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Si va dal medico. Ma occorre anche fare un elettrocardiogramma?

L’elettrocardiogramma è un esame che va fatto anche come screening. Una persona che ha anche solo un fattore di rischio dovrebbe farlo ogni anno o due. Attenzione però: l’Ecg non sempre ha un valore prognostico. Leggendo un Ecg posso intravedere un pregresso infarto, ma non sempre. Oppure posso avere l’impressione che qualcosa non vada nella […]

L’elettrocardiogramma è un esame che va fatto anche come screening. Una persona che ha anche solo un fattore di rischio dovrebbe farlo ogni anno o due. Attenzione però: l’Ecg non sempre ha un valore prognostico. Leggendo un Ecg posso intravedere un pregresso infarto, ma non sempre. Oppure posso avere l’impressione che qualcosa non vada nella forma del cuore o nel suo funzionamento, ma non sempre. Soprattutto è perfettamente possibile che dopo un Ecg perfetto una persona si alzi torni a casa e faccia un infarto.

Insomma non serve a niente…
No, non è questo. L’elettrocardiogramma non dà risposte certe, ma è valido come esame di screening. Certo è che una persona che presenta un rischio cardiovascolare alto, merita con una certa periodicità altri accertamenti.

Per esempio?
Ci sono tre esami diagnostici per nulla invasivi e senza nessun effetto collaterale. Il primo è l’Ecodoppler carotideo, una ecografia dell’arteria carotidea, che scorre sul collo appena sotto la pelle. Leggendola io posso vedere lo spessore della placca aterosclerotica, la sua conformazione, cioè se è liscia o se ha delle irregolarità, e anche lo spessore della parete intima media vale a dire il grado di irrigidimento delle arterie.

La carotide porta sangue al cervello, stiamo parlando quindi di prevenzione dell’ictus
Sicuramente, ma la carotide è indicativa dello stato generale delle arterie da quelle delle gambe a quelle coronariche. Se una persona ha uno-due millimetri di placca aterosclerotica sulla carotide, difficilmente ha le coronarie belle libere o comunque non le avrà per molto. Un altro esame che vale la pena di fare, soprattutto nelle persone sovrappeso ma non solo, è l’ecografia cardiaca o ecocardiogramma. Ha presente le ecografie che si fanno ai bambini nella pancia della mamma? È la stessa cosa: vedi come è fatto il cuore, se si contrae nel modo giusto e con la forza giusta. Tengo a dire che qui non siamo più nello screening. Voglio dire che io posso anche mettermi in piazza qui a Brescia con una macchina per fare gli elettrocardiogrammi e dire a tutti quelli che passano, “Sdraiatevi qua che facciamo un bell’Ecg”. Mentre un’ecodoppler carotidea o un’ecografia cardiaca si fanno solo davanti a un preciso sospetto diagnostico o con una persona che assomma molti fattori di rischio.

Lei diceva prima tre esami di ‘seconda linea’.
Sì, c’è anche l’Ecg sotto sforzo. Questo è interessante perché mi permette di vedere come si comporta il cuore in una fase di stress. È solo un tantino più complesso da organizzare.

Ci sono esami ulteriori?
Se il caso lo consiglia si può fare un altro test provocativo: un ecografia cardiaca sotto stress. Si inietta nel paziente una sostanza che simula uno sforzo o uno spavento importante e si guarda come reagisce il cuore. Vorrei dire una cosa però, noi stiamo parlando di tecnologie ma un bravo medico, non necessariamente uno specialista, può trarre utili indicazioni anche usando strumenti collaudati. Per esempio, misurando la pressione al braccio e alla caviglia e mettendo in relazione i due numeri ottengo il cosiddetto indice di Winsor. Se la pressione alla caviglia è più alta di quella al braccio tutto va bene, se è più bassa (indice = 0,9) allora posso sospettare un’arteriopatia agli arti inferiori. Anche i soffi sulle arterie femorali dei ‘battiti del polso’ al piede poco apprezzabili mi fanno pensare che qualcosa stia succedendo. Noi medici oggi tendiamo a mettere troppi strumenti fra noi e il paziente.

E poi ci sono la scintigrafia e la coronarografia…
La scintigrafia consiste nell’iniettare un liquido con degli isotopi debolmente radioattivi che fungono da traccianti. Diventa quindi possibile vedere molto bene come il sangue fluisce nelle arterie, per esempio nelle coronarie. Ma con le radiazioni anche deboli non si scherza, questo test viene fatto quindi poche volte nella vita del paziente. Con la coronarografia poi siamo al limite fra diagnosi e intervento: inserisco nelle arterie del paziente un tubicino che al capo ha una telecamera e una sorta di coltellino svizzero, posso quindi vedere dall’interno il lume delle arterie e se vedo un’ostruzione o un tratto di arteria fortemente ammalorato intervengo subito con un ‘palloncino’ che allarga l’arteria o con uno stent che ricopre il tratto rovinato dell’arteria e lo guarisce con l’ultima generazione degli stent medicati. Ma qui stiamo parlando di come gestire il danno cardiovascoloare non di come prevenirlo.

Torniamo agli esami di seconda linea: Ecodoppler, Ecg sotto sforzo, Ecocardio… ogni quanto devo farli e perché?
Chi si sottopone a questi esami ha un rischio significativo. La frequenza dipende dal risultato degli esami stessi e dall’andamento di altre patologie. Voglio dire che se ho la pressione alta, fumo e ho una familiarità seria e fatto un Ecodoppler tranquillizzante posso rifarla fra 18 mesi. Ma se 6 mesi dopo mi è venuto il diabete o l’HDL si è dimezzato perché ho smesso di fare attività fisica, allora vale la pena di abbreviare.

Quante variabili… ma uno come fa a regolarsi?
Un buon medico di Medicina generale è un punto di riferimento importante, è in grado di decidere quali test fare e quando. Ma qualcosa si può fare anche da soli. On line esistono dei sistemi automatici per l’autovalutazione del rischio cardiovascolare. Molti lo fanno una volta e poi basta. Invece andrebbe controllato periodicamente almeno ogni volta che si fanno degli esami del sangue.

Un po’ come un risparmiatore che ogni tanto controlla il valore dei suoi investimenti con in mano Il Sole 24 Ore
Esatto. Non troppo spesso ma nemmeno ogni 5 anni. E se il rischio è aumentato… allora è il caso di valutare insieme al proprio medico un set di atti diagnostici. E fare qualcosa.

Si può fare molto?
Moltissimo. Abbiamo detto che abbassare la pressione di un millimetro significa l’1% in meno di rischio. Aggiungo che smettere di fumare significa abbatterlo pesantemente, e lo stesso vale per l’abbandono la sedentarietà.

Insomma se smetto di fumare, la sera e la domenica pomeriggio vado in bici invece che stare sul divano e mangio molta più verdura…
Sta giocando bene le sue carte, se al suo fianco ha un medico che le prescrive i farmaci necessari poi giocherà benissimo!