Sport fatto in casa? Meglio di no
Una intensa attività di lavori domestici è al centro di numerose campagne salutiste. Ma i presunti effetti benefici sono davvero supportati dall’evidenza scientifica? Gli autori di uno studio svolto su una serie di statistiche pubblicate in Scozia in tre diverse fasi dal 1995 al 2003 nell’ambito della Scottishy Health Survey, hanno messo in correlazione queste informazioni e gli episodi di mortalità e ospedalizzazione associati per determinare l’impatto che la cosiddetta Idpa (l’attività di lavoro domestico) può avere in relazione agli eventi patologici cardiovascolari e alla mortalità generica. Il campione analizzato comprende un totale di circa 13.700 persone, 6.100 delle quali di sesso maschile esenti da malattie cardiache e di età superiore ai 35 anni.
L’analisi multivariabile ha stabilito il rapporto tra le attività domestiche e il rischio di eventi cardiovascolari (fatali e non fatali in combinazione) o di morte per causa generica. Nell’arco di 8,4 anni di follow-p, sono state riscontrate oltre 1.100 morti (573 tra gli uomini) e 890 eventi cardiovascolari (521 tra gli uomini). La partecipazione ad attività domestiche è stata associata a un rischio di mortalità generale leggermente più basso (meno di un punto percentuale). In entrambi i sessi la Idpa non è risultata essere correlata al rischio di eventi cardiovascolari. Le attività fisiche nel loro complesso (Idpa inclusa) sono risultate anch’esse non correlate, ma escludendo dal calcolo le attività domestiche, è stato riscontrato una leggera correlazione. I risultati indicano che le attività domestiche potrebbero non offrire una maggiore protezione dai eventi cardiaci, ma può risultare positiva contro i rischi di mortalità generica. La prevenzione di eventi cardiovascolari dovrebbe piuttosto focalizzarsi su attività fisiche importanti, ma esterne all’ambito domestico.