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Diabete, obesità, metformina e rischio di cancro

Highlights EASD 2017

A cura di Eugenio Alessi

25 settembre 2017 (Gruppo ComunicAzione) – All’EASD 2017, nella sessione Cancer, obesity, diabetes and antidiabetic drugs: Is the fog clearing? è stato ricordato che a oggi ben 13 neoplasie maligne sono definite “obesity-related cancers”, fra cui il carcinoma mammario postmenopausale, il carcinoma endometriale, il carcinoma colon-rettale e quello renale. La lista è stata stilata da 21 ricercatori appartenenti a 8 centri universitari, i quali hanno “pesato” le evidenze scientifiche disponibili, in qualità di membri del gruppo di lavoro della IARC (International Agency for Research on Cancer), il braccio della Organizzazione Mondiale della Sanità che si occupa della ricerca sul cancro (Lauby-Secretan et al. NEJM 2016;375:794-8).

Obesità

Nella sua relazione, Andrew G. Renehan, MD (University of Manchester, UK), membro del gruppo della IARC, ha discusso delle evidenze e delle sfaccettature riguardanti il contributo dell’obesità al rischio di cancro.

Sia che l’obesità venga classificata mediante il body max index (BMI) che mediante la circonferenza vita, la correlazione tra obesità e incidenza di cancro rimane forte. Descrivendo il rischio in termini di peso globale, l’obesità è il terzo più comune fattore di rischio per cancro, con una frazione eziologica nella popolazione (PAF, population attributable fraction) del 3,6%, dietro solo al 21% del fumo e al 16% delle infezioni virali (Arnold et al. Lancet Oncology 2015;16:36-46). In paesi come UK, però, dove le infezioni virali associate alla cancerogenesi sono più rare, l’obesità è il secondo fattore di rischio per cancro, con una PAF del 5,5%, dietro al 19% del fumo. In altri termini, l’evidenza epidemiologica di una connessione fra obesità e cancro rappresenta un problema di salute pubblica sufficientemente forte da rendere necessario lo sviluppo di strategie future per prevenire e trattare l’obesità, in modo decisamente più concreto rispetto a quanto avvenuto fino ad ora.

Inoltre, Renehan ha discusso degli effetti benefici del calo ponderale sulla riduzione del rischio di cancro. Gli studi sui soggetti sottoposti a chirurgia bariatrica presentano molti limiti, essenzialmente perché il rischio di cancro è valutato in sottoanalisi e perché generalmente non hanno l’appropriata potenza statistica; comunque, ha detto, è stata riscontrata una riduzione del rischio di 0,58, di 0,73 e di 0,62 per neoplasie maligne individuate dopo un calo ponderale sostenuto in seguito a chirurgia bariatrica (Renehan et al. Lancet Oncology 2009;10:640-1). Renehan ha sottolineato, quindi, che le zone d’ombra nell’interpretazione dei dati epidemiologici sul rischio di cancro legato all’obesità includono anche l’influenza del fumo sulla patogenesi, in aggiunta alla terapia ormonale sostitutiva; molti studi, infatti, non tengono adeguatamente conto di questi fattori confondenti nella metodologia. Esaminare, inoltre, il contributo eventuale del diabete alla patogenesi del cancro è difficoltoso a causa di un bias legato all’epoca di diagnosi; per identificare un incremento del rischio di cancro è necessaria una durata di malattia di 10-15 anni, dato ancora difficile da ottenere, prima dei quali non si può supporre che il diabete sia correlato a un rischio di cancro separato e indipendente da quello già dimostrato per l’obesità.

Le evidenze epidemiologiche che mostrano una correlazione dell’obesità col rischio di cancro sono indirette, ha concluso Renehan, mentre sono necessarie evidenze più dirette per dimostrare una relazione di causalità. I meccanismi biologici ipotizzabili per spiegare la correlazione tra obesità e rischio di cancro si possono sommariamente classificare in tre aree: 1) alterazioni ormonali estroprogestiniche; 2) amplificazione dell’asse insulina-IGF-1; e 3) incremento dei mediatori dell’infiammazione e delle adipochine. Ulteriore ambito di ricerca emergente è rappresentato dal microbiota intestinale.

Metformina

Nella sua presentazione, Michael Pollak, MD (McGill Centre for Translational Research in Cancer, Montreal, Canada) ha discusso invece delle evidenze riguardanti il contributo dell’asse insulina-IGF-1 al rischio di cancro e sui dati più recenti riguardo l’ipotesi che la metformina possa modulare il rischio di cancro nei soggetti con diabete e obesità.

Mentre molti studi sono in corso, dati sperimentali su cellule umane e su modelli murini indicano che alti livelli di insulina, più che l’iperglicemia, sono il fattore chiave nel setting del diabete e dell’obesità (Dool et al. Endocrine-Realted Cancers 2011;18:699-709). Il paradigma corrente, ha detto Pollak, è che l’eccesso alimentare supporti la crescita di alcuni tumori influenzando l’ambiente ormonale, piuttosto che incrementando la disponibilità energetica. In generale, le cellule tumorali sono molto efficaci nell’estrarre il glucosio di cui hanno bisogno, indipendentemente dai livelli di glicemia, come dimostrato dall’aumentato uptake durante una PET. Pollak ha poi sottolineato che la carcinogenesi su base ormonale richiede 5-10 anni, a differenza della carcinogenesi su base chimica, che mostra i suoi effetti in un arco di tempo relativamente breve. Se l’insulina effettivamente contribuisce al rischio di cancro, ciò potrebbe riguardare sia l’insulina endogena che quella esogena. Nel 2009 furono sollevati dei dubbi riguardo il rischio di cancro legato all’analogo dell’insulina umana glargine, ma studi di follow-up non hanno mostrato nessuna relazione significativa.

Alcune iniziali evidenze sull’efficacia della metformina nella prevenzione del cancro hanno portato ad avviare oltre 100 trial disegnati per studiare la metformina nel trattamento di molte neoplasie maligne.

A oggi, la gran parte degli studi è ancora in corso, ma i risultati sin qui pubblicati sono stati deludenti, ha ricordato Pollak. In maniera non sorprendente, la terapia con metformina non ha modificato gli outcome di soggetti con carcinoma del pancreas (Kordes et al. Lancet Oncology 2015;16:839-47). Si ritiene che la metformina agisca sia abbassando i livelli di insulina attraverso la riduzione della gluconeogenesi epatica, che direttamente sulle cellule tumorali attraverso l’attivazione di AMPK e la riduzione del signaling di mTOR. L’intestino e la vescica sono due organi che hanno un’alta concentrazione intracellulare di metformina in corso di terapia. Uno studio recente, ha ancora ricordato Pollak, ha dimostrato che la metformina a basso dosaggio ha ridotto la recidiva di polipi del colon-retto, nell’ambito di una strategia di prevenzione farmacologica per ridurre l’incidenza di adenomi del colon-retto (Higurashi et al. BMC Cancer 2012;12:118). Il carcinoma della vescica ha risposto alla terapia con metformina con una riduzione delle dimensioni in un modello murino (Zi et al. Molecular Cancer Therapeutics 2016:15:430-8). In sintesi, ha concluso Pollak la terapia con metformina non è probabilmente efficace nel trattamento del cancro, con la potenziale eccezione di specifiche tipologie. Lo sviluppo, comunque, di nuove biguanidi potrebbe aprire nuove opportunità per la riduzione del rischio di cancro e il suo trattamento.


Fonti
Renehan AG, et al. Does weight control prevent cancer risk? EASD 2017. S 17.

Pollak M, et al. Cancer, obesity, diabetes and antidiabetic drugs: Is the fog clearing? EASD 2017. S 17.


AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.