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Nessun vincente nello studio TOSCA: il pioglitazone in add-on alla metformina valido al pari di una sulfonilurea

Highlights EASD 2017

A cura di Sara Colarusso

25 settembre 2017 (Gruppo ComunicAzione) – All’EASD 2017, il Dott. Antonio Nicolucci (Center for Outcomes Research and Clinical Epidemiology di Pescara) ha presentato i risultati dello studio TOSCA, che non ha evidenziato alcuna differenza significativa in termini di eventi cardiovascolari tra il pioglitazone e le sulfoniluree in add-on alla metformina.

Il trial italiano, multicentrico, randomizzato, disegnato per valutare gli effetti a lungo termine della terapia con pioglitazone vs. le sulfoniluree in pazienti con diabete tipo 2 non più compensati con la sola metformina, nell’arco di 5 anni ha osservato 3041 pazienti, randomizzati a ricevere pioglitazone (15/45 mg) o una sulfonilurea (glimepiride 48%, gliclazide 50%, glibenclamide 2%) a diversi dosaggi. Solo l’11% dei pazienti aveva anamnesi positiva per precedenti eventi cardiovascolari.

Il pioglitazone è emerso essere del tutto sovrapponibile a una sulfonilurea riguardo all’incidenza dell’endpoint primario composito, ovvero mortalità per tutte le cause, infarto miocardico non fatale, ictus non fatale e rivascolarizzazione coronarica in urgenza (HR 0,96, IC 95% 0,74-1,26). E non sono state riscontrate differenze significative neanche nelle singole componenti dell’endpoint o negli outcome secondari – quali morte improvvisa, infarto del miocardio fatale e non, ictus fatale e non, amputazioni arti inferiori, qualsiasi tipo di intervento di rivascolarizzazione.

Da parte sua il Prof. Enzo Bonora (Università di Verona) ha precisato come la validità e l’originalità dello studio TOSCA consista nell’essere l’unico ampio studio di confronto head-to-head fra due farmaci antidiabetici alla luce dell’attuale possibilità di utilizzare in seconda e terza linea centinaia di altre nuove associazioni farmacologiche, aspetto vivamente sostenuto anche da Vivian Fonseca, MD e Dragana Lovre, MD (entrambi del Tulane University Health Sciences Center di New Orleans; USA), nel loro editoriale di commento al lavoro pubblicato su Lancet Diabetes and Endocrinology.

L’elemento distintivo sottolineato dai ricercatori risiederebbe nel fatto che, seppure le due opzioni terapeutiche, pioglitazone e sulfoniluree, siano sovrapponibili per l’efficacia e gli eventi avversi, il pioglitazone si distingue per un minor tasso di ipoglicemie.

Nella scelta terapeutica fra i due farmaci, Bonora ha osservato che probabilmente non è l’impatto cardiovascolare l’aspetto realmente determinante, ma che a favore della terapia con pioglitazone rispetto alla sulfonilurea giochino un ruolo fondamentale i seguenti dati emersi:

  • minore incidenza di eventi ipoglicemici (10 vs. 34%, p <0,0001);
  • valori lievemente più bassi di HbA1c media nel tempo (7,24 vs. 7,30% p = 0,01);
  • minore necessità di ricorrere alla terapia insulinica (11 vs. 16%, p <0,0001).

Un aspetto sul quale si sono soffermati i ricercatori e anche il discussant alla sessione, Marja-Ritta Taskinen, MD (University of Helsinki (Finlandia), è stato il livello di rischio cardiovascolare dei soggetti osservati, definito come basso e che quindi pone in dubbio la possibilità di estendere le conclusioni del trial a una popolazione a rischio più elevato o ad altre associazioni terapeutiche.

È pur vero che il diabete di per sé determina un rischio cardiovascolare moderato, e che pertanto gran parte dei pazienti in realtà costituisce un gruppo con rischio maggiore rispetto a quello determinato dall’anamnesi positiva per eventi cardiovascolari; in tal senso, è sempre necessaria una stratificazione del rischio individuale, anche avvalendosi di nuovi algoritmi. E probabilmente, come ha sottolineato Silvio Inzucchi, MD (Yale Diabetes Center; USA), sarà opportuno e più appropriato individuare degli algoritmi di stratificazione differenti per i sottogruppi di pazienti che non hanno una franca o nota malattia cardiovascolare e per quelli che invece hanno complicanze macrovascolari note. Difatti, in soggetti liberi da malattia vascolare è possibile effettuare scelte farmacologiche più ampie laddove sicure; Bonora ha individuato così tre linee conduttrici nella scelta terapeutica: presenza di malattia cardiovascolare, presenza di insufficienza renale cronica, presenza di insufficienza cardiaca.

Ultimo citato, ma non meno importante e da considerare come determinante, è stata la sicurezza dei farmaci. Anche se ci sono state più interruzioni permanenti di pioglitazone (28%, che i ricercatori hanno considerato essere influenzate dai risultati pubblicizzati sul rischio di cancro della vescica e dalla rimozione dal commercio in Germania e Francia nel 2012), i risultati non hanno mostrato alcuna differenza in termini di:

  • neoplasie maligne (compreso il cancro della vescica, con otto casi in ciascun gruppo),
  • fratture ossee patologiche,
  • edema maculare,
  • tutti gli eventi avversi gravi.

In conclusione, le evidenze dello studio TOSCA dimostrano che, con un’accurata valutazione del paziente, a esclusione dei soggetti più vulnerabili, e con un attento e valido follow-up, il pioglitazone costituisce un farmaco davvero ben tollerato e fruibile nei pazienti con da diabete tipo 2.


Note
Lo studio è stato supportato da AIFA, Diabete Ricerca e SID.

Fonti
Thiazolidinediones Or Sulphonylureas and Cardiovascular Accidents. Intervention Trial (TOSCA IT). NCT00700856.
Vaccaro O, et al. Effects on the incidence of cardiovascular events of the addition of pioglitazone versus sulfonylureas in patients with type 2 diabetes inadequately controlled with metformin (TOSCA.IT): a randomized, multicenter trial. Lancet Diabetes Endocrinol 2017; DOI: 10.1016/S2213-8587(17)30317-0.
Fonseca VA, Lovre D. Pioglitazone versus sulfonylureas: cardiovascular outcomes with older diabetes drugs. Lancet Diabetes Endocrinol 2017; DOI: 10.1016/ S2213-8587(17)30320-0.


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