Obesità rischio assoluto
Su un numero di Circulation di qualche mese fa è apparsa una nuova analisi statistica svolta da Majken K. Jensen e altri colleghi danesi su un campione di popolazione sottoposto a controlli nel quadro di una indagine sull’associazione tra obesità – in combinazione con attività fisica, fumo e dieta mediterranea – e il rischio di eventi coronarici acuti (angina instabile e infarto del miocardio, letali e no). L’analisi ha riguardato oltre 54 mila soggetti del programma Danish diet, cancer and health study, individui sani di età compresa tra i 50 e i 64 anni all’arruolamento e dimostra come l’associazione tra obesità (Bmi fuori norma) e eventi di questo tipo è forte e graduale e che i fattori di rischio comportamentali (fumo, inattività fisica relativa, bassa adozione di stili alimentari di tipo mediterraneo e livello di assunzione alcoolica) risultino tutti associati a un incremento del rischio. Lo studio ha addirittura quantificato il rischio incrementale per ciascuna unità aggiuntiva di Bmi: il 5% di rischio in più per le donne e il 7% per gli uomini. Nei soggetti obesi, basta tuttavia un minimo di attività fisica regolare (tra una e le tre ore e mezza a settimana) per evidenziare una riduzione del rischio, così come l’astenersi dal fumo e dal regimi dietetici troppo grassi contribuiscono a rendere meno pessimistiche le prospettive di malattia vascolare acuta per gli obesi.
Le conclusioni dello studio, che conferma del resto conclusioni raggiunte senza il supporto di tanti dati statistici, dicono che l’obesità rappresenta un fattore di rischio vascolare importante, anche quando è mitigata dall’esercizio fisico e dalla corretta alimentazione. Forse il concetto stesso di obesità (Bmi superiore a 30) è limitativo perché non distingue tra eccesso di adipe a livello viscerale o periferico. Ma alcuni aspetti relativi al tessuto adiposo non come passivo accumulo di grassi bensì come complesso metabolicamente attivo (si pensi alla secrezione di sostanze quali la leptina, l’adiponectina, la resistina e l’interleuchina-6) potranno riservare ulteriori scoperte in futuro.