà essere ulteriormente chiarito e compreso quando saranno a disposizione i risultati di importanti CVOT in corso, quali ad esempio EMPACT-MI [NCT04509674]  e DAPA-MI [NCT04564742]), i cui risultati saranno a disposizione nel 2023.


Eur Heart J 2022 Aug 29;ehac494. Online ahead of print

PubMed


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