Uso di inibitori del cotrasportatore sodio-glucosio tipo 2 e rischio di eventi renali gravi: lo Scandinavian cohort study
A cura di Francesco Romeo
11 maggio 2020 (Gruppo ComunicAzione) – Il diabete tipo2 rimane la principale causa di insufficienza renale. Nonostante il trattamento con farmaci agenti sul sistema renina angiotensina aldosterone abbia ridotto il rischio questo rimane comunque elevato inducendo i ricercatori di tutto il mondo a cercare nuovi farmaci in grado di bloccare o almeno rallentare la progressione della malattia renale. Gli inibitori del cotrasportatore sodio glucosio di tipo 2 (SGLT2i) hanno dimostrato di ridurre la pressione arteriosa, il peso corporeo e la microalbuminuria. E grandi studi clinici randomizzati controllati hanno dimostrato che tali farmaci hanno effetti benefici sugli esiti renali. Rimangono tuttavia incertezze sui loro effetti benefici renali in real word.
Nei quattro grandi trial che hanno valutato gli esiti renali con gli SGLT2i sono stati inclusi solo i pazienti a elevato rischio cardiovascolare o con nefropatia accertata. I pazienti che ricevono SGLT2i nella pratica clinica tendono a essere più eterogenei in quanto non selezionati.
In un grande studio di coorte pubblicato recentemente sul BMJ, gli autori, utilizzando dati di pazienti provenienti dai registri nazionali di malattia di Svezia, Danimarca e Norvegia, hanno voluto valutare se l’uso di SGLT2i, rispetto a un comparatore attivo (inibitori della dipeptidil peptidasi-4 [DPP4i]), si associ a un ridotto rischio di eventi renali gravi nella normale pratica clinica.
Fra il 2013 e il 2018 sono stati reclutati circa 60.000 pazienti, di cui 29.887 ai quali era stato prescritto per la prima volta un SGLT2i (dapagliflozin 66,1%; empagliflozin 32,6%; canagliflozin 1,3%) e 29.887 nuovi pazienti che assumevano un comparatore attivo, DPP4i, comparati 1: 1 sulla base di una propensity score con 57 variabili. Il tempo medio di follow-up è stato di 1,7 anni.
Endpoint primario dello studio era un composito renale (dialisi, morte per cause renali e ricovero ospedaliero per eventi renali). Endpoint secondari erano i singoli componenti dell’endpoint principale. L’età media della popolazione in studio era 61,3 (DS 10,5) anni; 11.108 (19%) avevano malattia cardiovascolare accertata e 1974 (3%) aveva una malattia renale cronica. L’uso di SGLT2i, rispetto ai DPP4i, è stato associato con un ridotto rischio di eventi renali gravi (2,6 eventi per 1000 persone-anni versus 6,2 eventi per 1000 persone-anni; hazard ratio 0,42 (intervallo di confidenza al 95%: da 0,34 a 0,53); differenza assoluta -3,6 (da -4,4 a -2,8) eventi per 1000 persone-anni. Per quanto concerne gli esiti secondari, l’hazard ratio per l’uso di SGLT2i versus DPP4i era 0,32 (da 0,22 a 0,47) per la terapia renale sostitutiva, 0,41 (da 0,32 a 0,52) per ricovero ospedaliero per eventi renali e 0,77 (da 0,26 a 2,23) per morte per cause renali.
In conclusione, hanno ribadito gli autori, in questo studio condotto utilizzando i dati nazionali provenienti da tre paesi europei, l’uso di SGLT2i – rispetto ai DPP4i – ha determinato un rischio significativamente ridotto di eventi renali gravi.
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