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L’accuratezza dei glucometri per l’autocontrollo della glicemia incide sul compenso glicemico e sulla frequenza di ipoglicemie in bambini e adolescenti con diabete tipo 1

A cura del Gruppo AMD: Clinical Governance

3 luglio 2015 (Congresso Medico) – L’ autocontrollo glicemico è una pratica centrale nella gestione quotidiana del diabete per monitorare la malattia, raggiungere e mantenere un buon compenso metabolico e ridurre il rischio delle complicanze. Esso è fondamentale per motivare il paziente all’autogestione attraverso percorsi di educazione terapeutica strutturata, e rappresenta uno strumento indispensabile per decisioni terapeutiche appropriate e personalizzate nel singolo paziente, tanto da poter essere una prescrizione del team di cura secondo precise indicazioni e modalità. Considerata l’importanza del dato glicemico nella gestione complessiva del diabete, esso deve essere attendibile e il più possibile vicino a quello reale. Oltre il marchio CE, indispensabile per l’immissione in commercio nel mercato europeo, è necessario che le case produttrici di strumenti per il monitoraggio della glicemia dimostrino l’accuratezza dei loro glucometri secondo norme riconosciute a livello internazionale. Nel 2013 sono state pubblicate le nuove ISO 15197:2013, la cui applicazione definitiva, dopo un periodo di transizione di 3 anni è prevista per il 2016. Dopo l’immissione sul mercato, la qualità analitica degli strumenti non viene più monitorata da agenzie esterne, anche se la letteratura ci evidenzia che non tutti gli strumenti in commercio sono conformi alle vecchie e nuove ISO e ci dimostra come l’errore analitico dei glucometri può avere un impatto enorme sulla decisione clinica e sul compenso glicemico.

Recentemente la Dott.ssa C. Boettcher (Giessen, Germania), a nome della German/Austrian Diabetes Prospective Documentation Initiative, ha pubblicato uno studio, sulla rivista Diabetes Tecnology and Therapeutics (1), che si è posto l’obiettivo di valutare l’accuratezza analitica dei glucometri utilizzati dai pazienti nella vita reale e le ricadute cliniche di tale variabile sul compenso metabolico (HbA1c) e sulla presenza di ipoglicemie (coma ipoglicemico). La qualità analitica degli strumenti è stata determinata verificando la conformità degli strumenti alle norme ISO 15197, sia nella versione 2003 sia nella nuova versione del 2013, compresa l’analisi dell’error grid di Clarke e Parkes. I dati glicemici misurati dai pazienti stessi o dai familiari con i glucometri usati abitualmente (SMBG) venivano confrontati con quelli determinati in laboratori certificati, utilizzando lo stesso campione di sangue. I valori di SMBG sono stati raggruppati in quintili (Q), a seconda della differenza rilevata rispetto al corrispettivo valore glicemico ottenuto in laboratorio (glicemia di laboratorio meno glicemia del SMBG) e definiti troppo alti (Q1), alti (Q2), simili (Q3), bassi (Q4), troppo bassi (Q5) in base a precisi cut-off.

Nel periodo 2004-2012 sono stati inseriti nello studio 9163 giovani di età <18 anni (media 12,4 ± 3,9 anni), provenienti da 175 centri pediatrici, inseriti nel registro della German/Austrian Diabetes Prospective Documentation Initiative. La durata media di diabete era 4,7 ± 3,7 anni; il 34,9% dei partecipanti era in terapia con microinfusore. Almeno un episodio ipoglicemico con perdita di coscienza si è presentato nel 2,0% dei pazienti, corrispondente 4,9 per 100 pazienti/anno. I glucometri utilizzati dai pazienti erano quelli in commercio nel periodo dello studio; nel 66,94% prodotti da una ditta leader di mercato in Germania e in Austria.

I risultati dello studio hanno dimostrato che i dati glicemici raccolti nella pratica quotidiana non soddisfacevano il criterio di accuratezza analitica definito dalle ISO 15197 sia del 2003 sia del 2013, in quanto rispettivamente solo il 93,6 e l’86% dei campioni, invece del 95% richiesto dalla norma, raggiungevano i target definiti. Analogamente, meno del 95% delle glicemie erano comprese all’interno della zona A dell’error grid. I risultati dei pazienti in terapia con microinfusore sono risultati peggiori rispetto a quelli in terapia multiniettiva.

Analizzando le correlazioni tra gli scarti glicemici delle glicemie rilevate dai pazienti rispetto al valore di laboratorio e i dati clinici, si è evidenziata una associazione tra l’entità delle differenze e il livello di HbA1c: i pazienti con le glicemie “troppo basse”(Q5), sottostimate rispetto al valore di laboratorio presentavano i valori più alti di HbA1c (8,1%; 65 mmol/mol), nei soggetti con valori glicemici “simili” a quelli del laboratorio (Q3) l’HbA1c era 7,7% (61 mmol/mol). Le differenze tra i diversi quintili sono risultate significative (da p = 0,05 a p = 0,001). Per quanto riguarda gli episodi ipoglicemici, i pazienti nel quintile Q1 (differenze glicemiche “troppo alte”), in cui il dato glicemico era sovrastimato, dimostravano una incidenza di coma ipoglicemico significativamente più elevata (p = 0,001) rispetto agli altri quintili.

Sono stati considerati i fattori influenti sulla accuratezza preanalitica, ma i risultati non si sono modificati nei sottogruppi di pazienti con età e durata di diabete differenti, elementi ritenuti correlabili con l’abilità dei pazienti nella corretta esecuzione del test. I fattori interferenti – quali l’umidità, la temperatura, la conservazione delle strisce –, possibili causa di errore del dato, sono stati considerati elementi presenti nella vita reale, propri del contesto in cui si è voluto effettuare lo studio.

Le correlazioni tra gli errori di lettura con sottostima o sovrastima dei valori glicemici reali e le ricadute cliniche sul deterioramento del compenso glicemico o sulla comparsa di gravi ipoglicemie sembrerebbero confermare nella vita reale alcune delle conclusioni dello studio “in silico” di Breton MD e Kovatchev BP pubblicato nel 2010 (2).

Un’ultima importante considerazione riguarda la scarsa percentuale di valori glicemici nel range stabilito dalle ISO per i pazienti in terapia con microinfusore rispetto a quelli in terapia multiniettiva. Valori glicemici poco accurati e precisi inseriti nel calcolo automatico del bolo possono inficiare la dose di insulina erogata per il pasto o per la correzione di un’iperglicemia; analogamente, se tale dato viene utilizzato per la calibrazione di un sistema di monitoraggio continuo della glicemia, l’errore può amplificarsi.

Alla luce dei risultati di questo studio, è auspicabile che vengano istituiti dei sistemi nazionali o internazionali di regolamentazione per l’affidabilità degli strumenti di monitoraggio della glicemia nella pratica quotidiana.

 

1) Diabetes Technology & Therapeutics 2015;17:275-282

PubMed

2) J Diabetes Sci Technol 2010;4:562-570

PubMed


AMD segnala articoli della letteratura internazionale la cui rilevanza e significato clinico restano aperti alla discussione scientifica e al giudizio critico individuale. Opinioni, riflessioni e commenti da parte degli autori degli articoli proposti non riflettono quindi posizioni ufficiali dell’Associazione Medici Diabetologi.