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Diabete No Grazie

Rischi metabolici: un “carico da undici” sulle spalle del mondo… anzi, da sei

I fattori di rischio metabolici (tra i quali rientrano anche l’iperglicemia a digiuno e l’eccesso di peso corporeo) sono responsabili di perdita di salute (morte e disabilità) che, purtroppo, è in aumento a livello mondiale. Conviene quindi conoscerli e saper dire: “No, grazie”.

A cura di Marina Valenzano

28 febbraio 2023 (Gruppo ComunicAzione) – Il Global Burden of Disease (letteralmente, il “carico globale di malattia”, GBD) è un progetto di studio internazionale che coinvolge enti di ricerca di 162 paesi, coordinati dall’Institute for Health Metrics and Evaluation, che ha sede a Seattle, USA. Lo scopo è raccogliere dati su scala mondiale, riguardanti la “quantità” di salute “persa”, in termini di mortalità e disabilità, a causa delle patologie e dei fattori di rischio più diffusi. Le conoscenze acquisite possono infatti fornire le basi per scelte di politica sanitaria più efficaci e consapevoli.

L’ultimo report risale al 2019 e presenta i risultati di un’indagine effettuata su 204 paesi, a partire dal 1990, per un totale di 369 patologie e 87 fattori di rischio. Tra questi non potevano mancare il diabete e i fattori di rischio metabolici associati, che sono stati ulteriormente esaminati e descritti in pubblicazioni successive, “figlie” del primo mastodontico sforzo scientifico.

Per quanto concerne il diabete tipo 2, una rielaborazione del 2022 documenta un sensibile aumento di prevalenza (+49%) e mortalità (+18%) attribuibile, nei 30 anni considerati dal GBD, con un impatto maggiore sui paesi a basso reddito.

Un lavoro recente si focalizza, invece, sui fattori di rischio metabolici, responsabili del 32% (+16% vs 1990) delle morti e del 17% (+26%) degli anni di vita di qualità ridotta per disabilità. I “malèfici sei” sono: ipertensione arteriosa, iperglicemia a digiuno, indice di massa corporea elevato, ipercolesterolemia LDL, insufficienza renale e ridotta densità minerale ossea. L’iperglicemia a digiuno, in particolare, e anche in assenza di una diagnosi conclamata di diabete, si inserisce a buon diritto tra i fattori di rischio, al secondo posto sul podio dei più temibili. Infatti, negli ultimi trent’anni ha comportato un tasso di mortalità standardizzato per età pari a 83 e 2104 anni di vita di qualità ridotta per disabilità per 100.000 persone.

In generale, comunque, la maggior parte dei fattori di rischio metabolici scarsamente controllati ha fatto registrare un aumento assoluto delle morti e degli anni di vita di qualità ridotta per disabilità correlati, ma anche un trend in riduzione degli stessi, una volta standardizzati per età (con l’eccezione dell’impatto dell’indice di massa corporea e iperglicemia a digiuno). Le morti sono derivate principalmente da cardiopatia ischemica.

Si ipotizza che la diffusione dell’urbanizzazione e degli stili di vita errati, parallelamente all’espansione e all’invecchiamento della popolazione globale grazie al miglioramento delle possibilità di diagnosi e cura, possano contribuire a spiegare le tendenze osservate (e apparentemente contrapposte) fra impatto “assoluto” e standardizzato. La relazione non lineare con lo stato sociodemografico, invece, sembra riflettere gli effetti nefasti di entrambi gli estremi: malnutrizione e iperalimentazione.

Le considerazioni che scaturiscono dalla lettura di tali analisi inducono a sottolineare la necessità di adeguate politiche di prevenzione, ma non soltanto. Un aumento del carico (il “burden”) legato alla prevalenza dei fattori di rischio metabolici si traduce in perdita di salute, ma anche in un incremento dello sforzo assistenziale necessario per la loro cura: uno sforzo che va oltre la prescrizione di terapie innovative e non sembra procedere di pari passo con l’aumento della richiesta. I sistemi sanitari dispongono di adeguate risorse e organizzazione per farsene carico?


Riferimenti bibliografici