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IN EVIDENZA – Tessuto adiposo: nemico? alleato?

Ecco come Saverio Cinti, docente di anatomia umana all’Università di Ancona, propone il tessuto adiposo come nuovo organo bersaglio per farmaci contro l’obesità

di Lucia Briatore e Riccardo Fornengo


Saverio Cinti, docente di anatomia umana all’Università di Ancona

Siamo sempre più sovrappeso e cerchiamo in ogni modo, come medici e pazienti, di eliminare il grasso che ci disturba. È una lotta che per ora ci vede perdenti. Ma è questa la soluzione? Il tessuto adiposo è un avversario oppure – difficile a credersi oggi – un alleato? Questa è una delle ipotesi formulate da Saverio Cinti, professore di anatomia umana all’Università di Ancona e tra i massimi esperti mondiali di tessuto adiposo. In un articolo (“Convertible visceral fat as a therapeutic target to curb obesity”) pubblicato sul numero di giugno 2016 della rivista Nature Reviews Drug Discovery, il prof. Cinti propone il tessuto adiposo come nuovo organo bersaglio per farmaci contro l’obesità. Lo abbiamo intervistato per capire meglio gli affascinanti risultati delle sue ricerche.


Professor Cinti, il tessuto adiposo è sempre stato considerato un materiale di scarto, inutile, se non addirittura dannoso. Come è nato il suo interesse per il tessuto adiposo?
All’inizio della mia formazione all’Università di Padova e Verona mi sono occupato di obesità e diabete dal punto di vista clinico. Successivamente, sono passato al campo dell’anatomia e mi è sembrato naturale iniziare a studiare il tessuto adiposo per proseguire il mio interesse per le malattie metaboliche: prima avevo osservato le conseguenze dell’obesità e ora volevo “vedere” la malattia da un punto di vista anatomico.

Nei suoi lavori non parla di tessuto adiposo ma di “organo adiposo”. Cosa vuol dire?
Il concetto nasce dall’anatomia classica e dagli studi di dissezione dei topi. L’anatomia definisce “organo” una struttura con una forma precisa, che si può dissecare facilmente dalle strutture circostanti e che è composta da diversi tessuti che svolgono tra loro funzioni integrate. Quando abbiamo iniziato gli studi di dissezione sui topi ci siamo accorti che il tessuto adiposo si poteva rimuovere in blocco, aveva una forma ben precisa ed era nettamente separabile dalle strutture vicine. Non era solo tessuto connettivo, di riempimento tra gli altri organi, ma era veramente una struttura autonoma. Inoltre, con quegli studi abbiamo visto che nel tessuto adiposo erano sempre presenti adipociti bianchi e bruni, in quantità variabili a seconda della sede ma sempre entrambi presenti. Mettendo insieme i risultati delle osservazioni – struttura anatomicamente autonoma composta da almeno due tipi di cellule differenti – siamo giunti alla conclusione esiste un vero e proprio organo adiposo.

Quanto descrive è affascinante e distante dai paradigmi classici che abbiamo imparato studiando medicina. Gli adipociti bianchi e bruni come cooperano nell’organo adiposo per una stessa funzione?
Questo è un punto chiave che ci ha impegnato per molto tempo. Una serie di studi sperimentali durati oltre dieci anni ci ha permesso di affermare che le cellule bianche si possono trasformare in brune e viceversa. Un fenomeno di straordinaria importanza perché i due tipi cellulari svolgono funzioni assai diverse: i bianchi accumulano energia (grasso) per restituirla all’organismo tra un pasto e l’altro (da notare che per milioni di anni l’intervallo di tempo tra un pasto e l’altro poteva durare settimane), mentre i bruni bruciano energia (grasso) per produrre calore. Anche quest’ultima funzione è essenziale alla sopravvivenza perché l’uomo vive a temperature comprese tra +50 e -50° C, cioè prevalentemente a temperature inferiori a quella corporea (+37° C) che deve essere mantenuta costante, quindi ha bisogno di potenti mezzi di produzione di calore. L’organo adiposo gioca sulla plasticità delle sue cellule per utilizzare l’energia a seconda delle necessità, attraverso la via del metabolismo cellulare o della termogenesi, ovvero se le condizioni sono ideali entrambi i tessuti sono rappresentati nell’organo e svolgono le reciproche funzioni, ma in caso di necessità si convertono in tessuto bruno per affrontare particolari condizioni climatiche o in tessuto bianco per accumulare energia (se la bilancia energetica è positiva). Tutto ciò è clinicamente rilevante perché il consumo energetico del tessuto adiposo bruno è in grado di curare l’obesità, il diabete tipo 2 e le malattie cardiovascolari, cioè la sindrome metabolica – che è uno dei principali problemi per la salute dell’uomo nei paesi industrializzati.

In ambito metabolico ha generato molto interesse l’evidenza che l’obesità e l’infiammazione cronica siano associate…
L’adipocita bianco reagisce alla bilancia energetica positiva aumentando il suo volume sino a cinque-sei volte in caso di obesità grave. Questa ipertrofia scatena una serie di eventi molecolari negativi che complessivamente sono definibili come “stress” cellulare. Lo stress induce la morte degli adipociti richiamando cellule infiammatorie dal sangue che hanno il compito di rimuovere gli adipociti morti. Poiché questi ultimi sono assai voluminosi e numerosi, l’infiammazione diventa cronica. Le cellule “becchino”, durante l’operazione di riassorbimento dei cadaveri cellulari, producono sostanze tossiche (come TNF-α) che vanno a contrastare l’azione dell’insulina promuovendo l’insorgenza del diabete tipo 2. Abbiamo anche scoperto che le cellule bianche viscerali (della pancia tipica dell’uomo e donna postmenopausa) muoiono prima delle cellule bianche del sottocutaneo. Ciò spiega perché accumulare il grasso viscerale è più dannoso dell’accumulo del grasso sottocutaneo (gluteo-femorale tipicamente femminile).

Da un punto di vista pratico, come possiamo modificare il nostro tessuto adiposo? Come possiamo sfruttare la sua plasticità?
Abituandoci a vivere a temperature più basse, poiché il freddo è il primo stimolo per l’attivazione del tessuto adiposo bruno e la conversione di adipociti bianchi in bruni. Basta ridurre di qualche grado la temperatura in casa o vestirsi un po’ meno durante l’inverno: il corpo si abitua e brucia grasso per mantenere la temperatura costante. Inoltre, è utilissimo aumentare l’attività fisica (specie se divertente): in tal modo si aumenta l’innervazione adrenergica del tessuto adiposo. Inoltre, il muscolo produce durante la sua attività l’ormone irisina, che contribuisce a trasformare il tessuto bianco in bruno.

Dove si sta muovendo la ricerca farmacologica in questo ambito?
La ricerca farmacologica è particolarmente attiva nella ricerca di molecole in grado di stimolare la conversione bianco-bruna ed in particolare di sfruttare l’effetto specifico che ha lo stimolo adrenergico, mediato dai recettori β3, sull’attivazione del tessuto adiposo bruno. Nei topi i risultati sono incoraggianti ed ora si stanno iniziando a fare studi anche sull’uomo. È da poco in commercio una molecola β3 agonista che ha l’indicazione per il trattamento della vescica iperattiva e proprio con tale molecola si stanno svolgendo i primi studi per vedere l’effetto anche su obesità e diabete. Inoltre, è già stato approvato un farmaco per il trattamento dell’obesità che sembra avere effetto sulla conversione bianco-bruna.


Da leggere:
Giordano A, Frontini A, Cinti S. Convertible visceral fat as a therapeutic target to curb obesity. Nat Rev Drug Discov. 2016 Jun;15(6):405-24