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Utilità clinica del dosaggio di C-peptide nel diabete

A cura del Gruppo AMD: Appropriatezza

23 ottobre 2015 (Congresso Medico) – In tema di appropriatezza della scelta fra diversi ipoglicemizzanti orali nel paziente diabetico, è innanzitutto fondamentale definire in modo clinicamente corretto il limite fra la necessità o meno di insulina nel piano di trattamento di un paziente con diabete scompensato, indipendentemente dalla scelta finale di ricorrere o meno all’insulina in base a convinzioni personali del curante o, meglio, alle valutazioni via via più aggiornate delle società scientifiche in tema di opportunità o meno della cosiddetta insulinizzazione precoce.

In tale campo si colloca, ai fini dell’appropriatezza clinica, un lavoro a cura di A.G. Jones A.T. Hattersley, dell’Università di Exeter (UK), che prende in esame la letteratura sul C-peptide dagli albori del dosaggio (1970) al 2012 e rappresenta tuttora la più ampia e aggiornata revisione critica sul tema applicabile al trattamento delle persone con diabete (tipo 1 [DMT1] e tipo 2 [DMT2]).

Il lavoro muove dall’osservazione che recentemente i metodi di dosaggio dell’analita hanno acquisito caratteristiche di elevata affidabilità (riproducibilità e sensibilità), scarso impatto ambientale (chemiluminescenza, fluorescenza anziché RIA) e costo non elevato. In questa luce, esso tenta poi di offrire una risposta efficace alla necessità di riconoscere in tempo:

  • i giovani con MODY dovuto a mutazione HNF1A/4A – tipicamente sensibile alla terapia orale;
  • i pazienti di età matura/anziana inseriti sin dall’inizio in un regime terapeutico a base di insulina per il riscontro di elevatissimi livelli glicemici all’insorgenza e successivamente classificati a priori come affetti da DMT1 e non più indagati sotto il profilo della eziopatogenesi.

Dopo aver ricordato che per il C-peptide 1 nmol/l corrispondono a 3 ng/ml e aver offerto un’ampia disamina della letteratura, il lavoro riporta le seguenti nozioni pratiche, senz’altro applicabili al quotidiano per i casi più difficili o almeno poco chiari:

  • identificazione dei cut-off per il DMT1 (comunque un deficit insulinico marcato):
    • valori circolanti a digiuno <0,25 nmol/l
    • valori random (non a digiuno) <0,25 nmol/, con glicemia ≥145 mg/dl
    • valori circolanti dopo pasto <0,6 nmol/l
    • rapporto C-peptide/creatinina <0,6 nmol/nmol su campione urinario spot dopo pasto
  • identificazione del cut-off per il DMT2:
    • valori circolanti random >0,2 nmol/l in soggetti di età matura
    • purché diagnosticati da almeno 3 anni come affetti da diaìbete (per escludere la fase della cosiddetta “luna di miele”)
  • identificazione del cut-off per il il MODY:
    • valori circolanti random >0,2 nmol/l in soggetti di età inferiore a 30 anni
    • purché diagnosticati da almeno 3 anni come affetti da diabete (per escludere la fase della cosiddetta “luna di miele”)
  • inappropriatezza dell’utilizzo del C-peptide per stabilire a priori la possibilità di fallimento secondario della terapia orale (predittività non superiore a quella della glicemia e del BMI).

La review offre inoltre interessanti spunti per chi, fra i più curiosi degli aspetti teorici della medicina, è particolarmente interessato alla fisiopatologia della secrezione del C-peptide, alle caratteristiche tecniche del dosaggio sia sul sangue sia sulle urine – liquido biologico spesso ignorato – e alle modalità di indagine (di base o dopo stimolo) ed analizza una gran mole di lavori dedicati alla capacità dell’analita di discriminare fra DMT1 e DMT2 e alla potenzialità dello stesso in termini di predittività di risposta a lungo termine alla terapia orale.

 

Diabet Med 2013;30:803-17

PubMed


AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.